Reggio Calabria, ritorno nella città bella e stuprata: Svegliamoci, maledizione, svegliamoci!

StrettoWeb

Una riflessione della giornalista reggina Manuela Iatì rientrata per qualche giorno a casa in una città sempre più bella e malgestita

di Manuela Iatì – Ho trascorso qualche giorno nella mia Reggio Calabria, sto andando via e, come sempre, mi resta dentro un mix di emozioni, su tutte l’amarezza e la rabbia per quello che la mia splendida città potrebbe essere e ancora non è.

Ho vissuto per un giorno intero senza acqua a casa: l’allaccio del mio edificio, al centro, nella parte alta, è alle vecchie tubature e, tra perdite e malfunzionamenti, non c’è abbastanza pressione per portare l’acqua al piano. Se si blocca l’autoclave, dunque, resti a secco.

Ho percorso tante strade e le ho trovate dissestate come non mai. Buche in alcuni casi profonde anche mezzo metro, peraltro anche sulle vie principali del centro e chiaramente lì da mesi, senza che nessuno sia intervenuto.

Ho visto rattoppi sull’asfalto e ai lati, in cemento sbriciolato, e cantieri aperti anche al centro delle carreggiate, sparsi qua e là, ma in molti casi fermi.

E ho visto cumuli di rifiuti ovunque. Anche a due passi dal corso e dalla via marina.

Ho trascorso però la domenica sul lungomare, prima per un aperitivo, poi per chiacchierare con amici seduta a uno dei chioschetti della parte bassa, dinanzi alla spiaggia, dove ho ballato al sole, ho riso, ho goduto dei colori, dell’aria, della luce – una luce che non ha pari altrove – e della vista meravigliosa dello Stretto quasi fino al tramonto.
Sono passata davanti alle magnolie secolari, ho mangiato gelati a non finire, ho ammirato per l’ennesima volta le mura greche, le terme romane, il castello aragonese e ho pensato, ho tanto pensato, chiedendomi “perché?”.

Perché le amministrazioni comunali sono così incapaci di fornire i pur minimi servizi essenziali? È davvero così difficile o è solo incapacità e mancanza di una visione di sviluppo e cura della cosa pubblica e di priorità della loro azione? Perché i miei concittadini continuano a vivere così, nell’indifferenza e nella rassegnazione, come se non si accorgessero nemmeno più di cosa li circonda, di bello e soprattutto di brutto? Perché ancora non si riesce a cogliere la fortuna che abbiamo e che stiamo sprecando da anni e la ricchezza che potremmo avere se solo tutto fosse messo in ordine, solo in ordine?

Ho letto dell’esperienza, ai suoi primi passi, della Consulta della cultura, promossa dall’illuminato dott. Eduardo Lamberti Castronuovo (che ringrazio per la sua mai sopita passione) e che sta riuscendo a convogliare attorno a sé nuovi entusiasmi, con i primi risultati. Al momento senza rivendicazioni “di orticello”, ma nell’interesse di tutti, della città, della sua crescita, della sua rinascita, e ho molto gioito, perché ho pensato “forse non tutto è perduto”.

Ho trascorso qualche ora con alcune associazioni della città, e ho, ancora una volta, toccato con mano quanta passione civile ci sia in tanti reggini, che non si arrendono e si danno da fare per gli altri, per spirito altruistico e perché ancora ci credono, credono che cambiare la società sia possibile.

Ho visto l’abnegazione di medici e infermieri che, con le sole loro forze e la voglia di fare, spontanea, volontaria, tengono in piedi e si dedicano, in strutture fatiscenti e sempre col sorriso, a servizi e ricerche scientifiche che altrove sarebbero stra-sostenute e pubblicizzate. E ho provato tanta ammirazione e tenerezza.

Ho scoperto con sorpresa che da qui, dai B&B che la città offre, passano tantissimi stranieri, giovani e meno giovani, nell’ignoranza generale, cioè senza che nessuno lo sappia e se ne occupi e preoccupi, nonostante le potenzialità che rappresentano per la comunità. Arrivano peraltro in assenza di qualsivoglia promozione del territorio da parte delle Istituzioni preposte, figuriamoci cosa potrebbe succedere, quanto movimento si potrebbe creare attorno a Reggio se solo ci si adoperasse in serie azioni di marketing territoriale e di attrazione dei flussi turistici.

