Da Barcellona a Kiev per impedire ai russi di saccheggiare l’azienda di famiglia: “quel cibo andrà agli ucraini in difficoltà”

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Kristina Lazaryeva racconta la storia di suo padre: il viaggio da Barcellona a Kiev per impedire ai russi di saccheggiare l’azienda di famiglia. Cibo e beni di prima necessità andranno invece al popolo ucraino

Decine di migliaia di rifugiati scappano dall’Ucraina per salvarsi dalle atrocità della guerra, ma qualcuno fa il viaggio opposto per aiutare i propri connazionali a sopravvivere. Dalla tranquillità di Barcellona all’inferno di Kiev per proteggere l’azienda di famiglia e impedire ai soldati russi di saccheggiare i magazzini di stoccaggio. Pasta, cioccolata, formaggi, olio, liquori: andrà tutto alle famiglie ucraine in difficoltà. Un gesto nobile quello compiuto dal padre di Kristina Lazaryeva, ragazza ucraina di 24 anni che ha raccontato all’AdnKronos la decisione del padre. “È un’azienda di import export molto conosciuta in Ucraina, abbiamo 800 dipendenti. Papà non voleva lasciare il mio fratellastro solo e non voleva che tutto quel cibo potesse finire in mano ai russi, voleva darlo alla popolazione ucraina, per questo è partito“, racconta Kristina aggiungendo “mio padre vive tra Spagna e Ucraina. E’ partito a conflitto già iniziato, tre giorni fa. E’ arrivato a Cracovia, poi con un treno è arrivato al confine che ha attraversato a piedi. Quindi ha preso un altro treno per Kiev dove ha trovato una situazione tragica: il terrore, la paura che non ci sia più futuro“.

Carri armati ovunque, edifici crollati, donne incinte che partoriscono nei sotterranei, bambini malati di cancro nascosti nei bunker. Hanno celebrato in un seminterrato anche un matrimonio, perché lo sposo doveva andare in guerra. Sono immagini che terrorizzano. Io stessa, pur non essendo lì tremo, per quello che sarà l’Europa“, spiega Kristina nel suo racconto, sottolineando che “fortunatamente i russi non avevano preso niente. Papà ha distribuito qualcosa e si è trasferito a Cherkassy, la nostra città natale dove i russi ancora non sono arrivati, dove c’è mio fratello ed abbiamo un altro stabilimento. Con i suoi colleghi papà ha distribuito alla cittadinanza cibo, soprattutto materie prime, come burro, latte, farina… che stanno finendo. Non ci sono quasi più neanche medicine. Gli aiuti? Questo è il problema: quelli che vengono inviati arrivano nelle zone invase dai russi, nelle aree toccate dalla guerra, per i rifugiati… altrove no!“.

C’è bisogno di aiuto – prosegue Kristina, che da anni vive a Roma – con mamma diamo una mano ad impacchettare pacchi da spedire ma ci sarebbe anche la possibilità di andare al confine con la Polonia per aiutare a far sfollare le persone, fisicamente, non solo con il pensiero. Mi hanno mandato la notizia che i russi stanno mettendo bombe nei giocattoli per far esplodere i bambini ucraini – aggiunge la ragazza – Ho un video ricevuto su telegram in cui militari ucraini aprono un giocattolo con cura e fanno vedere pezzi esplosivo. lo spero che non ci siano vittime. Papà preoccupato per la vita, se il conflitto si estenderà anche a Cherkassy. E poi c’è la sua azienda: ci ha investito tanti sacrifici ed anni di lavoro. Ed adesso che l’Ucraina si stava risollevando, andrà giù con tutte le scarpe“.

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