Emergenza energetica: possiamo uscirne?

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L’emergenza energetica è adesso il tema di attualità più seguito, dopo l’elezione del capo dello Stato

Passata la buriana dell’elezione del Capo dello Stato, ma non la fibrillazione politica che sembra, invece, accentuarsi, l’opinione pubblica, oggi, è preoccupata per il caro bollette di luce e gas, per l’inflazione montante, per una possibile crisi energetica, in un contesto di pandemia, dalla quale non siamo ancora usciti. Del problema energetico mi sono occupato in due precedenti podcast, del 9 settembre e del 14 ottobre 2021. Riprendo alcuni concetti espressi, ed utili per più attuali riflessioni.

Nel settore energetico il Paese è fortemente aggravato da un notevole deficit. Importiamo il 73% dell’energia consumata, con una punta del 93% per il solo Gas, e con le rinnovabili che coprono solo il 20% del fabbisogno. Non abbiamo una capacità autonoma di incrementare la produzione locale, con l’aggravante che le tecnologie disponibili sul mercato non sono sufficienti, oggi, per una transizione totale verso un’energia pulita a zero emissioni. A questo si unisca la diffidenza verso soluzioni, che creano subito reazioni emotive da parte dell’opinione pubblica. La conferma è data dagli attacchi che il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ha subìto quando ha affermato, qualche mese fa, che si stanno affacciando tecnologie di quarta generazione senza uranio arricchito ed acqua pesante, per un nucleare pulito. Ci sono Paesi che stanno investendo in questa tecnologia; essa non è matura ma è prossima ad esserlo. Se, ad un certo momento si dovesse verificare che i KG di rifiuti radioattivi sono pochissimi, la sicurezza elevata ed il costo basso, è da folli, ha sostenuto il Ministro, scartare a priori questa ipotesi, cosa che non stanno facendo la Francia e la Gran Bretagna. A corredo di questa posizione, prendiamo atto che nel mondo sono in funzione 436 centrali nucleari ed altre 53 sono in costruzione. Tra queste, due in Giappone dove c’è stato l’incidente di Fukushima, una in Finlandia ed una in Gran Bretagna. L’agenzia Internazionale per l’energia prevede che la produzione da fonti nucleari raddoppierà da qui al 2050 e ne beneficeranno, in termini di competitività delle imprese, soprattutto Paesi come la Francia e la Cina.

Questo rilevavo nei miei precedenti podcast. Attualizzando i concetti espressi, si registra che, nel quadro generale, poco è cambiato, se non in senso negativo, con la evidenza del persistere della doppia emergenza sanitaria ed economica, con l’aggiunta di quella politico istituzionale, e tutte, con fieri colpi di maglio, finiscono per toccare la nostra fragile democrazia. Con riferimento più preciso all’energia, in questi ultimi tempi ci siamo particolarmente accorti della nostra debolezza, in quanto dipendenti, in buona misura, dal gas.

Da qui si deve partire per percepire appieno la nostra fragilità e preoccuparci seriamente se la Russia, per le tensioni con i Paesi della Nato in collegamento alle vicende ucraine, decidesse di ridurre ulteriormente le forniture e se condizioni meteorologiche avverse imponessero un maggiore utilizzo di questa fonte energetica. Per venirne fuori, l’idea corre immediatamente alla diversificazione delle fonti, da diversi territori, che non è, però, di facile e sicura soluzione con il rischio di trovarsi esposti, nel futuro a condizionamenti da altri Paesi produttori. Credo non ci sia alternativa ad una azione incanalata nel doppio binario: nell’immediato, affidarci alla capacità dei nostri governanti di negoziare al meglio e fissare, attraverso producenti accordi di fornitura, con il coinvolgimento, in pool altri Stati nelle nostre stesse condizioni, con quante più fonti sia possibile; e, nel medio-lungo periodo, fissare una strategia che ci affranchi dal mondo esterno, trovando, in particolare per il gas, soluzioni interne, facendo crescere le estrazioni, nel rispetto dell’ambiente e, fuori da ideologie, riprendere il discorso del nucleare dove, negli anni 60, non dimentichiamolo, l’Italia primeggiava.

È comprensibile la paura della popolazione. Ma bisogna avere fiducia nella evoluzione della scienza e trasferire le occorrenti necessità e soluzioni attraverso un’ampia, trasparente e convincente comunicazione. In questi giorni, la Commissione Europea ha votato a maggioranza la classificazione delle attività economiche che possono essere considerate sostenibili dal punto di vista ambientale (la cosiddetta tassonomia) e nella direzione della transizione energetica: gas e nucleare, anche se a determinati condizioni, con l’adozione delle migliori tecnologie e piani per il deposito dei rifiuti. Tale orientamento ci spinge ad esplorare le novità che la ricerca mette a disposizione, in termini di sicurezza e smaltimento delle scorie.

Detto percorso, che, ripeto, è di medio-lungo periodo, non deve distrarre gli addetti ai lavori, fare loro trascurare la produzione di energia da fonti rinnovabili. In Europa, questa opportunità energetica, nel 2021, ha superato quella fossile. Il fotovoltaico, l’eolico, il biogas e l’idroelettrico hanno soddisfatto il 38,2% della domanda di elettricità, mentre gas, carbone e olio combustibile si sono fermati ad un punto percentuale in meno. Il nostro Paese, anche se non raggiunge questi livelli, appare ben messo e con un potenziale che va incoraggiato, sciogliendo, in primis, in fase attuativa, i nodi burocratici.

Il tempo stringe, ed occorrono decisioni e sostegni. Le imprese che sono le prime ad essere colpite dal costo energetico, espresso da una bolletta energetica, per il 2022, di 37 Mld (8Mld nel 2019 e 21 Mld nel 2021) rischiano di perdere capacità competitiva, portando a rischio le filiere produttive. Bisogna dare atto di una forte sensibilità politica e di una seria determinazione del Governo a fronteggiare il problema, che, altrimenti, rischia di divenire, se non lo è già, una vera emergenza per le famiglie e il mondo produttivo.

Esso sta per varare un nuovo Decreto Energia che dovrebbe prevedere altri 5/7 Mld per il secondo trimestre, per fronteggiare il caro bollette, e che si sommano a un pari ammontare nel primo trimestre. In tal modo si intende tamponare seriamente la falla. Occorre, però, che il tutto sia integrato da una confacente, determinata ed ordinata azione strategica, che investa nel medio periodo, la struttura del sistema. Bisogna avere fiducia che ciò avverrà e si possa pervenire nel tempo che occorrerà, ma non troppo in là, ad una rassicurante e sostenibile autosufficienza energetica.

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