Gianfranco Miccichè è stato eletto senatore alle ultime elezioni politiche, ma sulla decisione di andare a Roma frena: “non ho ancora scelto. Ho detto che avrei cambiato le cose sulla Sanità in Sicilia, non lascio tutto com’era prima”
“Non mi basta sapere che i Fori imperiali sono belli e vogliono mandarmi a Roma. Io ho preso un impegno. Non dico ‘abbiamo scherzato, vado a fare il capogruppo al Senato’ e lascio qui tutto com’era. Se non danno la Sanità al mio partito io resto in Sicilia”. Sono queste le ferme parole, rilasciate in un’intervista all’edizione locale di Repubblica, del coordinatore regionale di Forza Italia, Gianfranco Miccichè, che dice di non avere ancora scelto se restare all’Ars o se traslocare a Palazzo Madama dopo la vittoria alle ultime elezioni. Nel corso del vertice con il neo governatore Renato Schifani, il presidente del Parlamento regionale ha spiegato che non intende fare alcun indietro sull’assessorato alla Sanità.
“Proprio con Musumeci ho rotto per questo tema quindi la nostra richiesta non è solo legittima: è obbligatoria. Ho detto che avrei cambiato le cose, da due anni studio il settore. Serve un maggiore uso del privato. Può piacere o no, ma alla Regione costa meno – aggiunge Miccichè – . E poi succedono cose strane”. “I mancati pagamenti alle strutture convenzionate, ad esempio – spiega – . Abbiamo approvato una legge che stanzia 20 milioni, ma ogni giorno c’è un cavillo per non effettuare i pagamenti. Serve un manager”. “Schifani – dice Miccichè – sta cercando persone competenti. Ora, io non credo che si riferisca a un medico, ma a qualcuno che abbia capacità manageriali. E allora sì, profili ne abbiamo tanti, sia tra i deputati che fuori. Schifani non ha in mente un ingegnere per le Infrastrutture o un agricoltore per l’Agricoltura. Io spero che Cascio possa entrare all’Ars, ma non basta. Marchionne non era un meccanico, era un grandissimo manager. Se stiamo cercando un medico, non sono d’accordo”.
“Non ho ancora deciso se andrò a Roma, certo che lo farei volentieri a Roma, ma colgo la volontà dell’establishment: non vedono l’ora che Miccichè se ne vada. Mettiamo in chiaro una cosa: io vado a Roma soltanto se ho la certezza che in Sicilia si cambia. Finché io sarò presente – sottolinea – , certi schemi non si potranno replicare. E lo dico perché ho pagato un prezzo molto caro: non ho rinunciato alla presidenza dell’Ars per un capriccio, l’ho fatto per porre fine a un sistema in cui ci si chiudeva in una stanza e nessuno sapeva niente. Quindi, altroché Senato: se non si arriva a una sintesi, non esco dalla Sicilia manco per andare in vacanza”.
Infine, su un ritocco alla legge elettorale Miccichè si dice d’accordo. Il sistema maggioritario, nonostante l’abbia voluto anche Forza Italia, “va cambiato. E’ un sistema per Paesi maturi, il ritorno al proporzionale mi sembra quasi scontato. Per il 2023 si potrebbe arrivare al cambio della legge elettorale e a un ritorno alle urne. Ma la mia è solo una previsione, se ne fossi certo sarei felice di andare a Roma a partecipare a questo cambiamento”.