Reggio Calabria fa i conti col dramma cinghiali: “ormai sono esemplari ibridi. E 3 mesi di caccia sono pochi” | INTERVISTA

StrettoWeb

L’intervista di StrettoWeb a Rocco Palamara, già Presidente dell’Ambito Territoriale Caccia della Città Metropolitana di Reggio Calabria, sul dramma cinghiali e sulla tragedia sfiorata qualche giorno fa sulla Gallico Gambarie: “hanno cambiato le proprie abitudini, mangiano e sono più fecondi”

Non solo, e non più, il pericolo di incontrarli a piedi e in centro città, ma adesso anche su strade a scorrimento veloce, in branco, con il serio rischio di vere e proprie tragedie. L’incidente di lunedì mattina a Reggio Calabria, sulla Gallico-Gambarie, dove due automobilisti si sono ritrovati davanti una cinquantina di cinghiali, uccidendone una decina, deve far riflettere ancor di più – ove ce ne fosse bisogno, in considerazione di quanto già sappiamo sull’argomento – sulla gravissima emergenza che negli ultimi anni sta colpendo l’Italia.

Sì, perché non è un problema più e solo reggino e calabrese, come testimoniano le numerose e frequenti immagini di esemplari in mezzo alle strade o alle spiagge della penisola, dal centro di Roma al nord di Genova. Ma perché succede questo? Perché con sempre maggiore frequenza e perché non si prova a mettere fine al problema? Abbiamo provato a rispondere a tante domande insieme a un esperto, Rocco Palamara, già Presidente dell’Ambito Territoriale Caccia della Città Metropolitana di Reggio Calabria: “tralasciando il fatto che ormai non sono cinghiali veri e propri, ma ibridi, in quanto incrociati coi maiali – confessa Palamara a StrettoWeb – questi animali hanno cambiato le proprie abitudini. Mangiano tanto, quindi sono più fecondi, portano a compimento gli allattamenti e, in virtù di una montagna sempre più abbandonata, dove il cibo scarseggia anche per la presenza di troppi esemplari, scendono giù in città, dove trovano terreno fertile”.

Il ripopolamento ha influito? Per Palamara in parte: “quelli sì, anche se sono avvenuti 15 anni fa, ma è anche la presenza del Parco a favorire il tutto. Da lì, infatti, negli anni passati si sono proliferati, sono usciti e non sono più rientrati, per l’abbandono della montagna e per la presenza dei lupi. Così sono scesi in città, dove il cibo c’è e basta per tutti”. E al ripopolamento, che ha favorito una presenza sempre più ampia e sempre più frequente, in termini di riproduzione, è seguito anche un limite nei mesi di caccia a questi esemplari: “si può cacciare tre mesi l’annoprosegue Palamara ai nostri microfoni – da ottobre a dicembre o da novembre a gennaio, in base alle Regioni, e poi c’è la caccia di selezione, che però non è libera, ma avviene in casi di emergenza, quando le squadre di cacciatori selettori intervengono nel caso in cui alcuni esemplari stiano creando disagi”. Per l’ex Presidente ATC, però, “tre mesi sono pochi, ed è questo il vero problema che non sta facendo altro che acuire l’emergenza. “Non solo tre mesi sono pochi, ma sono ancora più ridotti dal fatto che si tratta di mesi invernali, dove spesso piove e quindi si limita ancora di più la frequenza. C’è stata la Conferenza Stato-Regioni in cui si era approvato l’allargamento a quattro mesi l’anno, ma poi nei calendari venatori non è stato inserito il quarto mese e tutto è rimasto come prima. Solo in Sicilia, che però è Regione a Statuto Speciale, i Comuni autorizzano le squadre, con la presenza della Polizia Municipale, a cacciare anche fuori stagione”.

Aumentare i mesi di caccia, dunque, o l’emergenza rimane e anzi aumenterà: “l’anno scorso ho scritto più volte al Prefetto per segnalare la presenza di un branco di 20 cinghiali a Via Lia, a un passo dall’Autostrada. Se fossero entrati lì sarebbe stata una strage. Se c’è la possibilità che, col tempo, vivendo in città, perdano un po’ di aggressività? Alcuni caratteri l’esemplare li ha un po’ persi, è vero, perché è abituato ad avvicinarsi alle persone, ma c’è sempre la variabile cuccioli. Si pensi che un maiale, e non un cinghiale, se è insieme ai cuccioli è molto più pericoloso di un cinghiale da solo, perché per difendere i figli mantengono quella loro aggressività”. E il problema adesso, come detto, è anche per gli automobilisti. Automobilisti che, tra l’altro, non sono neanche tutelati a dovere da un’assicurazione ad hoc in caso di incidenti come quello di lunedì: “una assicurazione specifica non esiste – conclude Palamara – ma a rispondere di Fauna Selvatica è la Regione. E’ a questo ente che bisogna rivolgersi in caso di sinistri”.

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