Il fastidio di pensare – Il dovere dell’eroismo

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E così, come ci eravamo lasciati tra le mattinate fredde di gennaio, così di rivediamo adesso in quelle più fresche di primavera. Ci sono un po’ tutti: operai, impiegati, segretari, qualche uomo in divisa, io che aspetto alle otto di entrare a scuola. Nel mezzo, in questi tre mesi, naturalmente molti sono andati via; qualcuno, costretto dai ricatti statali, alla fine il vaccino lo ha dovuto fare, qualche altro il Covid lo ha preso davvero; e alla fine, di oltre una cinquantina, ad aspettare il tampone siamo rimasti poco più di venti, quelli che in tutti questi mesi delle minacce dello Stato non gliene è importato nulla e ad ammalarsi non ci sono proprio riusciti. “E chi ci poteva mai pensare – commenta un operaio appoggiato al muro sotto la balconata mentre aspettiamo che il centro tamponi apra – che andava a finire che a metà aprile eravamo ancora sempre qui ad aspettare di farci mettere quel coso nel naso mentre in tutto il resto del mondo del Covid non si ricordano più neanche cos’è”.

Ci vogliono punire perché ci siamo ribellati – ribatte un altro davanti a lui con il giubbotto di un’impresa edile – e speriamo che sia solo per questo mese. Perché con questo ministro non si sa mai, se gli gira qua va a finire che facciamo tamponi fino a giugno”. “Ma il problema è appunto questo – interviene un altro con un tono di voce infastidito – noi che siamo qui abbiamo già dovuto rinunciare a un sacco di cose, e io capisco anche tutte quelle persone che non se la sono sentita, perché alla fine non tutti se lo sono potuto permettere; ma è terrificante che in questo Stato tu hai il dovere di essere un eroe solo per fare le cose che negli altri Stati sono normali”. Si crea qualche minuto di silenzio. “Beh, in fondo se siamo qui è anche perché non ci siamo mai ammalati” mi intrometto timidamente, per riportare un po’ di serenità. “E che vi credete – riprende il primo – che sia poi tanto semplice ammalarsi? Parlano, parlano, ma in questo Stato folle dove tu alla fine per lavorare ti devi augurare di stare male, io non ci sono proprio riuscito, che a quest’ora in cambio di un giorno di febbre e un po’ di mal di testa avrei altri tre mesi di stipendio e m’ero anche risparmiato un sacco di soldi per i tamponi, oltre il fastidio di venire qui ogni volta”.

E come ti vuoi ammalare se usi la mascherina?” ribatte un altro. “Con la mascherina come te lo vuoi prendere il virus? Un poco di impegno uno ce lo deve anche mettere, insomma”. “Sì, ma allora com’è che i vaccinati da me se lo sono preso tutti, mascherina o non mascherina? E a quelli ormai non gli serviva a niente”. “È proprio vero che le cose gli arrivano a chi non sa che farsene” dice quello con il giubbotto, e manda giù una risata. “Comunque – ribatto – anche così alla fine ci è andata anche bene. Quando a comandare c’è gente bizzarra, devi sempre stare attento a quello che ti può capitare, mica puoi analizzare le cose secondo la logica; è già qualcosa che abbiamo ripreso a lavorare …”. “Ah, certo, di sensato non c’è proprio nulla in questa storia – si intromette una persona dall’aspetto molto distinto in fondo al gruppo che era stata in silenzio fino adesso – ma questa era una storia partita senza alcun senso fin dall’inizio, da quando eravamo qui davanti a questo muro fin da settembre a dover dimostrare di essere sani mentre per centinaia di vaccinati s’era stabilito d’ufficio che non avessero nulla perché alcuni ministri e virologi avevano deciso per capriccio che fosse così e quindi potevano andare in giro a infettare la gente, e adesso che siamo rientrati nei posti di lavoro e abbiamo scoperto che in questi tre mesi intanto era successo di tutto siamo sempre noi che non abbiamo avuto niente a dovere dimostrare di essere quelli sani. Gli altri possono pure venire infetti, non importa, basta che siano vaccinati, loro sono sempre al di là di tutto anche se questi mesi hanno dimostrato che non è vero niente”.

E la stupidità di tutta questa storia è che quelli visti male siamo sempre noi, gli unici che dimostrano ogni giorno di stare bene, guardati con distacco e presunzione da chi questo virus lo ha continuato a diffondere. L’umana stupidità che invece di guardare le cose come sono vuole cullarsi nella tranquillità di come sarebbe bello che fossero, e ama sperare che se lo crede con forza magari si possono pure avverare”. Ma ecco che in fondo alla strada appare la segretaria e più dietro il medico che si apprestano ad aprire il centro e i nostri oziosi discorsi che volevano rendere più veloce il tempo dell’attesa si spengono al pensiero del lavoro che ci attende tra poco; riprenderanno, sugli stessi argomenti, tra due giorni, forse solo per altre due settimane, così come li avevamo iniziati lo scorso autunno, fino ai confini della calda luminosità estiva. Non ci credeva nessuno all’inizio, ma in Italia accade anche di questo e, per quanto può sembrare strano, siamo anche dei privilegiati.

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