Quando assistiamo a disastri come quello di Ischia, la prima riflessione che viene fatta, riguarda i piani regolatori e le sanatorie concesse per quelle abitazione costruite in zone ad alto rischio idrogeologico. Per alcune settimane, nei programmi televisivi di approfondimento politico di tutti i canali sia pubblici che privati, l’argomento centrale è proprio quello in cui la spettacolarizzazione del disastro, diventa argomento da discutere, disquisire e trovare soluzioni il più delle volte, campate in aria. Esempio lampante, durante la pandemia, chiunque partecipava come ospite in queste trasmissioni, escluso i medici virologi o infettivologi che naturalmente non erano mai d’accordo tra di loro, le altre presenze, magari di imprenditori dell’elettricità o di titolari di piccole aziende tessili, o anche di giornalisti tuttologi, improvvisamente, diventano esperti provetti sia in presidi di protezione che in vaccini etc. Purtroppo, quando ci sono di mezzo delle vittime, si dovrebbe avere la decenza di lasciare parlare solo coloro che realmente possono fare considerazione e proporre possibili soluzioni.
Per tornare al problema del dissesto idrogeologico, siamo consapevoli che tra la metà del 1950 e la metà del 1960, anni del cosiddetto boom economico, ogni cittadino ha pensato di investire i propri soldi sul mattone. Vi fu una notevole espansione dell’edilizia, si costruì in zone ad alto rischio e, ogni piano regolatore dell’epoca, fu rimodulato per soddisfare bisogni ed esigenze di coloro che possedevano un piccolo appezzamento di terreno in zone a verde e quindi non edificabili che, improvvisamente si trasformavano in aree edificabili.
Subito dopo, arrivano gli anni della recessione, la carenza di alloggi spinge molti cittadini a costruire case abusive in siti non sicuri come gli alvei dei torrenti o in prossimità di costoni montuosi; amministratori non sempre oculati, con deliberazioni troppo permissive, hanno pensato di sanare tantissime situazioni illegali. Ancora una volta, la cementificazione selvaggia ha violentato la natura che ormai, stanca di subire, quando meno te lo aspetti, reagisce restituendo pan per focaccia. Purtroppo, i morti ormai non si contano più, la sofferenza scuote le coscienze delle persone, le dichiarazioni in politichese di chi non vuole crearsi nemici per poi pagare il fio durante le elezioni, cercano di mitigare una situazione che ormai sta diventando di non ritorno.
Messina rientra tra le città italiane ad alto rischio idrogeologico; quasi tutte le fiumare sono state coperte (tombate, come dicono gli esperti) e diventate snodi importanti per il trasporto gommato. Sulle sponde dei torrenti sono stati costruiti interi quartieri spesso, per accedere ad alcune abitazioni, bisogna necessariamente attraversare il torrente. Qual è la logica che ha permesso ai proprietari di queste case di avere l’autorizzazione edilizia o, una volta costruite illegalmente, accedere a sanatoria? Probabilmente le risposte possono essere tante o magari una sola: irresponsabilità di amministratori troppo distratti o troppo accondiscendenti.
Messina sta cercando di porre rimedio ad alcune situazione di criticità, anche dietro indicazione del governo regionale, ha avviato una serie di interventi; otto milioni di euro concessi dalla Regione Siciliana, per la messa in sicurezza dei torrenti e contrastare il rischio esondazione; interventi di pulizia e di ripristino dei muri d’argine. Oltre alla città, anche dieci comuni della città metropolitana ad alto rischio idrogeologico, riceveranno fondi per un totale di due milioni di euro.
