Il fastidio di pensare – Le minacce a prescindere

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Lungi da noi dare indicazioni di voti ai nostri quattro lettori, un po’ perché, avendo sempre praticato la ragionevole arte del dubbio, non abbiamo la forza di salire su un pulpito ma soprattutto perché noi stessi, nell’oscuro panorama della politica italica siamo degli apolidi. Il mondo liberale è qui infatti solo una sbiadita categoria di pensiero a cui si fregiano d’appartenere lontani intellettuali avulsi dalla realtà che vivono in un universo studiato sui libri poiché quel mondo da decenni per motivi culturali non trova riscontro nella realtà in quanto la destra qui da gran tempo ormai è smarrita tra il pagliaccesco e l’inquietante poiché, diceva Montanelli, qui in Italia non si riesce ad andare a destra senza finire nel manganello. Pur tuttavia per decenni lo stesso Montanelli faceva anche capire che, quando ci sono le elezioni, bisogna arrangiarsi con quello che si trova e non votare perché ci si sente troppo al di sopra dello squallore della disputa talvolta è operazione troppo snobistica che non ci si può permettere. Per questo aveva coniato l’espressione “votate e turatevi il naso” che per decenni aveva voluto dire: “lo so che è un partito piuttosto squallido, ma dall’altra parte ci sono dei criminali, e quindi votiamo pure per questi che fanno schifo ma almeno sono innocui (o quantomeno fanno dei crimini che ci possiamo permettere di sopportare)” o, detto in termini ancora più banali “dobbiamo andare a votare non per fare vincere questi (che politicamente fanno pena) ma perché non ci possiamo permettere di fare vincere quegli altri che sarebbe la fine di questo paese”.

Qui in Italia, purtroppo, certe idee anche se passa tanto tempo non ci si può permettere di metterle da parte. E certe situazioni, come i ricorsi storici di Vico ecco che improvvisamente te le ritrovi improvvisamente davanti anche quando sembrava che fossero sepolte nelle oscurità del passato. Una classe politica all’altezza non è venuta fuori, ma in compenso c’è una disputa tra uno schieramento penoso e uno schieramento che, non contento di quelli che ha alle spalle, promette dei nuovi crimini. Chi siano quelli che sono solo penosi, non è difficile dire: Salvini, per esempio, in un paese con una coscienza politica seria invece di fare l’uomo politico magari potrebbe fare domanda per usciere d’albergo (dico così per dire), ma in questo mondo al rovescio che neanche Rodari se lo sarebbe immaginato, lui fa il ministro e gli ingegneri fanno domanda per andare a staccare i biglietti nei treni incrociando le mani sperando d’esser presi. Però almeno è un tipo simpatico e, se siamo sicuri che con lui non arriveremo da nessuna parte, siamo altrettanto sicuri che grandi disastri non ne farà neppure, non più, intendiamo, di quelli che il paese ha finora sopportato. Anzi, per certi versi ci fa quasi tenerezza a ricordarlo con le sue felpe variopinte quando andava a suonare i campanelli o a esser deriso all’estero, che quasi ti vien voglia di fargli una carezzina. Quello che invece ci inquieta è Letta, che è immerso in una tranche nostalgica di quell’obbrobrio reazionario del governo Draghi di cui sogna di fare un revival, che tesse sperticate apologie al ministro Speranza che per lavorare sei prima obbligato a inocularti farmaci, e gli si inumidiscono gli occhi quando ne parla, che ancora siamo in estate e già sogna di nuovi green pass, obblighi anticostituzionali e tutta questa desolazione che ci siamo appena messi alle spalle si maledice che non ci sia più che per lui eravamo nel paese di Bengodi, ma datemi fiducia e ci ritorneremo.

Orbene, c’è qualcosa di singolare su come Letta a suo modo queste cose le dice, che in buona parte lo discolpano anche. I grandi dittatori del passato infatti, che avevano una visione politica molto più profonda della sua (ma ci vuol molto poco), consapevoli di dire cose sgradite, non parlavano subito di togliere diritti, e soprattutto non ne parlavano come di cosa bellissima, ma nascondevano queste cose, nella loro strategia di conquista, all’interno di frasi magniloquenti e di prospettive più ampie. Insomma, hanno sempre visto i cittadini come dei poveri fessi da attirare con false promesse in attesa di randellarli. Hitler in questo, come ha spiegato Mosse, è stato geniale: il potere si conquista per gradi: mica si espone il programma tutto in una volta, la gente ti prenderebbe per pazzo, ma fagliene deglutire un pezzo e vai avanti con l’altro, e alla lunga si abituerà a cose che nemmeno si immaginava: ricorda qualcosa? Invece Letta è un uomo sincero e diretto: lui non ti vuole togliere i diritti perché ha smanie dittatoriali o perché sia cattivo, lui è proprio convinto che sia la cosa giusta per te e per tutti, e infatti si stupisce pure che qualcuno vuole esse libero: ma come? È così bello essere uno schiavo! Per questo, da un certo punto di vista, non te la senti neanche di infierire. Il problema è di chi lo ha messo lì. Come quei bambini che, giocando con un’arma, fanno partire un colpo: non li puoi neanche processare, ma il morto resta sul pavimento. Dicono che gli stupidi, se gli dai il potere, possono fare dei danni immensi. Orbene, la democrazia in Italia funziona come funziona, e lo si è visto negli ultimi decenni, ma adesso, appunto, si diceva che in certa parte siamo anche noi a decidere del nostro destino. Letta mette alla prova l’asserzione di Mussolini che gli italiani provano piacere ad essere comandati perché culturalmente non hanno la forza di essere un popolo libero. Ma se anche fosse, una cosa è che il guinzaglio ce lo metta Mussolini, che almeno aveva una personalità autoritaria, volitiva; ma stare al guinzaglio di Letta e di Speranza … suvvia, ci vuole una dignitas anche nel mettersi a quattro zampe.

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