Russia, chi è Putin: il “nuovo zar” e il sogno dell’impero perduto

Vladimir Putin, il personaggio di cui il mondo ha colto solo ora con una certa sorpresa la particolare personalità

StrettoWeb

Chi è Putin? Malgrado il personaggio sia presente sulla scena internazionale da un tempo immemorabile, il mondo ne ha colto con una certa sorpresa la particolare personalità in questi giorni di guerra. Con l’autocrate russo va in onda un’autorappresentazione orientale del potere dalla coreografia imponente, a cui prima i paesi democratici non avevano fatto a sufficienza caso. Quelle enormi sale del Cremlino che si aprono come per incanto al suo passaggio e quel suo incedere solitario, a piccoli passi, con un braccio rigido sul fianco e l’altro che si muove al ritmo delle gambe, quei tavoli lunghi, imperiali risvegliano atmosfere fiabesche. Nel mondo nuovo che vuole edificare dalle fondamenta si ritrova in lontananza una buona parte della storia russa. I fasti e i bagliori sinistri degli zar, l’orgoglio dello Sputnik, i 20 milioni di morti immolati per fermare Hitler. Il nazismo come male assoluto non a caso ritorna spesso nelle sue parole.

Questa congerie di sentimenti e di risentimenti che Putin – non da solo – sembra interpretare al meglio, costituisce il sogno dell’impero perduto, sul cui trono sacrificare democrazia e libertà. Masha Gessen, una scrittrice nata e vissuta in Russia – oggi risiede in America – ricorda nel suo libro “Il futuro è storia” (editore Sellerio). “Vorrei raccontare quello che in Russia non è avvenuto: la storia della libertà che non è stata abbracciata e della democrazia che non è stata desiderata”. Questa affermazione in buona parte spiega come solo una minoranza di russi delle grandi città ha preso coscienza di questa guerra insensata. Se questa minoranza si azzarda ad andare in piazza a protestare rischia 15 anni di carcere. Una grande parte della Russia profonda, di guerra, sa poco o nulla. Quel sonno lungo secoli non viene disturbato dai bombardamenti in corso sull’eroica Ucraina.

E’ su questo scenario che si muove oggi Putin. Un autocrate che ha percorso in tanti anni di politica tutti gli impervi sentieri che lo hanno condotto al dispotismo degli ultimi anni. Accentratore assoluto, diffidente in maniera paranoica, capace di menzogne capaci di negare evidenze solari. “Non esiste alcuna guerra in Ucraina” è il suo refrain di questi giorni. Nessuna meraviglia. La menzogna è un ingrediente inamovibile della storia russa, specie di quella sovietica. Gromyko ha svolto per anni sul tema il ruolo di caposcuola. Putin è cresciuto in un ambiente in cui la verità e l’autocritica son assenti. Il personaggio infatti appare incapace di accettare anche dalle persone di fiducia che gli girano attorno, quindi in un certo qual senso legati al suo stesso destino, il più piccolo rilievo al proprio operato. Basta ricordare a tale proposito l’atteggiamento di sufficienza riservato all’inizio del conflitto, attraverso una sequenza televisiva che ha fatto il giro del pianeta, al suo capo dei servizi segreti, che muoveva un timido rilievo alle mosse del nuovo zar. Stiamo parlando di una persona appartenente al primo cerchio del potere russo. I servizi segreti, magari differentemente denominati, esistono, com’è noto, in tutti gli Stati, ma, specie dopo la folgorante carriera di Putin, dell’autocrazia russa sono diventati l’indispensabile linfa. Ci si domanda, ma se la realtà è questa, come mai lo zar ha propinato a quel potente uomo della sua nomenclatura una risposta irridente di fronte ad una così ampia platea. Il messaggio che Putin intende inviare, in questo particolare momento della storia russa, agli abitanti del pianeta è duplice.

Il primo. Il mondo deve sapere che in Russia decide solo lui e che non esiste, neanche in teoria, la possibilità di un intervento, da parte di nessuno, in grado di modificare i piani da lui prestabiliti. Sono convinto che questa maniera di procedere in forma autonoma da parte di un leader – anche se in questo caso la parola giusta è capo – fatte naturalmente le dovute proporzioni, è assai più diffusa di quanto non si pensi anche a livello di un potere minore. Penso a quello conquistato democraticamente attraverso elezioni dirette, quindi legittimo quanto altri mai, ma spesso utilizzato dai vari protagonisti in forma, come dire, inebriante. Esistono nella politica dei nostri giorni persone che svolgono un ruolo di guida, che talvolta fanno tesoro dei suggerimenti dei propri collaboratori. Esistono però nel contempo figure che svolgono la stessa funzione, ma che la pensano in maniera opposta. Le quali, spesso elettrizzate dalla sbornia del consenso ricevuto, si muovono in forma del tutto autonoma dalla loro squadra su rilevanti temi istituzionali. I consigli, spesso preziosi, delle persone prescelte per tale delicata funzione, sono, nella maggior parte dei casi, sbrigativamente respinti, in certi casi irrisi. Il potere, com’è noto, dà spesso alla testa. Talvolta può svolgere una funzione demoniaca. In questi casi deve essere la cultura di chi guida a comprimerne l’esuberanza, favorendo il confronto tra idee contrapposte. Talvolta i leader più forniti di finezza culturale ricorrono all’invenzione di una qual forma di disaccordo per far crescere su di un tema controverso un maggior livello di conoscenza. La duttilità sistematica della mente aiuta ad affrontare i problemi assai complessi della politica dei nostri giorni.

Il secondo messaggio che Putin invia al mondo è la sua predilezione per l’impiego esclusivo della forza come strumento per dirimere le controversie che inevitabilmente nascono tra stati. Di altri strumenti, la capacità di convincimento, la diplomazia, non riconosce la validità. Tale scelta dipende da quella miscela di biografia e di carattere destinata a modellare quasi sempre la vita degli uomini. La ricordata provenienza dal Kgb e il fatto che tutti i suoi obiettivi politici siano stati sempre raggiunti attraverso l’uso della forza scoraggia l’impiego di ogni piano alternativo. La strategia fino ad oggi ha funzionato. Cinicamente non so se dobbiamo augurarci che funzioni ancora o s’interrompa in Ucraina. In questo secondo caso le conseguenze potrebbero diventare apocalittiche.

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