Covid, storica sentenza del Tribunale di Pisa: “restrizioni a libertà e lavoro sono incostituzionali, pandemia non le giustifica”

StrettoWeb

Covid, le parole del giudice Manuali che ha assolto un cittadino accusato di essere uscito di casa durante la pandemia

Il giudice di pisa Lina Manuali ha assolto un cittadino dopo l’accusa per aver violato un Dpcm che vietava di uscire di casa durante la pandemia. “Con il susseguirsispesso in contrapposizione tra loro – di decreti legge e Dpcm si e’ assistito all’introduzione di sempre piu’ stringenti restrizioni e limitazioni nell’esercizio delle liberta’ e dei diritti fondamentali, fino ad arrivare a incidere sul diritto al lavoro e a un’equa retribuzione con violazione dell’articolo 36 della Costituzione“, è quanto si legge nelle motivazioni, depositate due giorni fa e consultate dall’AGI, alla sentenza pronunciata nel novembre scorso.

Il magistrato tra le altre cose afferma che la delibera datata 21 gennaio 2020 con cui il Consiglio dei Ministri stabili’ lo stato di emergenza era “illegittima” e, di conseguenza, lo sono stati tutti i provvedimenti che ad essa si richiamavano e tutte le proroghe dello stato di emergenza. Anche per questa ragione, Manuali ha assolto un cittadino ‘perche’ il fatto non sussiste’ dal reato di ‘inosservanza dei provvedimenti dell’autorita ”per avere violato il divieto di uscire di casa ‘se non per motivi di lavoro, salute o necessita”. Non e’ la prima sentenza che stabilisce l’illegittimita’ dei Dpcm ma e’ una delle piu’ articolate e si spinge fino ad alludere, mettendole in dubbio dal punto di vista giuridico, alle limitazioni sul lavoro per chi non e’ in possesso del green pass. Centrale nel ragionamento del giudice il concetto di “stato di emergenza“.

Il punto di partenza e’ che “l’ordinamento costituzionale italiano non contempla ne’ lo stato di eccezione, ne’ lo stato di emergenza al di fuori dello stato di guerra” e la “la situazione causata dal Covid non e’ giuridicamente assimilabile allo stato di guerra“. E’ vero che la dottrina ammette un “implicito statuto costituzionale dell’emergenza a tutela della salute pubblica e della pubblica sicurezza” ma “la tutela di questi diritti non puo’ ingigantirsi a tal punto da tiranneggiare la protezione di altri diritti di pari natura costituzionale“.

E, in ogni caso, se si stabilisce una gerarchia tra quale dei diritti costituzionali sia piu’ importante in quel momento si deve farlo rispettando “i principi di legalita’, riserva di legge, necessita’, proporzionalita’, bilanciamento e temporaneita’“. Questo, secondo la sentenza, il Governo non lo avrebbe fatto. C’e’ una legge del 2018, il cosiddetto ‘Codice della Protezione Civile’, che attribuisce la possibilita’ di istituire uno ‘statuto di emergenza’ alla Presidenza del Consiglio ma solo nel caso di “calamita’ naturali“, “una dimensione di crisi del tutto diversa dalla pandemia provocata da agenti virali“. In conclusione, per la giudice “manca qualsivoglia presupposto legislativo su cui fondare la delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 non rientrando tra i poteri del Consiglio dei Ministri quello di dichiarare lo stato di emergenza sanitaria“.

Condividi