Reggio Calabria, l’annuncio dell’assessore Martino: “tra un anno e mezzo l’inaugurazione della Casa delle Donne in un bene confiscato” | FOTO e INTERVISTE

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Reggio Calabria, l’Associazione Il Cuore di Medea Onlus e il Comune insieme per i diritti delle donne vittime di violenza e maltrattamenti

Si è svolta questa mattina, nella Saletta Conferenze di Palazzo San Giorgio a Reggio Calabria, la conferenza stampa dell’associazione “Il cuore di Medea Onlus”, realtà da anni impegnata nella difesa dei diritti delle donne e contro la violenza di genere, per presentare gli esiti di una recente sentenza che ha condannato l’abuso su una donna vittima di violenza e maltrattamenti domestici.

L’Associazione -afferma la presidente Patrizia Gambardella- attraverso l’esposizione di un caso recente conclusosi con la condanna dell’abusante, vuole mandare un messaggio alle donne vittime di maltrattamenti e violenza domestica. Un iter giudiziario con un’attenta e seria istruttoria porterà ad un riconoscimento e alla colpevolezza del maltrattante. Il caso che vogliamo far conoscere, inizia nel 2016 con la denuncia della donna, madre di tre figli minori. Nel Maggio 2017 veniva arrestato il presunto maltrattante e la donna si rivolgeva alla nostra Associazione. Più volte ed in diverse situazioni, abbiamo fatto presente che la donna ed i suoi figli erano vittime di maltrattamenti in famiglia e che il coniuge era il maltrattante. Abbiamo trovato un muro: il suo caso veniva trattato come un caso di “forte conflittualità” tra coniugi. Se da subito si fosse applicata la Convenzione di Instanbul (legge n° 77 del 2013) la donna ed i figli minori non avrebbero vissuto anni difficili e dolorosi. È questo un punto cruciale del problema. Tutti gli attori che gravitano attorno ai processi: giudici, p.m., servizi sociali, strutture di accoglienza devono essere formati e specializzati. Non si può accettare di trovarsi di fronte a una quasi “schizofrenia” giuridica, che consente al maltrattante di essere libero mentre la donna viene collocata in struttura con i figli, ancor più quando nel processo penale che ne consegue, l’uomo viene riconosciuto colpevole di maltrattamenti ma e poi alla donna che viene sospesa la capacità genitoriale, quindi, nonostante tutto lui può continuare a vedere i figli senza nessun controllo, mentre lei è costretta a vederli in uno spazio neutro”.

“Nonostante, quindi –rimarca– la donna vivesse un’evidente situazione di terrore, non solo per lei, ma soprattutto per il bisogno di aiuto nel tutelare i suoi figli, le competenti Istituzioni -chi aveva l’obbligo di aiutare e tutelare i minori- hanno colpevolizzato lei facendole vivere la c.d. rivittimizzazione secondaria. I provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni di Reggio Calabria -prosegue-  su impulso di relazione stilate da “quelle” Istituzioni summenzionate, limitavano e/o sospendevano la potestà genitoriale della donna con motivazioni del tipo: “non aveva saputo tutelare i suoi figli”, quindi una donna fragile e per così dire “incapace”. Tutto quello che è avvenuto, a nostro avviso, è da riferirsi ad un atteggiamento istituzionale che non ha tenuto in considerazione un’importante normativa di cui si parla tanto nei convegni, ma che difficilmente viene applicata nelle aule dei tribunali: la Convenzione di Istanbul. È chiaro che parlare di certe cose che riguardano la tutela delle persone che subiscono violenza, risulta molto facile, più difficile invece applicare. La punizione del reo non può bastare se a monte non si punta alla prevenzione, scardinando così quei concetti patriarcali di cui, spesso nei casi di violenza, ci dispiace dirlo, ma anche chi giudica risulta intriso. Tanti anni sono passati prima che venisse emesse una sentenza di condanna nei confronti del maltrattante, tanti anni in cui la donna ha subito umiliazioni, in cui è stata considerata da chi doveva starle accanto e proteggerla, “una madre inadatta”, tenendo anche presente che sempre il maltrattante ha ancora in itinere altri due processi da affrontare su “Stalking, violazione prescrizioni impartite da un provvedimento giudiziario e violenza privata” e un altro su “maltrattamenti in famiglia su donna e minori”. È vero –sottolinea– che nel procedimento in cui è stato già condannato ha subito la sua punizione, ma cosa è stato fatto, nella sostanza, per non umiliare e per tutelare questa donna che chiedeva aiuto? Nulla! Anzi, essendo che i minori sono stati collocati presso la famiglia paterna, alla donna è stato imposto di incontrare i propri figli in spazio neutro, mentre il maltrattante, nonostante un precedente provvedimento che gli imponeva una sorveglianza speciale e nonostante una sentenza di condanna, continua a incuterle terrore incurante dei provvedimenti emessi nei suoi confronti. Le domande che, in questo caso sorgono spontanea sono: perché una donna che denuncia, deve essere quella che paga anche in termini affettivi. Perché dopo aver avuto il coraggio di ribellarsi, il coraggio di scegliere la libertà per sé e per i propri figli ancora non può godere di questa voglia di vivere?”, conclude.