Ho capito, parlandone con un esperto, che una nuova organizzazione dei trasporti metropolitana e integrata, realizzabile su progetti già esistenti con qualche sforzo istituzionale in più e usando finalmente bene i milioni di euro messi a disposizione proprio in questa fase dall’Ue e dallo Stato anche per queste finalità, la nostra qualità della vita cambierebbe immediatamente e radicalmente e porterebbe nuova e tanta economia. La nostra città cambierebbe. L’ho vista con la mente, l’ho percorsa, e mi sono illuminata.

Certo, servirebbe che il Comune e gli altri enti partecipassero al dibattito pubblico e alle decisioni, facendo sentire la propria voce in base a ciò che sarebbe meglio per noi. E servirebbe poi mettere tutto ciò che abbiamo (il tantissimo che abbiamo) a sistema.

Quante, quante cose si potrebbero fare già ora, subito, con pochi e incisivi interventi, ma programmati, tra itinerari archeologici, culturali, artistici, paesaggistico-naturalistici, enogastronomici, sportivi (mi viene in mente il kite surf, in una delle poche città italiane che può offrire condizioni perfette quasi tutto l’anno per i kiters, tanto per citare solo una possibilità tra molte altre), tutte risorse che noi abbiamo la fortuna (immeritata) di avere, ma che siamo stati bravi solo a buttar via fin qui.

Abbiamo i Bronzi di Riace e neanche di quelli abbiamo mai davvero capito il valore. Due pezzi unici al mondo – in nessun’altra parte della terra esistono due statue bronzee, testimonianza del mondo antico, di queste dimensioni, così conservate, così stupefacentemente belle (a cui si aggiungono altri pezzi unici esposti nel nostro Museo Nazionale) – e il nostro Comune, le nostre Istituzioni, cosa fanno in occasione del cinquantenario dal loro ritrovamento? Nulla, poco o nulla.

Qualcuno mi ha appena messo al corrente del fatto che il 30 aprile 2021 è scaduto il termine per chiedere i fondi per la celebrazione e nessuna richiesta è partita dal territorio. Nessuna. E’ così?

In quanti, tra i miei concittadini, sanno di questo anniversario? Siamo già a maggio, non mi pare di aver letto o sentito molto parlare di questa ricorrenza o di eventi che la celebrino. Io stessa, confesso, non lo ricordavo fino a qualche settimana fa, quando lessi delle critiche di Sgarbi al logo scelto per l’occasione, unica news passata sui media, quantomeno nazionali. E mi sono anche molto stupita di non averne avuto notizia prima, per di più da giornalista.

Mi sono chiesta, e me lo chiedo ancora, “com’è possibile che una città dal grande passato come la mia, di cui vado fiera e orgogliosa già solo per questo, non abbia fatto assolutamente niente per sfruttare un’opportunità unica come questa?”. Altrove si sarebbe battuto sul cinquantennale già da mesi prima, forse dall’anno prima, per prepararlo, per farlo sapere urbi et orbi, per portare sul territorio autorità, intellettuali, artisti e centinaia di migliaia di visitatori, e non solo nel giorno della ricorrenza.

Ebbene, mi chiedo ancora – e chiudo – è stupidità, è cecità, è ignoranza, è inettitudine, è paura di non farcela, è mancanza di educazione civica o senso di appartenenza o magari tutte queste cose insieme, che ci impediscono di crescere finalmente, dando un calcio al passato (quello inglorioso, intendo, recuperando invece quello glorioso) per consentire anche a tutti i figli di questa terra, costretti a lasciarla, di tornare, come spesso vorrebbero?

Svegliamoci, maledizione, svegliamoci! Diamoci da fare, tutti, scegliamo le persone giuste per rappresentarci e governare, ripuliamo le strade, i monumenti, le piazze, come già alcuni piccoli gruppi di cittadini fanno di propria iniziativa, con grande umiltà e dedizione (e a cui dovrebbe andare la nostra gratitudine collettiva). Rimbocchiamoci le maniche, uniamoci tra noi, tra tutte quelle persone che non hanno ancora mollato e che, col loro entusiasmo, possono ancora riuscire a trascinare le altre. Io ne ho incontrate molte, esistono, cerchiamole.

Tutto è possibile se solo lo si vuole davvero, tutto! E vogliamolo, una buona volta. Perché di tempo non ce n’è davvero più. E i “cinquantennali” ricorrono una volta sola.

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