Messina, la sfida per Palazzo Zanca: Basile e Croce tentano l’impresa di evitare il ballottaggio, la chiave è De Domenico

StrettoWeb

Messina, cosa succede in città a due giorni dal voto decisivo per le sorti del Comune: tutte le previsioni sono per il ballottaggio, ma due candidati sono stuzzicati dall’idea di fare l’impresa e vincere al primo turno. Con un terzo incomodo ingombrante che alla fine si rivelerà decisivo

Tra due giorni a Messina si vota per le elezioni comunali: la città sceglierà il suo nuovo sindaco e rinnoverà il consiglio comunale esattamente 4 anni dopo l’elezione di Cateno De Luca, che ha deciso di anticipare la fine della consiliatura per inseguire l’ambizione di candidarsi a governatore della Regione Sicilia. Una scelta azzardata per sé stesso, ma estremamente rispettosa nei confronti di una città che comunque De Luca non vuole abbandonare, al punto che ha guidato la campagna elettorale di Federico Basile, il primo a scendere in campo in termini cronologici, fortemente sostenuto dal Sindaco uscente e con ben 9 liste che contengono dirigenti, assessori e importanti personalità della classe dirigente che ha guidato la città negli ultimi anni. Compreso De Luca stesso, che è capolista di una di queste civiche.

Non si può negare che quella di Basile sia una vera e propria accozzaglia elettorale: un “pastone” all’interno di cui troviamo tutto e il contrario di tutto, dal prof. Cervino sostenuto dal movimento “Io Apro Rinascimento” di Vittorio Sgarbi a noti esponenti della destra storica messinese per paradosso a sostegno di un candidato Sindaco che pochi anni fa da revisore dei conti approvò i controversi bilanci di Accorinti. L’unico partito che sostiene Basile tra le liste civiche è la Lega di Salvini, che a Messina corre separata dagli alleati del Centrodestra seppur mascherata con la griffe “Prima l’Italia” di Germanà. E, paradossalmente, sempre nella coalizione di Basile c’è anche l’ex “iena” Ismaele La Vardera, autore del libro anti-Salvini “Il peggio di me“, adesso alleato proprio di Salvini e capolista della lista “Mai più baracche” con gli ex baraccati che effettivamente a De Luca devono tanto. Questa estrema eterogeneità della coalizione che sostiene Basile può rivelarsi in realtà la sua forza: unisce mondi con diversità, e proprio per questo legati dalla libertà di non appartenere agli schieramenti tradizionali e di non avere la necessità di essere allineati ai dettami di un partito, ma di potersi schierare liberamente a sostegno di un progetto amministrativo locale al di fuori dagli steccati ideologici.

De Luca rappresenta in Sicilia una sorta di populismo 2.0, che tenta di unire le competenze della politica di una volta al linguaggio rivolto alla pancia degli elettori tipico dei tempi che corrono. E guida a Messina il fortissimo sentimento anti politico nato da decenni di mala gestione da parte dei partiti tradizionali, creando un solco enorme con la popolazione ormai da un decennio disposta a votare un po’ per chiunque capiti (da Accorinti a De Luca appunto) pur di non tornare da chi li aveva traditi in precedenza, al punto che alle scorse comunali del 2018 il Pd si fermò al 6% e Forza Italia addirittura al 5%.

Dopo aver amministrato la città negli ultimi quattro anni incrementando il proprio consenso, e aver lanciato Basile in grande anticipo rispetto a tutti gli altri, è chiaro che adesso la coalizione di De Luca ha i favori della vigilia pur non avendo il supporto di alcun grande partito (Pd, M5S, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Udc sono tutti contro), e pur con l’incognita sul carisma del candidato a Sindaco che è un tecnico con linguaggi e tempra ben diversi da De Luca, che pure lo sta affiancando non come un alleato, non come un amico, ma come un fratello.

Il principale sfidante di Basile è certamente Maurizio Croce, che ha due grandi punti di forza: l’esercito di super candidati nelle liste più forti in assoluto, e la scarsa popolarità. E’ particolarmente singolare, infatti, che il Centrodestra messinese abbia deciso di candidare a Sindaco un tecnico che fino a pochissimi anni fa (dal 2014 al 2017) è stato niente po’ po’ di meno che Assessore Regionale del governo regionale più sbilanciato a sinistra nella storia della Sicilia, quello guidato da Rosario Crocetta. Tra gli elettori del centrodestra in pochi lo sanno, e ancora di meno se ne sta parlando. Storicamente legato alle consorterie del potere, Croce non ha entusiasmato la base della destra e proprio per questo molti esponenti storici hanno preferito sostenere Basile mentre Fratelli d’Italia, che pure ha una lista fortissima e ambisce a diventare il primo partito della città, da mesi tenta di nascondere l’imbarazzo. Non c’è alcun dubbio sul risultato della coalizione: le 8 liste supereranno il 40% e forse anche di più, ma Croce pagherà uno scarto dovuto al voto disgiunto.

