La Perla dello Stretto, il Sindaco di Villa e gli errori dei giudici che lo condannarono: per la Cassazione “hanno travisato i fatti”

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L’attività politica dell’ex Sindaco Antonio Messina per riaprire la Perla dello Stretto e gli errori dei giudici reggini che lo avevano condannato: per la Cassazione “hanno travisato i fatti”. La ricostruzione nelle motivazioni della Corte Suprema

Nelle quasi 150 pagine di motivazioni con cui la Corte Suprema di Cassazione si pronuncia in merito al processo “Gotha”, c’è anche spazio per la vicenda che riguarda l’ex Sindaco di Villa San Giovanni Antonio Messina e la riapertura del centro commerciale “La Perla dello Stretto”. In primo grado, Messina era stato condannato “per il delitto di corruzione di cui all’art. 318 cod. pen., con l’aggravante del fine di agevolare l’associazione mafiosa”. In Appello la sua condanna era stata ridotta, “applicando il beneficio della sospensione condizionale della pena”. La Cassazione invece, in via definitiva, annulla la sentenza sull’ex primo cittadino villese “con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Reggio Calabria”. Il terzo grado di giudizio, dunque, ridimensiona notevolmente le decisioni dei due precedenti organi, spiegandone le motivazioni.

Antonio Messina, si legge, è “stato giudicato colpevole per avere asservito la propria funzione prima di vicesindaco e poi di sindaco del Comune di Villa San Giovanni agli interessi degli imprenditori interessati alla riapertura del centro commerciale “La perla dello Stretto”, intervenendo sul responsabile del procedimento per accelerare il rilascio delle autorizzazioni alla riapertura, ricevendo in cambio l’assunzione di soggetti da lui segnalati, anche tra i propri sostenitori politici”. Ma, precisano gli ermellini, “di fronte al costrutto del Giudice di prime cure la difesa del ricorrente aveva formulato una serie di critiche che, tuttavia, hanno continuato ad essere totalmente ignorate dalla Corte di merito, travisando i fatti“. E i magistrati illustrano così i motivi che hanno portato all’annullamento della condanna: “era stata trascurata la circostanza che un sindaco, per la sua funzione, è tenuto ad avere contatti diffusi relativi a vicende amministrative che riguardano il territorio, sicché non vale a comprovare un accordo illecito la “confidenza” che il pubblico amministratore mostrava con il gruppo dei soggetti interessati alla riapertura del centro commerciale”.

C’è poi un altro elemento, relativo allo scambio di persona tra Antonio Messina e un soggetto proveniente da Messina: “Altro momento di travisamento — reiterato rispetto alla decisione di prime cure — è costituito dall’avere ritenuto – si legge – che il sindaco Messina avesse fatto un viaggio in auto alla volta di Catanzaro, mentre il passeggero dell’auto era in realtà un imprenditore proveniente da Messina, come dimostrato dalle indagini difensive”. A tal proposito, si aggiunge che “anche la presenza del Messina nell’autovettura con la quale gli imprenditori stavano raggiungendo Catanzaro il giorno della conferenza di servizi, è stata smentita non solo dal ricorrente, ma anche dal teste Morabito, che ha escluso la presenza del ricorrente”.

“Trascura altresì – proseguono poi i Giudici – il ricorrente la circostanza che dalle intercettazioni emergeva un contrasto tra il Messina ed i vari interlocutori per la questione della riapertura del centro, atteggiamento idoneo ad escludere lo stabile asservimento che la nuova formulazione dell’art. 318 cod. pen. prescrive quale elemento necessario per la sua integrazione. Quanto alla raccomandazione per l’assunzione delle quindici persone presso il centro commerciale (ammessa dal Messina, che aveva spiegato trattarsi per la maggior parte di ex dipendenti del centro prima del subingresso del Chirico nella sua gestione), la mera segnalazione o raccomandazione non costituisce una forma di concorso morale e non concreta l’uso dei poteri funzionali connessi alla qualifica soggettiva dell’agente. L’interesse che ha mosso il ricorrente era solo quello di garantire i posti di lavoro che si sarebbero perduti qualora il centro non fosse stato riaperto, interesse comune ad un’intera collettività, che anelava ad avere una nuova possibilità lavorativa. Nel caso di specie prosegue il ricorso — non risultano provate le utilità conseguite dal Messina, posto che i fatti risalgono ad un periodo in cui egli, con altissimo numero di consensi, era già stato eletto Sindaco del Comune di Villa San Giovanni”.

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