Energia, in arrivo il piano Ue: “obbligatorio taglio dei consumi di luce del 5% nelle ore di punta”

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Ai Paesi dovrebbe essere chiesto di tagliare la domanda di elettricità mensile del 10%, di cui il 5% nelle ore di punta: le dichiarazioni del presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen

Oggi l’Unione Europea conoscerà il pacchetto di misure redatto dall’esecutivo per il contenimento dei consumi. In queste i vertici sono al lavoro per perfezionare e concretizzare le proposte contro il caro energia, sarà il presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen a renderlo pubblico. Ai Paesi dovrebbe essere chiesto di tagliare la domanda di elettricità mensile del 10%, di cui il 5% nelle ore di punta: potrebbe essere previsto un tetto di 180-200 euro per MWh sui ricavi dei produttori di energia elettrica “infra marginali” (cioè tutte le fonti diverse da quelle fossili) e un prelievo del 33% sui “super profitti” delle società che forniscono elettricità da fonti fossili (quindi gas, petrolio, raffinerie) che verrà destinato a un “contributo di solidarietà” per compensare gli alti prezzi pagati dai consumatori e dalle imprese più vulnerabili. Inoltre, come detto, viene proposta una riduzione obbligatoria del 5% del consumo di elettricità nelle “ore di picco”, una quantità di risparmio che corrisponda ad almeno il 10% delle ore ogni mese.

“E’ sbagliato che si possano avere redditi straordinari e profitti eccessivi a ridosso di una guerra”, ha affermato von der Leyen durante il discorso sullo stato dell’Unione nell’Aula dell’Europarlamento di Strasburgo, spiegando l’idea di imporre “un massimale su redditi ad aziende che producono elettricità a basso costo”. Gli Stati membri dell’UE “hanno già investito miliardi di euro per assistere le famiglie vulnerabili. Ma sappiamo che questo non sarà sufficiente”, ancora il presidente della Commissione europea, “per questo proponiamo un tetto ai ricavi delle aziende che producono energia elettrica a basso costo”. Queste aziende “stanno realizzando ricavi che non hanno mai contabilizzato, che non si sarebbero mai nemmeno sognati”, dice von der Leyen, “nella nostra economia sociale di mercato, i profitti sono buoni, ma in questi tempi è sbagliato ricevere straordinari profitti record beneficiando della guerra e sulle spalle dei consumatori. In questi tempi, i profitti devono essere condivisi e convogliati a chi ne ha più bisogno”.

Von der Leyen riconosce che non è soltanto una questione di speculazione: “la Russia continua a manipolare attivamente il nostro mercato energetico. Preferiscono bruciare il gas piuttosto che erogarlo. Questo mercato non funziona più. La crisi climatica pesa pesantemente sui nostri conti. Le ondate di calore hanno aumentato la domanda di elettricità. La siccità ha chiuso le centrali idroelettriche e nucleari – prosegue von der Leyen – di conseguenza, i prezzi del gas sono aumentati di oltre 10 volte rispetto a prima della pandemia. Sbarcare il lunario sta diventando fonte di ansia per milioni di aziende e famiglie”.

“I nostri amici nei paesi baltici hanno lavorato duramente per porre fine alla loro dipendenza dalla Russia. Hanno investito in energie rinnovabili, terminali GNL e interconnettori. Questo costa molto. Ma la dipendenza dai combustibili fossili russi ha un prezzo molto più alto. Dobbiamo sbarazzarci di questa dipendenza in tutta Europa. Pertanto abbiamo concordato lo stoccaggio congiunto. Ora siamo all’84%: stiamo superando il nostro obiettivo – ha illustrato Ursula von der Leyen – . Ma questo purtroppo non basterà. Abbiamo diversificato dalla Russia a fornitori affidabili. Stati Uniti, Norvegia, Algeria e altri. L’anno scorso, il gas russo ha rappresentato il 40% delle nostre importazioni di gas. Oggi è sceso al 9% per quanto riguarda il gas via gasdotto”. Rimane ancora molto controversa resta invece la proposta di un “price cap”, un tetto al prezzo del gas russo, con la possibile estensione anche al gas di altra provenienza. La proposta sarà probabilmente esaminata dai capi di di Stato e di governo al vertice informale di Praga del 6 e 7 ottobre, ma ci sono molti Paesi (soprattutto quelli al confine con la Russia) che stanno facendo molta resistenza, oppure non hanno preso una decisione chiara (come la Germania).

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