Sono loro due, Basile e Croce, i principali sfidanti per queste elezioni, oggi entrambi stuzzicati dall’idea di fare l’impresa vincendo al primo turno, evitando il ballottaggio. In base alla legge regionale attualmente in vigore (che differenzia la Sicilia dal resto d’Italia), basta il 40% dei voti per diventare Sindaco al primo turno e Basile e Croce hanno la pazza idea di provarci, anche se è molto difficile. Tutto dipenderà dal terzo candidato, Franco De Domenico, sostenuto da Pd e Movimento 5 Stelle. Figlio del mondo universitario, è già stato consigliere regionale sempre con il Pd e tra i tre principali candidati alla competizione messinese è certamente il più coerente rispetto alla sua storia politica e amministrativa. Parte in svantaggio per l’atavica repulsione che la città ha dimostrato almeno negli ultimi tre lustri per quell’area politica, che per giunta vive un momento difficile a livello nazionale. Ma ci sono variabili da non sottovalutare: quella di De Domenico è stata la campagna elettorale più intensa, con la presenza in città dei leader nazionali di Pd e M5S, Enrico Letta e Giuseppe Conte, che hanno risvegliato un po’ di entusiasmo e fatto crescere la consapevolezza di essere della partita. Inoltre c’è la grande incognita del Movimento 5 Stelle, che con il 10% è stato il partito più votato alle comunali di 4 anni fa eleggendo ben 7 consiglieri e oggi a differenza di allora ha in città 14 mila nuclei familiari che percepiscono il reddito di cittadinanza.

De Domenico, quindi, punta ad un risultato importante che automaticamente farebbe sfumare il sogno di Basile e Croce: se dovesse superare il 30%, il ballottaggio diventa certo. Ma attenzione, perché se davvero De Domenico riuscisse a superare questa soglia, non solo infrangerà i sogni dei due avversari ma a quel punto se la giocherà per andare lui, allo spareggio. Perché a quel punto sarebbero tutti e tre molto vicini, e nella sfida all’ultimo voto potrebbe succedere qualsiasi cosa. Anche lo scenario più difficile e clamoroso, cioè un terzo posto per Basile che al momento sembra l’unica verosimile strada che Centrodestra e Centrosinistra possono intravedere per riprendersi Palazzo Zanca dopo tantissimo tempo. Ci sembra infatti scontato che in caso di ballottaggio contro Basile, batterlo sarebbe praticamente impossibile tanto per Croce quanto per De Domenico, anche se – come in città si vocifera in modo sempre più insistente –  le due coalizioni di Centrodestra e Centrosinistra dovessero unirsi nel tentativo di fermare l’avversario, inseguendo logiche della vecchia politiche che porterebbero soltanto a dare l’ennesimo assist al tandem BasileDe Luca.

Infine ci sono Totaro e Sturniolo, i due outsider: completamente ignorati e marginalizzati nella campagna elettorale (con l’eccezione, più unica che rara in realtà, di StrettoWeb), puntano ad entrare in consiglio comunale ma per farlo non basteranno 5 mila voti: deve superare la soglia di sbarramento del 5% almeno una lista a supporto. Totaro potrebbe pagare a caro prezzo l’ingenuità di avere due liste a sostegno, anziché una sola più forte. E’ una bravissima persona, il più civico dei candidati che arriva dal basso: è uno stimato professionista molto popolare in città per la sua pratica medica e la sua fervente militanza religiosa, e tutti coloro che lo conoscono hanno imparato ad apprezzarlo e a volergli bene. Sturniolo è una figura storica della sinistra radicale che raccoglie intorno a sé l’espressione ideologica di un mondo smarrito e, a maggior ragione dopo l’esperienza del governo Draghi, assolutamente nauseato dalle scelte di Pd e Movimento 5 Stelle. L’impressione è che tanto Totaro quanto Sturniolo avranno difficoltà ad entrare a Palazzo Zanca, ma in ogni caso non faranno una brutta figura: non si tratta di candidati da zero virgola e si giocheranno la loro partita.

Particolare da non sottovalutare in vista del voto, il contesto sociale in cui cade questa tornata elettorale: dopo due anni di scelte politiche che durante la pandemia hanno fortemente penalizzato la quotidianità dei cittadini mettendo a dura prova la credibilità dello Stato che ha imposto misure illogiche e incomprensibili, il timore è che ci sia un crollo dell’affluenza alle urne alimentato dalla sempre più diffusa sfiducia nell’intero sistema politico. Alle precedenti elezioni comunali di Messina andò a votare soltanto il 65% degli elettori, in netto calo rispetto al 70% di cinque anni prima. Stavolta potrebbe andare ancora peggio. E chi si recherà alle urne, si troverà con 8 enormi schede (Comune, Circoscrizione, Referendum Montemare e Referendum Giustizia) con conseguenti prevedibili disagi ai seggi, in una tornata in cui per la prima volta dopo molto tempo i cittadini potranno recarsi a votare soltanto la domenica (dalle 07:00 alle 23:00), a metà giugno, e non più il lunedì. Non certo un buon modo per incentivare la partecipazione.

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