L’ingegnere Leonardo Santoro, a capo dell’Autorità di Bacino, ritiene che il PAI (Piano di Assetto Idrogeologico), possa snellire le procedure per ottenere le autorizzazioni ad effettuare lavori in emergenza di pulizia dei torrenti e quindi, prevenire i rischi alluvioni. I torrenti più a rischio sono: San Michele, sicuramente il più pericoloso, Bordonaro la cui copertura è ormai in fase di ultimazione, Papardo, Zafferia, Mili, Larderia, Acqualadroni, Rodia
L’Assessore Francesco Caminiti ha dichiarato che “nel territorio comunale di Messina ci sono circa trecento zone a rischio, le condizioni climatiche, l’abbandono delle campagne, la desertificazione, l’innalzamento della temperatura, non aiutano i terreni a smaltire le piogge; il comune, in queste zone, ha avviato un costantemente monitoraggio. Tutti gli interventi programmati, dice Caminiti, riguardano prima di tutto i torrenti. Tutti i villaggi di Messina prosegue l’assessore, avevano l’accesso dai torrenti per cui, quelli più a rischio soprattutto dove ci sono gli attraversamenti per accedere alle abitazioni; tra questi il Catarratti Bisconte e il San Michele dove c’è una densità abitativa più elevata rispetto ad altre zone. Nel Catarratti Bisconte dichiara Caminiti, sono stati effettuati lavori di messa in sicurezza che sono ormai nella fase conclusiva per cui, il torrente è stato messo in sicurezza. Il comune di Messina ha effettuato un censimento di tutti i nodi critici, tutte le segnalazioni che pervenivano agli uffici competenti durante gli eventi piovosi di elevata intensità, sono stati presi in carico con particolare attenzione. A seguito della mappatura dei torrenti, continua l’assessore, sono stati fatti dei progetti divisi in tre lotti, tutti finanziati, andati a gara, due sono stati già stati appaltati e andranno in consegna entro il mese di dicembre. Oltre questi tre progetti importanti, dice Caminiti, è stata prevista la pulizia di tutti i torrenti coperti. La situazione di questi torrenti era abbastanza compromessa in quanto i detriti che provengono da monte, avevano ridotto notevolmente il fronte idraulico. Anche la pulizia dei torrenti coperti partirà nel mese di dicembre. Per ogni singolo progetto sono stati avviate delle procedure di progettazione per fare degli interventi un po’ più importanti e radicali. In particolare per il torrente San Michele è stato previsto un progetto simile a quello di Catarratti Bisconte; è previsto l’allargamento la strada a sinistra del torrente con attraversamenti carrabili e, una pista dal lato destro per evitare che i cittadini, per poter accedere alle loro abitazioni, debbono passare nel greto del torrente. Infine, riferisce l’assessore Caminiti, altri due progetti: uno in particolare, riguarda la frana di Tremonti dove vivono quattrocento famiglie, c’è stato e c’è un rischio veramente importante. Il progetto è stato appaltato ed i lavori verranno consegnati nei primi giorni di dicembre. In conclusione, l’assessore Caminiti parla di un progetto di ventinove milioni di euro per la riforestazione urbana ed anche la città metropolitana di Messina ha un analogo progetto che riguarda il villaggio di Pezzolo. Su queste aree si sta pensando al rimboschimento come opere di mitigazione del rischio idrogeologico e della desertificazione”.
Il prof. Giuseppe Aronica, docente di protezione idraulica – dipartimento di ingegneria edile dell’Università di Messina, dichiara che “la situazione del dissesto idrogeologico di Messina è abbastanza complessa perché la città peloritana la cui difficoltà è sia idraulica che geomorfologica, è un’area che è esposta fisicamente a rischio sia, per la sua conformazione geografica anche, per le condizioni morfologiche e climatiche dello Stretto. I maggiori problemi per Messina sono legati ai fenomeni di rischio che nascono da un evento particolare, una pioggia intensa e l’esposizione; le case, le strade le scuole gli ospedali costruiti in zone che sono soggetti a questo tipi di rischio sono in costante pericolo e quindi necessitano di costanti monitoraggi. Non solo Messina, prosegue l’ing. Aronica, ma anche quasi tutta la totalità delle città italiane sono siti particolarmente affollati dove è stato costruito in maniera esagerata anche perché, si veniva da una situazione disastrosa dovuta alla guerra