Reggio Calabria: il resoconto del nuovo incontro organizzato dal Circolo “L’Agorà” sul tema “Dino Buzzati nel cinquantesimo della morte” | VIDEO

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Reggio Calabria: l’incontro organizzato dal sodalizio culturale, presieduto da Gianni Aiello, ha ricevuto per la valenza ed il significato della manifestazione, il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno

Ricorre nel 2022 il 50° anniversario della morte di Dino Buzzati, autore di romanzi epocali (“Il deserto dei tartari”, “Un amore”, “Il segreto del bosco vecchio”, “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”) e lo scrittore bellunese sarà celebrato lungo tutto il 2022 con numerosi eventi. Anche il Circolo Culturale “L’Agorà”, nel suo piccolo ha inteso ricordare le variegate ed eterogenee forme espressive della scrittura buzzatiana con un’apposita conversazione. Da venerdì 15 aprile sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, è disponibile la conversazione relativa alla quarta giornata di studi, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” sul tema “Dino Buzzati nel cinquantesimo della morte”. «Sono un pittore il quale, per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista». Così si descrive Dino Buzzati scrittore talentuoso e profondo, uno dei più belli del nostro Novecento al punto che le sue pagine, intense e ispirate, allegoriche e ammonitrici, sono tra le più amate anche dai lettori odierni. Nato a San Pellegrino, vicino a Belluno e alle amate montagne dolomitiche, che amava scalare, Dino Buzzati ha poi vissuto gran parte della sua vita a Milano, città in cui ebbe modo di osservare il cambiamento attitudinale dell’uomo contemporaneo, sbalzato dal rapporto con la natura. Queste alcune delle cifre che sono state oggetto di analisi del nuovo incontro organizzato dal Circolo Culturale “L’Agorà” di Reggio Calabria che ha ricevuto il patrocinio dell’Amministrazione Provinciale di Belluno. Dopo i saluti del Presidente del Presidente del Circolo Culturale “L’Agorà” Gianni Aiello, è stata la vola di quelli istituzionali da parte del Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Belluno Roberto Pedrin che ha espresso vivo compiacimento per l’iniziativa culturale realizzata dal sodalizio organizzatore reggino. È stata la volta di Antonino Megali (Vice presidente del Circolo Culturale “L’Agorà”) che in qualità di relatore ha tracciato il percorso della eterogenea attività culturale di Dino Buzzati sia dell’uomo che dello scrittore, giornalista, pittore, scenografo. Dino Buzzati Traverso, queste le sue generalità complete, discende da una famiglia di origini ungheresi che si stabilirono a Bribano (nei pressi di Belluno) a seguito della carestie e della peste che colpì il Regno d’Ungheria tra XIII e XIV secolo. Gli antenati di Dino Buzzati Traverso, provenivano da Buda (antica città ungherese, ubicata sulla collina ad ovest del Danubio, e che successivamente nel 1873 con le città di Óbuda e Pest andò a costituire l’odierna capitale Budapest). Per tali motivazioni storiche vennero conosciuti con l’appellativo di Budàt (“da Buda”) ed in epoche successive, assunsero quello di Buzat e infine Buzzati, tutto ciò a seguito del dialetto bellunese. Dino Buzzati è una personalità poliedrica, nella sua vita è stato scrittore, drammaturgo, librettista, scenografo, costumista, pittore, poeta, cronista, redattore, inviato speciale ma anche e soprattutto giornalista. La carriera giornalistica comincia nel lontano luglio del 1928 come praticante presso la redazione del «Corriere della Sera» e dimostra di avere una “penna” sopra il comune che lo fa notare dai direttori che presto lo promuovono come redattore e infine inviato.

La sua capacità di scrittura lo fa approdare anche all’inserto mensile «La Lettura», mentre quando poi scoppia la guerra, si stabilisce in incognito a Messina come inviato di guerra. Si imbarcò, come corrispondente di guerra, su diversi incrociatori, in particolare il “Fiume” e il “Trieste”, assistendo alla battaglia di Capo Matapan e a quella della Sirte. Alla fine delle ostilità belliche riprese l’attività giornalistica con report che trattavano di sport, di arte, di letteratura, ma soprattutto si concentrerà su articoli di cronaca nera che da sempre era il suo settore giornalistico preferito. Cronache di delitti grandi e piccoli ma anche quelle relative ai grandi disastri che sconvolsero la Penisola italiana, come la tragedia del Vajont (9 ottobre 1963) in quei dolorosi frangenti Dino Buzzati ebbe a scrivere in un articolo dove «un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia. Tutto qui. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri e il sasso era grande come una montagna e di sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi». Ma anche cronache che riguardano notizie della criminalità cittadina come il processo a Rina Fort, la Belva di via San Gregorio, dove «quella specie di demonio» che nel 1946 (29 novembre), aveva ucciso la moglie e i tre figli del suo amante». Altro esempio di manifesto giornalistico è la sua descrizione della scena del crimine, le cui foto verranno poi pubblicate sui giornali nei giorni seguenti: in particolare, fortissima è l’immagine del bambino più piccolo, “seduto sul seggiolone con la testa piegata da una parte come per un sonno improvviso, e fermo oramai anche il sangue i cui rigagnoli, simili a polipi immondi, lucevano sempre meno ai riflessi della lampadina di 25 candele, facendosi sempre più neri”.

