La verità sul mini-vitalizio di Scopelliti e l’ennesima arma di distrazione di massa

Scopelliti nuovamente sbattuto in prima pagina con il pretesto di un "mini-vitalizio" che gli spetta di diritto: sono soldi suoi e nessuno glieli può contestare. Anzi la sua storia politica, dai successi del modello Reggio alla dignità delle dimissioni da Governatore, dovrebbe imbarazzare chi ha ancora il coraggio di continuare a chiamarlo in causa

StrettoWeb

Non c’è pace per Giuseppe Scopelliti: il Sindaco che rese grande Reggio Calabria più si allontana dalla politica e più ne viene tirato in ballo con vere e proprie bufere mediatiche alimentate dal più barbaro odio sociale. L’ultima balla data in pasto al popolino è quella del “maxi vitalizio” che Scopelliti starebbe quasi quasi “rubando” alla cittadinanza, o almeno così è stato raccontato nelle scorse ore. E invece Scopelliti non ha nulla di “maxi” e soprattutto nulla di più di quanto gli spetta per legge.

L’ex Sindaco e Governatore, infatti, ha diritto alla pensione come tutti gli altri lavoratori italiani. E ha fatto richiesta di liquidazione anticipata rinunciando al 15% di quanto gli sarebbe spettato se avesse atteso i 60 anni di età. In termini pratici, Scopelliti dopo aver compiuto 55 anni ha preferito rinunciare alla cifra che gli spettava, per vedersi riconosciuta una pensione che in valori netti, quindi reali, sarà di circa 2.500 euro mensili. Che sono soldi, certo. Ma sono soldi di Scopelliti: gli sono dovuti in quanto ha lavorato e versato i contributi, evidentemente ne avrà bisogno se ha preferito rinunciare ad una porzione così ingente pur di averli prima, e non sono certo cifre esagerate a maggior ragione rispetto al livello di emolumenti, pensioni e vitalizi abitualmente riconosciuti ai politici del nostro Paese. Scopelliti, lo ricordiamo, è stato per tre anni Consigliere Comunale di Reggio Calabria, poi per cinque anni Presidente del Consiglio Regionale della Calabria, poi per 2 anni Assessore e Consigliere Regionale, poi ancora per 8 anni Sindaco di Reggio Calabria, poi ancora per 4 anni Presidente della Regione Calabria. Dopo 22 anni di servizio tra l’altro ad un livello così alto in cui ha versato contributi enormi nelle casse pubbliche, adesso dovrebbe forse avere una pensione di cento euro?

Per avere un metro di paragone, basterebbe guardare quanti sono gli altri politici calabresi che ottengono il vitalizio: secondo i dati ufficiali forniti dalla Regione sono più di 145, e tra quelli che hanno l’assegno più ricco spiccano Mario Pirillo (7.520 euro), Peppe Bova (7.505 euro), Nicola Adamo (6.759 euro), Pasquale Tripodi (6.419 euro), Michelangelo Tripodi (6.269 euro). Ci sono anche gli ultimi due governatori della sinistra (Mario Oliverio con 2.848 euro e Agazio Loiero con 6.097 euro), c’è Sandro Principe (5.152 euro), c’è Pietro Fuda (4.431 euro) e ci sono moltissimi altri. Per tutti vale la stessa regola: hanno lavorato, hanno pagato i contributi, questi soldi gli spettano di diritto. Ovviamente, come per tutti gli altri cittadini italiani, a prescindere da ogni eventuale condanna giudiziaria. Che tra l’altro Scopelliti ha espiato completamente, distinguendosi persino in carcere e nei lavori sociali con particolare e riconosciuta brillantezza.

Cosa deve fare di più quest’uomo per essere lasciato in pace? Oggi sarebbe quantomeno Ministro della Repubblica nel governo della sua destra ormai costretto a seguire da lontano; a Reggio Calabria ha lasciato in eredità il ricordo della stagione più bella ed entusiasmante della storia cittadina e la straordinaria conquista della Città Metropolitana, dalle potenzialità ancora inespresse per l’inadeguatezza di chi l’ha governata fino ad oggi. Ma soprattutto Scopelliti s’è distinto per la straordinaria dignità morale che lo fa emergere rispetto a tanti altri, tristemente attuali, capaci di tutto pur di non perdere la poltrona. Scopelliti, infatti, ebbe il coraggio di dimettersi da Presidente della Regione Calabria (caso unico nella storia) quando, nel 2014, aveva subito la condanna in primo grado nel processo Fallara. Oggi a Reggio c’è chi invece ha la faccia di rimanere saldo al suo posto persino dopo una seconda condanna in Corte d’Appello e chiedere alla città di “resistere ancora un po’” sperando soltanto nella prescrizione per poter tornare in carica effettiva dopo la sospensione scattata per legge. E forse proprio per questo la sinistra ha la necessità di spostare le attenzioni fuori da Palazzo San Giorgio: mentre in città monta la rabbia, i Sindaci della provincia protestano contro l’Amministrazione che li ha ingannati chiedendogli di firmare un documento contro la legge Severino e poi lo ha spacciato pubblicamente come un comunicato di “vicinanza” a Falcomatà, mentre la cittadinanza sta organizzando manifestazioni di piazza per chiedere le dimissioni di una classe dirigente travolta da scandali gravissimi (vedi brogli elettorali) e incapace di garantire le minime e basilari condizioni di vivibilità cittadina (strade carrabili, acqua corrente e raccolta dei rifiuti su tutte), ecco il ritorno del “mostro” Scopelliti a togliere ancora una volta le castagne dal fuoco.

Ma dopo otto anni di disastri, primi e secondi tempi andati come peggio non si poteva, stavolta l’alibi di “quelli che c’erano prima” non può più reggere neanche un secondo. Un avvocato ci ha provato anche nel processo Miramare: con i giudici non è andata bene.

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