Ucraina, volontario britannico accusa Zelensky e si ritira dalla guerra dopo 9 ore: “stanno mandando persone a morire, non ho intenzione di diventare un eroe”

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Jake Priday, 25enne insegnante originario di Cardiff, ha ascoltato l’appello del presidente ucraino Volodymyr Zelenksy, ma non immaginava di dover combattere in prima linea: “firmando il contratto non avrei potuto scappare dalla guerra sino alla fine del conflitto, io pensavo di essere indirizzato in qualche centro di accoglienza profughi per prestare servizio a bambini e donne”

E’ il 26 febbraio 2022 quando Volodymyr Zelenksy, presidente dell’Ucraina, chiede in diretta televisiva ai volontari stranieri di tutto il mondo di prendere le armi in difesa del suo Paese. Non ci ha pensato due volte Jake Priday, 25enne insegnante originario di Cardiff, che ha risposto subito alla chiamata. Priday aveva già trascorso sei anni nell’esercito britannico, prestando servizio con i Royal Engineers in Estonia, Kenya e, più recentemente, nel 2017, in Kurdistan, dove ha aiutato ad addestrare le milizie locali nel 2017. Dopo essersi lussato un ginocchio l’anno successivo, ha deciso di lasciare le forze armate. Tornato a casa, iniziò a insegnare le abilità che aveva appreso da soldato – fare lacci emostatici e curare le ferite – in una scuola professionale a Cardiff. La maggior parte dei suoi studenti sono giovani ragazzi, poco più che maggiorenni, “che hanno abbandonato l’università e cercano un modo per migliorare le loro vite”.

Priday è alto 1.90m, è robusto con occhi verdi ed ha un taglio a spazzola. L’appello di Zelensky ha attirato la sua attenzione: era per lui l’occasione per istruire le persone che ora avevano più che mai bisogno delle sue abilità di pronto soccorso. Da mesi seguiva le manovre delle truppe russe al confine ucraino. “Ogni volta che mi vedi controllare il telefono, non sto scrollando sui social media”, ha detto ai microfoni del settimanale Economist. “Sto leggendo notizie. La mia compagna mi odia per questo. Le chiedo sempre: ‘Hai visto questo? Hai visto questo?’”. Priday sapeva che le truppe di Vladimir Putin erano pronte ad invadere l’Ucraina. “Non aveva senso se fosse stato tutto uno bluff”, ha ancora affermato. “È troppo costoso tenere lì così tanti mezzi militari per così tanto tempo.” Quindi, quando la Russia ha finalmente invaso l’Ucraina il 24 febbraio, Priday era già mentalmente preparato per la sua prossima azione.

Decide così di partire verso l’Est Europa il 3 marzo, la sua intenzione era quella di poter aiutare più donne e bambini possibili e, attraversando la Polonia, raggiunge l’Ucraina insieme ad altri volontari internazionali. Le autorità hanno detto loro che avrebbero ricevuto un addestramento di 3 giorni, poi sarebbero stati muniti di armi e schierati in prima linea, dove erano necessari i rinforzi. Al termine del periodo di “formazione”, i volontari avrebbero dovuto firmare un contratto, la cui ricompensa è di 7.000 grivna al mese (€260 o $230), che li obbliga a rimanere nell’esercito per tutta la durata della guerra e rispettare la legge marziale ucraina (non possono scappare dal Paese gli uomini che hanno tra i 18 e i 60 anni). A queste condizioni Jake Priday ci ha ripensato: “ti stanno vendendo un sogno, ti dicono che puoi aiutare il popolo ucraino, ma poi ti gettano nel peggior posto possibile per una zona di guerra”.

L’insegnante gallese racconta che tra le reclute c’erano molti ex soldati, ma anche molta gente inesperta: “insieme a me c’erano una femminista norvegese e degli americani totalmente pazzi. Sono andati in Ucraina soltanto per sperare. All’interno dell’edificio non c’erano riscaldamenti, ma solo 25 letti senza coperte. Alla mensa il succo aveva un sapore strano, aveva odore di benzina”. Così, appena 9 ore dopo il suo ingresso nel centro di addestramento, Jake Priday decide di scappare e tornare in Polonia: “non ho alcuna intenzione di diventare un eroe o morire. Pensavo di poter essere mandato in un campo profughi ad aiutare i feriti o insegnare il primo soccorso di base. Invece l’ambasciata ucraina di Londra mi ha mandato direttamente sul fronte a combattere su terra”.

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