E’ sempre più allarme inflazione: “l’aumento su base annua è al massimo dal ’96, costa più la bottiglia che il pomodoro”

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L’Istat ha diffuso i dati di gennaio sull’inflazione: l’aumento su base annua è al massimo da aprile ’96. Le preoccupazione della Coldiretti

“L’inflazione a gennaio registra una forte accelerazione, raggiungendo un livello (+4,8%) che non si registrava da aprile 1996, quando il NIC registrò la medesima variazione tendenziale”. E’ quanto rileva l’Istat per quanto riguarda i dati sull’inflazione a gennaio. I Beni energetici regolamentati trascinano questo aumento, facendo scattare l’allarme: è una crescita su base annua mai registrata, anche se le tensioni inflazionistiche crescenti si manifestano pure in altri comparti. Al netto di energetici e alimentari freschi, comunque, l’andatura conferma il dato di dicembre grazie anche al rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti, i cui andamenti tendenziali sono ancora condizionati dalle limitazioni alla mobilità dovute alla pandemia.

Più nel dettaglio a gennaio 2022 l’Istat stima che l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, registri un aumento dell’1,6% su base mensile e del 4,8% su base annua (da +3,9% del mese precedente), confermando la stima preliminare. L’ulteriore e marcata accelerazione su base tendenziale è dovuta prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici (la cui crescita passa da +29,1% di dicembre a +38,6%), in particolare a quelli della componente regolamentata (da +41,9% a +94,6%), e in misura minore ai prezzi dei Beni energetici non regolamentati (da +22% a +22,9%), dei Beni alimentari non lavorati (da +3,6% a +5,3%) e a quelli dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (da +2,3% a +3,6%); come detto, c’è da segnalare il rallentamento dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +3,6% a +1,5%).

A livello geografico, l’inflazione accelera più o meno ovunque, confermandosi al di sopra del dato nazionale nelle Isole (da +4,5% di dicembre a +5,5%), nel Nord-Est (da +4,0% a +5,4%) e nel Sud (da +4,1% a +5,0%), pari al dato nazionale al Centro (da +3,9% a +4,8%), mentre si posiziona al di sotto nel Nord-Ovest (da +3,5% a +4,3%). Nei capoluoghi delle regioni e delle province autonome e nei comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti l’inflazione più elevata si osserva a Bolzano (+6,2%), Trento e Trieste (+5,9% per entrambe), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Milano.

Con il rincaro dei costi energetici che si trasferisce sui costi di produzione nella filiera agroalimentare come quello per gli imballaggi, si paga più la bottiglia che il pomodoro in essa contenuto. Lo scrive la Coldiretti, che commenta con preoccupazione i dati Istat di gennaio. Il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime si riflette – sottolinea Coldiretti – sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere, dalle confezioni di latte, alle bottiglie per olio, succhi e passate, alle retine per gli agrumi ai barattoli smaltati per i legumi. Il risultato è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità. Se i prezzi per le famiglie corrono, i compensi riconosciuti agli agricoltori e agli allevatori – denuncia Coldiretti – non riescono, neanche a coprire i costi di produzione con il balzo dei beni energetici che si trasferisce infatti a valanga sui bilanci delle imprese agricole costrette a vendere sottocosto anche per effetto di pratiche sleali che scaricano sull’anello più debole della filiera gli oneri delle promozioni commerciali. Per ogni euro speso dai consumatori in prodotti alimentari freschi e trasformati appena 15 centesimi vanno in media agli agricoltori ma se si considerano i soli prodotti trasformati la remunerazione nelle campagne scende addirittura ad appena 6 centesimi, secondo un’analisi Coldiretti su dati Ismea.

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