L’attività giornalistica di Dino Buzzati viene giustamente ricordata come quella di un cronista fuori dal comune ed innamorato della propria missione rivolta all’informazione raccontata in modo semplice, di servizio, tanto che in un’intervista Dino Buzzati si definì un “doverista”. Dino Buzzati avrà un enorme successo sia nella carriera giornalistica sia in quella letteraria: vincitore del Premio Strega nel 1958 grazie alla raccolta Sessanta racconti, la celebrità dello scrittore veneto è dovuta in special modo a Il deserto dei Tartari, romanzo pubblicato per Rizzoli nel 1940. Pubblicato da Leo Longanesi in una collana destinata agli scrittori più originali dello Stivale e non soltanto, Il deserto dei Tartari è un romanzo indimenticabile, sconvolgente – uno di quelli che ne vale dieci di romanzi –, incentrato sulla fuga del tempo. Il protagonista del romanzo buzzatiano è Giovanni Drogo, un giovane militare di grandi speranze, partito alla volta della maestosa e mitica Fortezza Bastiani alla ricerca della propria personale missione. Qui, in un luogo senza tempo, regna la costante attesa di un attacco nemico da nord a opera dei Tartari. Tutti aspettano la battaglia, completamente assorbiti ed inglobati nella monotonia della vita militare di confine. Ogni inquilino della Fortezza viene schiacciato da un senso di alienazione dalla realtà, consapevole che l’attesa del nemico potrebbe essere vana. Gli spazi in cui si trova sono ristretti, Drogo si sente soffocare, l’abitudine ha preso sempre più piede e le giornate trascorrono identiche, finendo nel vortice surreale della Fortezza. I personaggi delle sue opere, infatti, si scoprono improvvisamente soli, costretti a vivere una condizione di speciale isolamento, di separazione dagli altri esseri umani. Tra le altre produzioni letterarie buzzatiane si ricordano “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”, pubblicata nel 1945, in collaborazione con Beppe Ramazzotti “Il libro delle pipe”. Nel 1949 “Paura alla Scala”, del 1950 “In quel preciso momento”, che ottiene nel 1951 il premio Gargano. I suoi racconti sono talvolta tradotti anche per il teatro (come “Un caso clinico”, Milano 1953, che sarebbe stato più volte rappresentato e da cui sarebbe stato ricavato anche un film di e con Ugo Tognazzi, “Il fischio al naso”).

Nel 1954 pubblica “Il crollo della Baliverna” con Mondadori (Premio Napoli) e nel 1958 “Esperimento di magia”. In questo stesso anno la raccolta antologica dei “Sessanta racconti “che si aggiudica il Premio Strega. Del 1963 “Un amore “che esprime appieno i cedimenti dello scrittore ai miti e alle mode e insomma al mercato della letteratura”.Da ricordare anche: “Il colombre” (1966) e “Le notti difficili “(1971). Tra l’uno e l’altro libro: un’antologia di racconti, “La boutique del mistero” (1968) e soprattutto “Poema a fumetti “(1969), che ottiene il Premio di Paese Sera per il miglior fumetto e che mette in risalto le sue qualità di disegnatore e pittore, ancora recentemente sottolineate con una mostra antologica alla Rotonda della Besana di Milano.Ricordiamo dunque: “Barnabò delle montagne” (1933), “Il segreto del bosco vecchio” (1935), “Il deserto dei tartari “(1940), “I sette messaggeri “(1942), “Paura alla Scala” (1949), “Il crollo della Baliverna” (1954), Sessanta racconti (1958, vincitore del Premio Strega), “Un amore” (1963), “Le notti difficili “ (1971).Giorgio Calcagno lo definiva «amato dai lettori ma dimenticato dai critici». Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme dei Social Network presenti nella rete, a far data dal 15 aprile.

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