Abbona l’amico a rivista Disney per scherzo: condannato a 13 mesi dopo 9 anni di processi

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Un uomo è stato condannato a 13 mesi di lavori di pubblica utilità per avere abbonato un amico alla rivista “Disney 313”: il suo intenta era fargli uno scherzo, ma la vicenda è finita in tribunale prolungandosi addirittura 9 anni

Uno scherzo finito male, anzi malissimo. Era il gennaio del 2013 quando Fabrizio B., operaio residente a Cremona (oggi 46enne), decise di fare una burla all’amico Stefano F. abbonandolo alla rivista a fumetti “Disney 313”, cui il protagonista è Paperino. Una vicenda che poi gli è costata ben tre processi e addirittura una condanna a 13 mesi di reclusione e lavori socialmente utili. Ma come può una persona denunciare un amico per uno scherzo? L’episodio, infatti, è molto più particolare di quel che si può immaginare: Stefano scoprì dell’abbonamento a suo nome quando la De Agostini gli spedì a casa un numero della rivista, accompagnato da un sollecito di pagamento. Lui non l’aveva mai richiesta e quindi non aveva certo intenzione di pagare. Perciò, non potendo immaginare che si trattasse di uno scherzo dell’amico Fabrizio, presentò una denuncia contro ignoti.

Per gli inquirenti fu un gioco da ragazzi scoprire chi aveva commesso quello scherzo, che però intanto era diventato uno sgarbo. Fabrizio, che non aveva intenzione di truffare l’amico, non aveva usato alcun particolare stratagemma da truffatore: la De Agostini l’aveva chiamata lui, con il suo numero di telefono personale. Scoperto il “truffatore”, Stefano non la prese bene e Fabrizio gli propose mille euro di risarcimento, comprensivo del costo dell’abbonamento e del fastidio procurato. Questo, però, non gli evitò un procedimento davanti al giudice dell’udienza preliminare con l’accusa di sostituzione di persona.

Per potersi difendere Fabrizio dovette così rivolgersi a un avvocato. Facendo tre lavoretti da operaio, però, non poteva permetterselo e perciò presentò una richiesta per ottenere il gratuito patrocinio, cioè un difensore assegnato dallo Stato. In questo modo, davanti al gup riuscì a patteggiare tre mesi di reclusione (con sospensione condizionale della pena) e il pagamento di 600 euro per coprire le spese legali dell’ormai ex amico che si era costituito parte civile. Sembrava tutto finito, ma era soltanto a metà dei guai: la Guardia di finanza aveva esaminato la sua richiesta del gratuito patrocinio e risultò che Fabrizio aveva dimenticato uno dei tre lavoretti che stava svolgendo, aspetto che non gli avrebbe consentito di rientrare nei requisiti per avere un difensore pagato dallo Stato. Scatta così il procedimento per aver falsificato l’autocertificazione, terminato con un altro patteggiamento per 10 mesi (anche questa volta con sospensione condizionale).

Anche questa volta, però, le vicende giudiziarie di Fabrizio si complicarono. La Corte d’Appello di Brescia nota che Fabrizio non aveva diritto alla sospensione condizionale della pena dato che questo beneficio se l’era giocato per “lo scherzo di Paperino”. Perciò, decide di impugnare la sentenza davanti alla Cassazione a Roma, la quale dà ragione alla Corte d’appello. Il fascicolo torna ancora a Cremona. Affiancato da un altro avvocato, Santo Maugeri, davanti al gip ha patteggiato ancora gli stessi 10 mesi. Stavolta, però, senza condizionale. Per evitargli il carcere, l’avvocato ha chiesto al giudice di poter tramutare la pena nei lavori di pubblica utilità, come cura del verde cittadino e altri lavori simili.

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