Iran, le donne ci danno un taglio: furiose proteste per la morte di Mahsa, uccisa per una ciocca fuori dal velo

StrettoWeb

Hijab dati alle fiamme, ciocche di capelli tagliati in piazza e nei video social: le donne iraniane protestano per la morte della giovane Mahsa, picchiata dalla ‘polizia morale’ per una ciocca di capelli fuori dal velo

Mahsa Amini era una ragazza iraniana come tante, giunta a Teheran per una vacanza con la famiglia. Mai avrebbe immaginato di diventare il simbolo di una rabbiosa protesta che rischia di divampare diventando incendio, rivoluzione culturale, una ‘primavera araba’ al femminile. Soprattutto, mai avrebbe immaginato di diventarne il simbolo attraverso la propria morte. Mahsa è stata arrestata lo scorso 13 settembre da quella che viene definita “polizia morale“, un’unità speciale che si occupa di vigilare sulla corretta osservazione delle norme di vestiario e comportamento imposte alle donne in Iran.

La sua unica colpa è stata quella di avere una ciocca di capelli ‘fuori posto’, non coperta dall’hijab. Tre giorni dopo l’arresto la ragazza è finita in coma, per poi trovare la morte. Il capo della polizia di Teheran, il generale Hossein Rahimi, parla di uno “sfortunato incidente” affermando che la ragazza sia morta di infarto. I media e la famiglia denunciano invece gravi percosse subite dalla ragazza, morta in ospedale a causa delle conseguenze del pestaggio subito dalle forze di polizia.

La diffusione della notizia ha acceso la miccia. Migliaia di donne e studenti (anche uomini) sono scesi in piazza per protestare contro la repressione della ‘polizia morale’ rivendicando i propri diritti. Nelle strade, nei luoghi di aggregazione e nelle università di Teheran, Isfahan, Karaj, Mashhad, Rasht, Saqqes e Sanandaj si assiste alle stesse scene: hijab dati alle fiamme, donne che tagliano le proprie ciocche dei capelli urlando il nome di Masha. Una roboante denuncia che la polizia non riesce a reprimere nemmeno nel sangue: ieri sono morte 5 persone nella regione kurda del Paese a causa dell’intervento delle forze armate, secondo l’ong curda Hengaw Organization for Human Rights almeno 75 persone sono rimaste ferite e 250 tratte in arresto. Ma la protesta continua.

E chi non scende in piazza fa sentire la propria voce sui social. La giornalista iraniana e attivista Masih Alinejad ha dichiarato attraverso Twitter: “le donne iraniane mostrano la loro rabbia tagliandosi i capelli e bruciando i loro hijab per protestare contro l’uccisione di Masha Amini ad opera della polizia dello hijab. Dall’età di 7 anni, se non ci copriamo il capo non possiamo andare a scuola o avere un lavoro. Siamo stufe di questo regime di apartheid di genere”. L’attivista ha fatto riferimento a “The Handmaid’s Tale“, romanzo di Margaret Atwood, definendolo “realtà per le donne iraniane“: nel libro (ispirato all’Iran), il regime al governo negli USA segrega le donne americane, picchiate dalla polizia se non rispettano le regole alle quali vengono sottoposte.

Se mai ce ne fosse ancora bisogno, questo è il colpo di grazia alla teoria secondo la quale le donne accettino di buon grado, come usanza culturale, di indossare hijab, niqab o burka. Sotto l’attuale governo di Ebrahim Raisi, in Iran, sono state inasprite le regole riguardanti il velo e le conseguenti pene per chi contravviene a un’imposizione adottata nel 1979, in seguito alla rivoluzione islamica. Ma le donne sembrano volersene liberare. In Occidente, la parte del mondo in cui le donne hanno “uguali e pieni diritti”, la notizia non è passata inosservata, ma le critiche sono state piuttosto blande.

L’Onu ha denunciato “la violenta repressione” delle manifestazioni con un comunicato nel quale si legge: “l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ad interim, Nada Al-Nashif, ha espresso preoccupazione per la morte di Masha Amini e per la reazione violenta delle forze di sicurezza alle manifestazioni che ne sono seguite“, chiedendo inoltre un’indagine “tempestiva e indipendente” sulla morte della giovane. Il capo della diplomazia europea, Joseph Borrell, ha definito “inaccettabile” la morte di Masha, per la Francia è stata invece “profondamente scioccante“.

C’è forse il rischio che, sotto la minaccia del politically correct, si preferisca non parlare male del velo per non ‘offendere’ una cultura diversa dalla nostra? L’attivista Alinejad aveva affermato in proposito: “in Iran, mi è stato detto che se non avessi indossato l’hijab sarei stata espulsa da scuola, imprigionata, frustata, picchiata ed espulsa dal mio paese. In Occidente mi è stato detto che raccontare la mia storia provocherà islamofobia. Sono una donna del Medio Oriente e ho paura dell’ideologia islamica“. Sarebbe ora di darci un taglio, come hanno fatto le donne dell’Iran.

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