Gas: l’Italia ha la soluzione per non dipendere dalla Russia, ma nel Canale di Sicilia “Argo” e “Cassiopea” restano inutilizzati

StrettoWeb

Situati di fronte alla costa di Gela, i due pozzi da soli potrebbero produrre 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno

Molti pozzi di estrazione del gas in Italia sono inattivi da molto tempo e la guerra in Ucraina ha riaperto il dibattito sul tema. Il nostro Paese dipende al 46% dalle importazioni dalla Russia, mentre soltanto il 6% è di produzione italiana, nonostante soprattutto nel mare Adriatico siano presenti tante piattaforme pronte ad essere utilizzate. Inoltre, anche sotto il Canale di Sicilia ci sono due “tesori” molto produttivi, però fermi da anni: si tratta degli impianti Argo e Cassiopea, situati di fronte alla costa di Gela, che da soli potrebbero produrre 10 miliardi di metri cubi di gas all’anno.

Basti pensare che nel 2000 in Italia, sempre nel mare Adriatico, si estraevano 17 miliardi di metri cubi di gas ogni anno. Oggi, invece, ne vengono prelevati 800 milioni. “Le bollette e i carburanti sono schizzati alle stelle e gli interventi di riduzione delle accise, del governo nazionale, sono insufficienti. Bisogna venire subito incontro alle famiglie e ai lavoratori, già duramente colpiti dalla pandemia, che oggi rischiano di essere licenziati dalle imprese. Senza interventi strutturali, però, qualsiasi tipo di provvedimento sarà solo un pannicello caldo”, ha affermato Luisella Lionti, segretaria della Uil Sicilia e Area Vasta.

“Adesso è indifferibile sbloccare gli investimenti per il progetto Argo e Cassiopea – aggiunge – che potrà dare una risposta significativa, in termini di produzione di gas nazionale attenuando così la dipendenza dall’estero, e implementare il flusso dai gasdotti che collegano la nostra isola con la Libia e l’Algeria. Ma serve anche accelerare le procedure di autorizzazione per l’eolico e il solare avendo attenzione per l’ambiente. E’ il momento – continua Lionti – di parlare dei poli energetici di Siracusa e Milazzo favorendo, inoltre, investimenti per l’idrogeno e per lo smaltimento dei rifiuti anche in funzione di produzione di energia. La questione dell’approvvigionamento energetico del Paese non può essere lasciata, come è stato sino ad ora, a improvvisazione e campagne ideologiche che hanno finito per favorire la speculazione mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro e pesando enormemente sulle tasche dei cittadini”.

Lo stesso ministro Roberto Cingolani ha precisato che si attende molto dai giacimenti presenti nello Stretto di Sicilia. Il Pitesai, il Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee, appena approvato dallo stesso ministero, però di fatto blocca le attività anche in aree esistenti, soprattutto nel mare di Sicilia, e limita il rilascio di nuove concessioni su giacimenti attivi. Da un lato, quindi, esclude del tutto la possibilità di sfruttare l’area del “Vega 2” di fronte alla costa ragusana, lasciando aperta solo l’ipotesi di pompare qualche scorta residua dal “Vega 1” ormai esausto, e si concentra solo sui giacimenti Eni “Argo” e “Cassiopea” di fronte alla costa gelese, i quali, però, dovrebbero entrare in funzione non prima del 2024 e verrebbero assai limitati dall’istituzione di aree marine protette.

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