Presente alla conferenza l’Assessore alle Politiche di Genere, Angela Martino, che ha detto: “l’amministrazione comunale è da sempre vicina alle associazioni, consapevoli della centralità e dell’importanza che rivestono il loro ruolo e il lavoro che esse svolgono per la comunità e, come in questo caso, a favore delle donne vittime di violenza. Sappiamo perfettamente quanto sia difficile denunciare, per questo crediamo sia importante raccontare le storie che avvengono nella nostra realtà e che hanno un esito positivo, sia pur in un quadro che resta particolarmente delicato e complesso in tanti suoi aspetti. Ma parlare, confrontarsi è fondamentale, quale stimolo e spinta ulteriore nei confronti di quelle donne che ancora oggi vivono sulla loro pelle condizioni di violenza, a non arrendersi e a combattere per i propri diritti”. Il lavoro dell’amministrazione comunale è orientato, in modo particolare, sul fronte dell’accoglienza e dell’assistenza rivolta alle donne vittime di abusi e violenza, “a cominciare dal progetto della “Casa delle donne”, poiché ancora oggi la città non dispone di una struttura pubblica che possa accogliere le donne in difficoltà. Anche grazie agli stimoli delle associazioni che operano sul territorio, l’amministrazione comunale ha definito un progetto che mette insieme la tutela delle donne e l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, individuando un bene confiscato che nel giro di un anno e mezzo verrà inaugurato. Un presidio che servirà non solo come luogo di accoglienza per chi è in difficoltà, ma anche per l’erogazione, con il supporto e il pieno coinvolgimento delle realtà associative, di servizi di ascolto e sostegno psicologico per tutte quelle donne e i loro figli che vivono storie difficili”, evidenza.

“La violenza è qualcosa di trasversale, è stato inoltre evidenziato, e investe l’intera esistenza di una donna, per questo motivo – ha poi concluso Martino – l’azione che stiamo conducendo vede impegnati diversi assessorati, come il Welfare, con l’assessore Delfino e l’Istruzione con la collega Nucera, ma anche lo Sviluppo economico attraverso delle misure, come il bando a sostegno dell’imprenditoria e dell’occupazione basato sull’economia circolare, che avrà una premialità specifica per le progettazioni al femminile. Non meno importante, inoltre, l’intervento di sensibilizzazione e informazione all’interno delle scuole, perché è proprio partendo dai più giovani che occorre lavorare, in modo particolare sui modelli sociali e culturali”.

In alto la FOTOGALLERY, in basso le INTERVISTE complete.

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