Pensioni: riprendere il confronto governo-sindacati

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Il Governo Draghi, dopo due anni di pandemia, si vede nuovamente impantanato in una crisi economico/sociale quando sperava in questo 2022 di potere finalmente rilanciare l’economia fruttando in pieno il Recovery Plan

La terribile guerra tra Russia ed Ucraina che sta sconvolgendo l’Europa dopo decenni di relativa calma sta provocando effetti devastanti sia in termini di perdite umane che disastrosi effetti economico/sociali. Già ora si è verificato un raddoppio dei costi energetici ed un aumento indiscriminato dei prezzi che su diversi generi di consumo hanno superato il 20%. Questo ha determinato un aumento dell’inflazione che già ora è di oltre il 5% e, se non si interromperà immediatamente questo spaventoso conflitto avremo in pochi mesi un’inflazione a doppia cifra e uno spread triplicato con conseguenze devastanti per il bilancio statale. Il Governo Draghi, dopo due anni di pandemia che hanno causato oltre 157.000 decessi, si vede nuovamente impantanato in una crisi economico/sociale quando sperava in questo 2022 di potere finalmente rilanciare l’economia fruttando in pieno il Recovery Plan. Ma i problemi accantonati non sono svaniti nel nulla, rimangono sul tappeto e tra questi vi è quello di dare una nuova riforma previdenziale ai milioni di cittadini italiani che da oltre dieci anni aspettano di superare la rigidità della legge Fornero.

All’inizio dell’anno sono cominciati gli incontri tra governo e parti sociali e sembrava che finalmente dopo molti mesi di stallo si fosse sulla strada giusta, poi, improvvisamente sullo spinoso nodo della flessibilità in uscita, ancora prima dello scoppio della guerra tra Russia ed Ucraina il governo aveva preso tempo e sospeso alcuni incontri tecnici propedeutici ad un confronto politico ormai necessario e non più procrastinabile. Tra le ipotesi che sono sul tappeto oltre a quella delle organizzazioni sindacali, e quelle di Tridico e Raitano se ne è aggiunta di recente un’altra formulata dal sottoscritto che oltre a prevedere un accesso al pensionamento con 41 anni per tutti uomini e donne indipendentemente dall’età anagrafica anticipa la pensione di vecchiaia a 66 anni. Prevede, inoltre, una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni con una penalizzazione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto al pensionamento ordinario di 66 anni, e, unica tra le proposte precedenti, consente, a domanda, un aumento dell’1,5% annuo a chi desidera rimanere oltre i 66 anni fino ad un massimo di 70 anni. Nell’ipotesi di riforma sono previste anche agevolazioni per giovani e donne e la possibilità di detrarre fino al 50% di quanto versato per la previdenza complementare. Il tutto sarebbe sostenibile a livello finanziario realizzando quello di cui si parla da oltre vent’anni vale a dire la separazione tra assistenza e previdenza. I dati del bilancio INPS parlano chiaro separando questi due istituti si noterebbe che la previdenza è in attivo per diversi miliardi l’anno. L’assistenza, assolutamente necessaria in un Paese civile, deve gravare sulla fiscalità generale e non sui versamenti contributivi dei lavoratori.

E’ un‘ ipotesi di riforma che sta avendo molto consenso sui social e che può portare un’utile contributo di idee nella difficile e complicata partita che si sta giocando sulla testa di milioni di cittadini italiani. Ora il governo non ha più scuse, deve affrontare un problema che ha rimandato per troppo tempo, deve dire chiaramente quale è il suo intendimento e come intende affrontare questa problematica. Deve fare presto e bene concedendo anche a chi è già pensionato delle agevolazioni come, per esempio, estendere la no tax area fino a 10.000 €, eliminare le addizionali regionali e comunali per redditi fino a30.000 €, dimezzarle per redditi da 30.000 a 40.000 € nonché attuare una indicizzazione delle pensioni al 100% dell’inflazione reale. Solo così si potrà evitare il formarsi nei prossimi anni di una nuova categoria di poveri: i pensionati.

 

 

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