I ministri di Italia, Malta, Cipro, Grecia contro le navi delle Ong

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La nota dei ministri di Italia, Malta, Cipro, Grecia contro le navi delle Ong: “non rispettano le regole internazionali”

“L’Italia, la Grecia, Malta e Cipro, in quanto Paesi di primo ingresso in Europa, attraverso la rotta del Mediterraneo centrale ed orientale, si trovano a sostenere l’onere più gravoso della gestione dei flussi migratori nel Mediterraneo, nel pieno rispetto di tutti gli obblighi internazionali e delle norme dell’Ue”. È quanto affermano in una nota congiunta i Ministri dell’Interno di Italia, Malta e Cipro e il ministro della Migrazione e dell’Asilo della Grecia, che rivolgendosi alla Commissione Europea e alla Presidenza ritengono “urgente e necessaria una discussione seria su come coordinare meglio le operazioni nel Mediterraneo”.

“Abbiamo sempre sostenuto con forza la necessità di sviluppare una nuova politica europea in materia di migrazione e di asilo, realmente ispirata ai principi di solidarietà e responsabilità, e che sia equamente condivisa tra tutti gli Stati membri – rimarcano – il 10 giugno scorso abbiamo approvato una dichiarazione Politica che istituisce un meccanismo di relocation temporaneo e volontario, nonostante i Paesi Med 5 sostenessero uno schema di relocation obbligatoria. Purtroppo, il numero di impegni di relocation assunti dagli Stati membri partecipanti rappresenta solamente una frazione molto esigua del numero effettivo di arrivi irregolari che abbiamo ricevuto finora nel corso di questo anno. Inoltre, a tutt’oggi il meccanismo si è dimostrato lento nel raggiungere il suo obiettivo dichiarato di alleviare quell’onere a cui tutti noi, come Stati membri di prima linea, siamo costantemente esposti, in quanto finora solo un esiguo numero di relocation è stato effettuato”.

“In attesa di un accordo su un meccanismo di condivisione degli oneri che sia efficace, equo e permanente, non possiamo sottoscrivere l’idea che i Paesi di primo ingresso siano gli unici punti di sbarco europei possibili per gli immigrati illegali, soprattutto quando ciò avviene in modo non coordinato sulla base di una scelta fatta da navi private, che agiscono in totale autonomia rispetto alle autorità statali competenti”, rimarcano. “Ribadiamo la nostra posizione sul fatto che il modus operandi di queste navi private non è in linea con lo spirito della cornice giuridica internazionale sulle operazioni di search and rescue, che dovrebbe essere rispettata. Ogni Stato deve esercitare la giurisdizione e il controllo sulle navi battenti la propria bandiera”, concludono.

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