La fuga per la libertà finita in ospedale, le lacrime del fratellino abbracciato al poliziotto. E quelle finestre così pericolose…

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A Reggio Calabria resta alta l’attenzione sul centro di accoglienza della Comunità papa Giovanni XXIII, gestito dall’Arcidiocesi, in via Vespucci: aperta un’inchiesta dopo il drammatico tentativo di fuga di martedì sera

E’ ricoverata in ospedale e le sue condizioni non sono ancora buone, la ragazzina afgana di 16 anni che martedì si è lanciata da una finestra alta più di 8 metri per ritrovare la libertà: con lei, ha tentato anche la fuga anche il fratellino di circa 10 anni, che è riuscito a cavarsela con una caviglia slogata. La ragazza, invece, ha rimediato la rottura di bacino, gamba e mandibola: la dinamica della caduta non è chiara, ma sembrerebbe che i ragazzini abbiano annodato alcune lenzuola per aiutarsi nella fuga dalla finestra che evidenziamo nella foto a corredo dell’articolo. Qualcosa deve essere andata male, e adesso le autorità hanno attivato le indagini sulla gestione della Comunità papa Giovanni XXIII, il centro di accoglienza per minori non accompagnati gestito dall’Arcidiocesi.

Il fratellino afghano, disperato dopo aver visto la sorella portata via in ambulanza, voleva starle accanto. Ma non ha potuto: si è stretto in uno struggente abbraccio infinito con un poliziotto, piangendo a singhiozzo. Giovedì sera, dopo appena 48 ore, ha tentato di nuovo la fuga ed è stato bloccato dai Carabinieri. Intanto nella struttura rimangono moltissimi ragazzini, che quotidianamente stazionano sui davanzali, spesso e volentieri a cavalcioni, lasciando col fiato sospeso i passanti. Deve morire qualcuno prima di occuparsene seriamente?

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