Le elezioni del 25 settembre e la tristezza degli intellettuali folgorati dall’astensione

StrettoWeb

Per la prima volta nella storia della Repubblica assistiamo ad una tristissima campagna per l’astensione, alimentata da intellettuali e grandi media. Ma chi ha davvero paura della gente che va a votare?

Chi ha paura del voto e perché? Le elezioni non sono forse il momento più alto della democrazia? Democrazia, cioè “forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite rappresentanti liberamente eletti“. Il 25 settembre l’Italia torna al voto per le elezioni politiche, eppure per la prima volta dopo 76 anni dalla nascita della Repubblica, assistiamo ad una tristissima campagna a favore dell’astensionismo, una becera lotta di potere azionata evidentemente per respingere il cambiamento e mantenere lo “status quo”. Ci chiediamo, infatti, chi può avere davvero paura se la gente va a votare, in una democrazia sana. Chi, e soprattutto perché? Abbiamo letto sgomenti l’editoriale di Fabio Fazio con cui già il 30 giugno l’autorevole conduttore TV volto noto della RAI iniziava a riabilitare l’astensione: “Non votare è ribellione“.  Poi, pochi giorni fa, è stato addirittura Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera a sdoganare definitivamente sul principale quotidiano nazionale la scelta del non voto: “Ecco perché talvolta l’astensione è legittima“. E poi c’è Pino Aprile su LaC che addirittura invita ad annullare la scheda elettorale.

Questa improvvisa folgorazione degli intellettuali, o presunti tali, per l’astensione desta più di qualche sospetto: è possibile che siano diventati adesso tutti “no voto” proprio quando, 14 anni dopo l’ultima volta, il centrodestra è nettamente in vantaggio secondo tutti i sondaggi? Dove sono andate a finire tutte le rivendicazioni sull’importanza della partecipazione democratica e sul senso civico dell’impegno alla scelta nelle urne? Non è passato neanche così tanto tempo da quando i principali quotidiani del Paese celebravano la sentenza della Cassazione secondo cui era vietato fare propaganda per l’astensione con addirittura tra 6 mesi e 3 anni di galera per chi avesse invitato la gente a disertare i seggi:

Un po’ tutti i partiti e i movimenti civici e sociali, per tutta la storia della nostra Repubblica si sono sempre impegnati a sostenere l’affluenza alle urne che è sempre stata un sinonimo di civiltà. Oggi scopriamo che improvvisamente non è più così, anzi celebriamo addirittura il valore di chi non si reca a votare dandogli un riconoscimento, comunque soltanto morale, dimenticandoci di dire che astenersi significa suicidarsi, lasciare che gli altri decidano per te e per giunta alimentare l’importanza del voto di scambio, del voto corrotto e del voto non sano.

La verità è una, ed è sempre la stessa: con l’unica eccezione del referendum abrogativo che prevede il raggiungimento del quorum del 50% e quindi in quel caso e solo in quel caso la scelta del non voto è una scelta nel merito e può determinare il risultato, per tutte le altre elezioni l’astensione è il suicidio sociale e civile di chi si astiene. E’ la rinuncia a un proprio diritto e dovere; è anche – detta in modo infantile – la perdita del diritto di lamentarsi e pretendere risultati concreti dalla classe politica, perché criticare è sempre facile ma se ognuno non si prende le proprie responsabilità come può poi pretendere che ce le abbiano gli altri? L’astensione significa non decidere, non contare nulla, non esprimere il proprio giudizio: la sera dello spoglio conterà soltanto la percentuale delle preferenze tra i votanti, siano essi tanti o pochi, tantissimi o pochissimi. Chi non voterà, come sempre, non conterà nulla. Avrà scelto di non scegliere, si sarà marginalizzato, si sarà auto escluso dalla possibilità di affermare ciò che pensa.

A maggior ragione oggi, se in Italia (e solo in Italia!) ci siamo ridotti con grandi e noti punti di riferimento della vita sociale del Paese che addirittura invitano all’astensione, il popolo non può che fare quanto ci può essere di più ribelle e rivoluzionario ci sia, e cioè approfittare dell’unica occasione che c’è per esprimere la propria opinione, affermare le proprie posizioni e provare a migliorare le cose che non vanno: andare a votare!

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