La nota di Michele Conia – Unione Popolare sull’imprenditore Pino Masciari
“Vogliamo capire meglio. Vogliamo capire di più. Vogliamo capire perché lo Stato decide di abbandonare uno dei suoi figli. A maggior ragione se questo figlio ha deciso da che parte stare, quando con coraggio ha rivendicato la sua appartenenza allo Stato denunciando pezzi importanti della mafia calabrese”. Lo afferma in una nota Michele Conia – Unione Popolare.
“Non riusciamo a comprendere, dunque, come Pino Masciari sia ormai da considerare così inutile da essere abbandonato dalle Istituzioni che lui stesso ha fortemente difeso. “Il più grande testimone di giustizia italiano”: così lo definì il procuratore generale Pierluigi Vigna. Un testimone di giustizia che prima però è stato un uomo, un imprenditore che ha avuto il coraggio della denuncia. Che non ha arretrato e che non solo ha reso possibile l’affermazione delle regole dello Stato, ma ha dato a tutti noi il senso di una speranza che sembrava vacillare e la forza e la coscienza degli uomini liberi”.
“Vogliamo capire perché, dopo 25 anni di deportazione e di incertezza del domani, a questo uomo e alla sua famiglia viene revocata, dallo Stato che lui stesso ha difeso, la scorta che in questi anni lo ha giustamente protetto. Perché, in qualche stanza di uno Stato sempre più lontano, si decide di mettere a rischio l’incolumità di Pino Masciari e della sua famiglia”.
“Da persone libere riteniamo doveroso esprimere la nostra totale indignazione e con forza, in ogni luogo dove il dibattito democratico sia possibile, portare la nostra protesta più forte. Non si può svilire in questo modo una battaglia combattuta da servitori dello Stato e da cittadini onesti che non hanno indietreggiato e che sono stati assassinati. Non vogliamo che succeda ancora. Non vogliamo che succeda a Pino Masciari e alla sua famiglia. Perché se lo Stato dimentica, la ‘ndrangheta conserva il ricordo per sempre. Chiederemo, anche nelle sedi istituzionali, al Ministero dell’Interno, di rivalutare con urgenza e revocare tale provvedimento. Ci faremo carico di chiedere agli altri comuni calabresi di fare altrettanto. Perché ognuno di noi, oggi, si sente meno libero e più indifeso”.