Lo stallo in cui la Capitale si trova, in questi anni, è da fare risalire ad una classe politica che, priva di coraggio e di visione, e sbandierando principi, ideologie, convenienze di parte, ha sempre ceduto all’arma e, direi, alla voluttà del veto, a cominciare da quello per le Olimpiadi (e la Francia ancora ringrazia), per lo Stadio di Roma, ed oggi per il termovalorizzatore
Ho avuto l’idea, qualche anno fa, di lanciare il “Premio Roma allo sviluppo del Paese”. Esso va assegnato, per come recita la motivazione a “Personalità” del mondo dell’Economia, delle Scienze, del Sociale e della Cultura, che si siano particolarmente distinte per contributi dati alla crescita ed al prestigio del Paese”. Si è arrivati alla 6° edizione, coinvolgendo personalità di alto valore e sicuro prestigio. Nella accettazione del Premio, i vincitori hanno sempre espresso il piacere di ricevere un attestato nel nome di Roma, città bella tra le belle e gloriosa tra le gloriose, per la sua storia.
Confesso che, negli anni, aldilà della personale soddisfazione per l’affermazione del Premio, è cominciata a maturare in me una riflessione più attenta, in parallelo con il degrado della città. Lo stallo in cui la Capitale si trova, in questi anni, è da fare risalire ad una classe politica che, priva di coraggio e di visione, e sbandierando principi, ideologie, convenienze di parte, ha sempre ceduto all’arma e, direi, alla voluttà del veto, a cominciare da quello per le Olimpiadi (e la Francia ancora ringrazia), per lo Stadio di Roma, ed oggi per il termovalorizzatore, solo per citarne alcuni tra quelli di maggiore rilievo. Scrive Antonio Preiti sul CorSera del 18 maggio us: ‘No persino al termovalorizzatore, che sarebbe un’opera, del tutto ovvia, visto che sta in tutte le città pulite, che sono pulite proprio perché hanno un termovalorizzatore, e che perciò c’è dovunque tranne che a Roma. No ai grandi cambiamenti e No ai piccoli cambiamenti. No ad ogni cosa’’.
Non voglio rifare la storia di questi anni, a partire dalle “scalcinate” elezioni del 2018, dove il “vaffa” è stata la forza trainante più prorompente, nonché dai successivi due governi pasticciati che, con il peso politico sempre più irrealistico scaricato sulle decisioni strategiche, hanno frenato la crescita del Paese e paralizzato Roma. Me ne sono occupato in precedenti podcast, richiamando a più riprese che si era in balia di una strana Legislatura, contraddistinta da promesse elettorali non rispettate (vedi il famoso programma dei 5 Stelle con i suoi 30 punti, in larghissima parte non attuato), dal cambiamento di casacca di 256 parlamentari, che hanno disatteso le promesse fatte al proprio elettorato, dalla costante litigiosità tra i partiti che ha obbligato il Presidente Mattarella, suo malgrado, a dare la disponibilità alla sua rielezione. Fortunatamente, l’avvento di un’alta Personalità, come quella di Mario Draghi, è riuscita, con notevoli sforzi, a farci conservare, fino ad oggi, una posizione di rispetto nel contesto internazionale.
Adesso è diventato emblematico il caso del termovalorizzatore di Roma. Se c’è una certezza è che la Capitale è in balia della sporcizia, degli alti costi per il trasferimento dei rifiuti in sedi fuori dalla città, tanto da fare affermare, gustosamente e amaramente, a Sebastiano Messina, su La Repubblica del 4 maggio us, con riferimento al contestato termovalorizzatore: “Giuseppe Conte ha definito “una scorrettezza gravissima” il via libera del Governo al termovalorizzatore di Roma. In effetti non se ne capisce davvero la necessità, dopo che la Giunta Raggi ha dimostrato con i fatti che è possibile smaltire i rifiuti urbani con soluzioni eco-sostenibili che rispettano la natura, affidando il riciclaggio a gabbiani, topi e cinghiali”.
L’attuale Amministrazione comunale, guidata da Roberto Gualtieri, ha dato il via al progetto di un termovalorizzatore di nuova generazione, incontrando ostacoli continui. Gli autori di un tale stallo hanno come obiettivo solo quello di creare problemi alla parte avversa, di indebolire il Governo Draghi, di posizionarsi in vista delle prossime elezioni e godere di qualche voto in più.
A poco vale, come testimonianza, la situazione di cui godono le principali capitali europee, che convivono da anni con questa soluzione (Vienna, Parigi, Copenaghen con pista di sci incorporata). Altresì, per non andare troppo lontano, c’è l’esempio di Brescia dove un termovalorizzatore è entrato in funzione nel 1998. L’impianto è in grado di trattare oltre i 500.000 tonnellate di rifiuti annui e produce energia elettrica e acqua calda per la rete di teleriscaldamento, servendo l’80% dei cittadini. Non risultano incidenti, né malattie diffuse, mentre i cittadini sono orgogliosi di essere all’avanguardia in Italia, godendo dei benefici, anche in termini di costi dell’energia, derivanti dalla struttura. In totale, in Europa, sono attivi 350 impianti, di cui 126 in Francia, 96 in Germania e 37 in Italia.
È difficile trovare un Santo a cui votarsi, per guidare la classe dirigente, e soprattutto quella politica, verso il dovere alla responsabilità, considerando anche il difficile momento che l’economia occidentale, ed in particolare quella nazionale, sta attraversando, per colpa del Covid e della guerra Russo-Ucraina.
La rabbia monta quando si percepisce, sempre di più, che nello scontro tra fazioni prevale chiaramente l’orientamento populistico, per preservare il cadreghino parlamentare, probabilmente frutto di un miracolo, soprattutto in vista delle prossime elezioni amministrative e politiche del 2023, e della riduzione del numero dei membri della Camera dei Deputati e del Senato, da 945 a 660.
La mia simpatia, e lo dico in senso ironico, va a chi difende, dopo il colpo di fortuna del 2018, il posto guadagnato in Parlamento, con relativo reddito e prebende. Purtroppo, per loro, non ci sarà posto per tutti.
Ci sarà, in questi mesi, la nomina dei vertici di circa 300 società di Stato e parastato. C’è qualche segnale che si stia procedendo a collocamenti, non certo con selezioni, e per meriti e per competenze. Saranno trovati, purtroppo, sicuri approdi, con una copertura da 5 a 7 anni, per parlamentari che diventeranno ex, vittime della riforma promossa dai 5 stelle. Scaltra e non male come soluzione!
Le vie del Signore sono infinite. Alleluia brava gente!