“Leggo con piacere che al Museo Archeologico di Reggio Calabria è stata inaugurata una esposizione della collezione di vasi da farmacia, o “albarelli” lì custoditi. Una mostra interessante, perché consente di avvicinarsi ad un importante aspetto della vita quotidiana degli uomini, oggi come allora.
È la giusta occasione per ricordare che esiste un elenco dei principi attivi conservati presso la bottega di uno speziale reggino del XVII secolo, una “bottega di aromataria”, riportato in un atto notarile che è stato trascritto nel volume pubblicato da mio padre “Reggio nella Calabria Spagnola”: in esso troviamo cosa contenevano quei vasi che pertanto non solo sono oggetti artisticamente rilevanti, ma appartengono alla storia del costume e della medicina“. È quanto dichiarato dallo storico Filippo Arillotta.
“Scorrendo rapidamente il lungo elenco, che riporta sia i principi attivi, sia gli attrezzi, troviamo diverse curiosità: innanzitutto molti derivati agrumari (Cedro “Citru”, e limone “Limuni”); poi molti estratti, olii essenziali, confetture. Interessante lo “zuccaru du Palermo” che era usato per i suoi effetti medicamentosi e conservato in farmacia; altri tipi di zucchero sono il “candido”, il “fine” e il “rosato”. Tanti tipi di “pinuli”, pillole, con diversi estratti vegetali, pronti per l’uso. – afferma ancora lo storico reggino – Di provenienza calabrese sicuramente, oltre ai derivati agrumari, presenti in abbondanza, anche la liquirizia, ancora oggi una nostra eccellenza, e la manna, di cui oggi si è persa la produzione ma che all’epoca era rinomatissima: infatti in tantissimi ricettari di speziali si trova impiegata la manna, ma con la raccomandazione “che sia manna calabrese, la più pura ed efficace”.
I nomi delle specialità testimoniano anche di provenienze “esotiche”: non è detto che il nome coincida con la effettiva provenienza, ma la loro presenza testimonia comunque della relazione che questo farmacista reggino aveva con il grande commercio di spezie che vivacizzava il mare Mediterraneo: troviamo citati il “bolo armeno”, “Unguentu egizianu”, “trimintina vinitiana” “pruna damasci” oltre al già citato “Zuccaru du Palermo”.
Molte le erbe aromatiche, frutti e fiori. Particolarmente interessante è la presenza dell’alchechengi, frutto che viene ritenuto esotico, ma le cui virtù diuretiche e contro la gotta erano ben note dall’antichità, come peraltro testimonia il suo nome di chiara derivazione araba. – conclude – Molte altre cose si possono ricavare da un semplice elenco; e forse la bella mostra del MARC può essere l’occasione per avviare un percorso di conoscenza che, ne sono certo, non mancherà di interessare il grande pubblico, specie in tempi come quelli attuali così attenti al recupero di terapie “naturali”.