e quindi bisognava fare le case per tutti. Subito dopo questa fase quasi emergenziale, ognuno ha pensato di costruirsi la seconda casa o il villino a mare o in montagna poi, si sono dovute costruire le strade, sono state collocate le scuole quindi, in un territorio piccolo, complesso, qual è Messina, l’effetto dell’urbanizzazione è stato ed è molto pesante. Tra gli anni sessanta ed ottanta dice il prof. Aronica, si è costruito tanto soprattutto in siti dove la particolarità del terreno non lo avrebbe consentito e così, venne fuori Giampilieri, Itala, Rometta, Rodia ma, l’elenco potrebbe essere lunghissimo. Tutte quelle case sono state costruite con le normative e le autorizzazioni di allora oggi, la sensibilità è completamente diversa rispetto al passato. Il PAI (Piani di Assetto Idrogeologico) che ha mappato, disegnato ed individuato le aree a rischio da frane o da inondazione in tutta Italia, ha introdotto in normativa, subito dopo la tragedia di Sarno del 1989 regole ben precise. In Sicilia il primo PAI è stato pubblicato nel 2000 quindi, prima di quel periodo non c’era una normativa stringente. Quello che è stato costruito prima, afferma Aronica, non ha tenuto conto dei possibili rischi; qualcuno probabilmente ha esagerato nel costruire a ridosso del mare, magari nell’euforia generale di costruire, l’edilizia portava e porta soldi, le persone vogliono le case c’è una richiesta di mercato oggettivo e, in quel periodo, probabilmente tutto era un po’ lasco. Oggi non sarebbe possibile”. Una delle soluzioni prospettata da alcuni pseudo amministratori e da pseudo esperti del settore è la delocalizzazione cioè, spostare interi villaggi situati in zone ad alto rischio idrogeologico, in altri siti. Su questo aspetto, il prof. Aronica ha dichiarato che “dopo l’alluvione di Giampilieri, qualcuno ha pensato che sarebbe stato più sicuro spostare le case in un’altra location ma, non è così facile spostare un centro abitato per vari motivi. Intanto, questa operazione anche perché, ha un costo elevato e poi, chi ha una casa che non ha subito danni e quindi è rimasta in piedi, per spostarsi vuole un’alternativa valida, magari pagarlo o comprargli la casa ma, le difficoltà amministrative burocratiche sono enormi. In certe realtà, dice il prof. Aronica, la gente è legata al posto, non si può deportare via, le opere di delocalizzazione non sono un’opera così immediata. Certamente, possono essere messe in atto per edifici di interesse pubblico tipo una scuola che è stata costruita nel letto di un fiume, o troppo vicino al mare; si dovrà troverà un sistema per portare la scuola da un’altra parte ma, anche in questo caso, chi amministra andrà a scontrarsi con i genitori dei bambini che abituati ad avere la scuola vicino casa, troveranno difficoltà a raggiungere un sito più distante”.
Altro elemento ad alto rischio, sempre secondo alcuni esperti, è rappresentato dai torrenti tombati che, risulterebbero essere non sicuri per incuria o cattiva manutenzione. Anche su questo argomento il professore Aronica ha espresso il suo parere, secondo l’ordinario di protezione idraulica, “i torrenti tombati, non è detto che sono quelli a maggior rischio; da uno studio effettuato dal dipartimento di ingegneria dell’Università commissionato dal Comune di Messina, è emerso che per alcuni di questi torrenti, non ci sono grossi problemi, per altri qualche problema per cui, occorre studiare caso per caso e certamente va fatto con attenzione. Bisogna occuparsi soprattutto delle reti di drenaggio dice Aronica, spesso non ce ne accorgiamo perché non muore nessuno ma, quando piove in maniera copiosa, le strade di Messina si allagano creando notevoli problemi di viabilità e soprattutto ai cittadini che si spostano a piedi. Partendo da questi piccoli interventi, verrò pio naturale pensare alla manutenzione e quindi ad opere molto più importanti che riguardano tutti i torrenti”.
Alla luce delle considerazioni fatte dai due esperti, ci sentiamo relativamente tranquilli a vivere a Messina. Certamente l’occasione offerta dai fondi del PNRR non può essere sprecata perché, si potranno risolvere tanti problemi, occorre soprattutto che la burocrazia, nel rispetto delle regole, snellisca le procedure per dare attuazione ai progetti nell’esclusivo interesse della collettività.