Dispersione scolastica a Messina: come salvare i ragazzi da povertà e criminalità

Stello Vadalà, Provveditore degli studi di Messina, analizza la piaga della dispersione scolastica: dati, cause e possibili soluzioni

StrettoWeb

Parlare di dispersione scolastica basandosi solo sui dati forniti dall’osservatorio di area di rete è riduttivo perché, oltre ai ragazzi che non frequentano, ci sono quelli che, pur seguendo un regolare percorso di studi e quindi occupando un banco, non apprendono. Infatti, prendendo in esame i dati Invalsi si capisce che i ragazzi che hanno conseguito un diploma di scuola media secondaria di secondo grado, non hanno raggiunto il livello minimo di competenza.

Ciò significa che la loro partecipazione alle attività didattiche si è limitata alla sola presenza quasi passiva e non anche al coinvolgimento partecipativo. Il provveditore Vadalà ritiene che la dispersione scolastica vada affrontata puntando su un intervento inter istituzionale in quanto, sono diverse le componenti che, lavorando in sinergia, possono dare risposte adeguate. Ancora, Vadalà afferma che occorre far capire ai ragazzi che l’istruzione non è soltanto finalizzata al posto di lavoro ma deve essere vista come un arricchimento ulteriore, proprio e personale.

L’Italia nel campo della dispersione scolastica detiene un primato certamente non gratificante, l’ultimo posto in classifica. In Sicilia la percentuale dei ragazzi che abbandonano prematuramente il percorso di studi è il doppio rispetto alla media nazionale.

Prendendo in esame la situazione di Messina ci accorgiamo che la città dello Stretto ha un tasso di abbandono scolastico altissimo e le zone dove maggiormente si registra questo fenomeno sono le periferie più emarginate, quelle con un alto rischio di criminalità in particolare nei quartieri di Gazzi, Camaro e Giostra. Qui la percentuale sfiora il 18%. A far aumentare la percentuale di dispersione scolastica, ci si è messa pure la pandemia. A tal proposito il Provveditore Vadalà ha dichiarato che durante la pandemia, le famiglie hanno fatto di tutto affinché i loro ragazzi seguissero la DAD. “Lo Stato, con il Governo allora in carica – ha proseguito Vadalà – ha messo a disposizione qualsiasi strumento possibile per venire incontro alle esigenze dei singoli istituti e dei ragazzi in particolare. Ha acquistato delle schede telefoniche da diversi gestori affinché, a ciascun studente potesse venire assegnata la scheda del gestore che offriva la migliore copertura nella zona della città dove abitava lo studente e quindi, avere la possibilità di seguire le lezioni in modalità hotspot“.

Ancora il Provveditore ha fatto presente che si è lavorato affinché agli studenti giungessero i Tablet messi a disposizione dallo Stato e perché nessuno di loro rimanesse solo. “Tutti gli studenti – ha affermato Vadalàsono stati seguiti, invogliati, incentivati. Nessuno può dimenticare che quello della pandemia è stato un momento particolare di totale emergenza, e le Istituzioni hanno fatto il possibile e l’impossibile per non lasciare indietro nessuno. Adesso occorre recuperare i due anni “perduti” puntando sulla socializzazione e, per questo motivo – dichiara il Provveditore – l’ufficio scolastico provinciale in collaborazione con l’amministrazione comunale sta organizzando degli spettacoli per aiutare i giovani a socializzare, a riprendersi i loro spazi e recuperare quella parte di habitus mentale da cittadino leale ed onesto che vuole viverre a pieno la città”. A tale scopo, un buon contributo è offerto dalla mostra itinerante dedicata alla vita e al percorso professionale dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino esempi di dedizione allo Stato e modello di integrità morale.

Purtroppo però, se si prende anche in esame l’ultimo report di Save the Children si capisce come l’aumento della povertà abbia influito anche sull’abbandono scolastico mettendo a rischio i percorsi educativi, infatti, il 1.400.000 ragazzi in povertà educativa appartengono a 2.100.000 famiglie in povertà economica quasi assoluta. Ed ancora, un dato veramente preoccupante è quello offerto dall’Istat che nel 2021, ha osservato che il tasso di disoccupazione elevatissimo in Sicilia, Palermo 42,5%, Catania 38,7% e Messina 35,1%, corrispondente agli ultimi posti della classifica, influisce sulla dispersione scolastica che invece risulta essere ai primi posti in Italia. I ragazzi che abbandonano il percorso di studio spesso si avvicinano alla criminalità organizzata che li utilizza per i loro scopi illeciti. A tale proposito il provveditore Vadalà dichiara che “la scuola è ‘Stato’ e come tale, farà di tutto affinché questi ragazzi riprendano il loro percorso di studi. Certamente – afferma il Provveditore – non si può far finta di non vedere quello che succede fuori dalla scuola ma, certamente pochi sono gli interventi a disposizione. Uno strumento che la scuola può utilizzare è la sensibilizzazione; far capire ai ragazzi che il problema si combatte dando fiducia alle Istituzioni e, soprattutto studiando per uscire dall’emarginazione culturale che porta all’isolamento sociale“.

Altro aspetto da tenere in considerazione riguarda il numero esiguo di classi a tempo pieno che influenzerebbe l’aumento della dispersione scolastica. Molte famiglie che hanno un lavoro non regolare sono soggette a turni massacranti e, per tale motivo, non riescono a controllare se i figli vanno a scuola o se hanno cibo per sfamarli etc., Fino a qualche anno fa, Messina aveva una dispersione scolastica bassa e un numero elevato di classi a tempo pieno. Poi la situazione si è modificata anche perché sono rimasti pochissimi gli istituti provvisti di mensa scolastica.

L’aspetto più preoccupante riguarda la destinazione dei fondi del PNRR che, da un primo esame, sembrerebbe non fossero stati destinati agli istituti scolastici che insistono nelle aree degradate. Infatti, le somme stanziate per combattere la dispersione scolastica a Messina e provincia sono state 7.821.816,39 euro. Nel capoluogo cittadino solo 9 istituti superiori e 5 comprensivi hanno ricevuto tali somme, le scuole situate in aree a rischio non hanno ricevuto nulla. Una ripartizione che certamente discrimina soprattutto gli istituti che operano in contesti socio-economici difficili.

Probabilmente sarebbe il momento propizio per insistere sul Governo nazionale affinché riconsideri la distribuzione dei fondi del PNRR, assegnando somme adeguate alle città con un indice molto alto di dispersione scolastica. Non si possono prendere come oro colato i dati Invalsi, anche perché un questionario valuta in maniera asettica solo alcuni aspetti dell’apprendimento e non anche le proposte educative messe in campo da docenti che guardano ai bisogni educativi di tanti ragazzi. Pertanto, diventa indispensabile aumentare le risorse per l’istruzione, cercando di adeguarle alla media europea, un investimento che consentirebbe in primis di elevare il livello culturale dei ragazzi e conseguentemente preparare la base per costruire il futuro della nazione che non può fare a meno della creatività e della forza propulsiva di giovani professionalmente preparati ad affrontare le sfide che gli altri paesi europei si pongono davanti.

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