L’ex ministro assolto dopo 300 udienze: “voterò sì ai referendum, non puoi arrestarmi dopo un semplice sospetto”

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L’ex ministro Dc Calogero Mannino, assolto dopo anni e un processo lunghissimo, spiega perché bisogna dire sì ai referendum sulla giustizia

In vista dei referendum sulla giustizia di domenica, e alla luce del continuo dibattito tra sì e no, continuano ad arrivare anche le testimonianze di diversi personaggi, noti e meno noti, vittime di clamorosi abbagli giudiziari e costretti a pagare con anni di carcere ma da innocenti. E dopo il caso del siciliano Giuseppe Gulotta, sempre all’Adnkronos c’è la testimonianza dell’ex ministro Dc Calogero Mannino, arrestato il 13 febbraio del 1995, su ordine di custodia firmato dal gip di Palermo, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Il giudice aveva motivato il provvedimento con il pericolo di depistaggi nelle indagini. Rinchiuso nel carcere romano di Rebibbia, si ammalò gravemente fino ad arrivare ad uno stato di deperimento che lo portò alla scarcerazione. Ci sono voluti anni e anni di processi, ma alla fine Mannino fu assolto da tutte le accuse.

“Io domenica – dice – andrò a votare a Sciacca, mio comune di residenza, e voterò cinque sì per il referendum sulla giustizia. Uno, in particolare, mi sta più a cuore, il secondo quesito, quello che riguarda la carcerazione preventiva, e ne parlo con cognizione di causa… Il sì ha una immediata ricaduta sul punto fondamentale della crisi del processo: la prova. Tu non mi puoi mettere in galera per un semplice sospetto. Lo puoi fare per i reati contro le persone”, chiosa, analizzando più nel dettaglio uno dei cinque quesiti che verranno sottoposti agli italiani.

Il caso Mannino, oltre che per l’errore giudiziario in sé, è passato alla storia anche perché il processo in questione – il primo, quello poi conclusosi con l’assoluzione – è stato uno dei più lunghi mai celebrati, con più di 300 udienze, 400 testimoni citati, dei quali 250 dall’accusa e 150 dalla difesa, compreso l’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, 25 pentiti, da Tommaso Buscetta a Gioacchino Pennino, da Giovanni Brusca a Angelo Siino, che lo accusarono di essere uno dei referenti di Cosa nostra. Alla fine, due anni di carcere ma una carriera politica segnata a vita e per questo terminata in anticipo.

“Tutti questi quesiti pongono delle domande veritiere – spiega Mannino tornando a parlare dei referendum – Ha fatto un lavoro egregio Sabino Cassese, che li ha spiegati in tutti gli aspetti. Sarebbero dei referendum da votare perché poi il parlamento ci torni sopra, ma con coraggio e coerenza, perché ora bisognerà affrontare il problema. La gente – precisa però – è rimasta totalmente insensibile ai referendum. Dobbiamo cominciare a prendere atto che larga parte della società italiana è lontana dalla politica. La politica a cui ora le persone sono sensibili è la politica che ha altre sedi, altri fori: qui dobbiamo mettere in primo luogo il telefono, purtroppo, perché ormai c’è una rete di comunicazione incredibile. Parlo dei vari strumenti, whatsapp, Instagram etc. E in questo foro la politica ha solo una dimensione: il risentimento. Il risentimento, e addirittura la rabbia. Le cause sono molteplici, dipendono dall’istruzione, dalla formazione… Le grandi scuole che ci sono state in Italia, cioè la chiesa cattolica e il Partito comunista, hanno chiuso bottega. Nel foro ci sono quindi solo gli incazzati. C’è disprezzo per la politica. Se oggi avessi 18 anni e volessi ricominciare da capo non la farei più. Ti esponi soltanto a una pregiudiziale di disprezzo. E allora non c’è neanche la riflessione. Una delle ragioni dell’affermazione di questo foro esterno alle istituzioni è che la gente vuole partecipare. Ma quale strumento migliore di partecipazione che il referendum? In termini di principio il referendum è uno strumento di democrazia partecipata. E mentre invochi una politica partecipata rifiuti l’unico strumento che c’è, il referendum”.

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