Reggio Calabria: giornata di studi dedicata ad Alfonso Celi | VIDEO

Nella nuova conversazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà”, è stata ricordata la figura di Adolfo Celi

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Si è svolta venerdì 23 dicembre la conversazione, organizzata dal Circolo Culturale “L’Agorà” sul tema “1922-2022: nel centenario della nascita di Adolfo Celi”. La giornata di studi, organizzata dal sodalizio organizzatore reggino, per la valenza del tema trattato ha ricevuto il patrocinio della Città Metropolitana di Messina e del Comune di Messina. Dopo i saluti di Gianni Aiello (presidente del Circolo Culturale “L’Agorà”, hanno fatto seguito i saluti istituzionali da parte dell’Assessore alla Cultura e al Turismo Enzo Caruso del Comune di Messina, delegato dal Sindaco Federico Basile. Il tema organizzato dal Circolo Culturale “L’Agorà”, è stato analizzato da Antonino Megali (vice Presidente del sodalizio organizzatore), che nel corso del suo intervento ha esaminato le varie vicende artistiche ed umane del famoso attore e regista. Adolfo Celi nasce a Messina il 27 luglio 1922. Era figlio di Giuseppe, prefetto di Grosseto e di Padova e Senatore del Regno d’Italia, e di Giulia Mondello. Dopo aver scoperto la passione per la recitazione, anche grazie a una cinepresa regalatagli dal padre, nel 1942 s’iscrisse all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma. Consegue il diploma nel 1945 mettendo in scena “I giorni della vita” di William Saroyan. Negli anni dell’Accademia conobbe anche Vittorio Gassman, Mario Landi e Vittorio Caprioli.

La sua carriera nel mondo del cinema ebbe inizio nel 1946, quando venne scritturato per il film “Un americano in vacanza” di Luigi Zampa, cui seguirono “Natale al campo 119” (1947) di Pietro Francisci e “Proibito rubare” (1948) di Luigi Comencini. A un certo punto, Aldo Fabrizi gli avanzò una proposta che alla fine risultò decisiva, la partecipazione al film “Emigrantes” (1949), girato in Argentina. Adolfo, infatti, appassionandosi al tema, rimase in Sud America per 15 anni. Si trasferì in Brasile, dove rimase per quindici anni, lavorando prima al teatro TBC di San Paolo, poi fondando, con la moglie Tonia Carrero e Paulo Autran, il Teatro Brasileiro de Comédia di San Paolo e la compagnia di prosa “Carrero-Celi-Autran”; agli inizi degli anni cinquanta la produzione cinematografica Vera Cruz affidò inoltre a Celi la regia dei film “Caiçara” (1950) e “Tico-Tico no Fubá” (1952) e, sempre in Brasile fu protagonista in varie produzioni cinematografice, come “L’uomo di Rio” (1964). Rientrato in Italia nei primi anni sessanta, trovò un cinema molto diverso da quello che aveva lasciato e in pieno sviluppo. Si specializzerà nelle parti del cattivo, sia nei film western o d’azione sia, con una certa autoironia, nelle commedie, dove interpretò frequentemente personaggi malvagi o potenti. Tra i pochi attori italiani in grado di recitare anche in inglese, grazie alla bravura e alla preparazione professionale venne ingaggiato come protagonista o comprimario in numerosi film internazionali, ottenendo anche il ruolo del villain nella saga dei film James Bond Agente 007 – “Thunderball (Operazione tuono)”, per poi ottenere ruoli importanti in altri film tra cui: “Il tormento e l’estasi” (1965) di Carol Reed, “Il colonnello Von Ryan” (1965) di Mark Robson, “Grand Prix” (1966) di John Frankenheimer, “Masquerade” (1967) di Joseph L. Mankiewicz, “E venne un uomo” (1965) di Ermanno Olmi, “Diabolik” (1968) di Mario Bava. Nel 1969 uscì l’unico film italiano da lui diretto, realizzato con i suoi compagni d’accademia Vittorio Gassman e Luciano Lucignani, l’autobiografico “L’alibi”, “La villeggiatura” (1973) di Marco Leto, “Il fantasma della libertà” (1974) di Luis Buñuel. In Italia raggiunse l’apice del successo quando entrò a far parte del cast della fortunata trilogia composta da “Amici miei” (1975), “Amici miei – Atto IIº “ (1982) e “Amici miei – Atto IIIº “(1985), dove ricoprì il ruolo del professor Sassaroli, un brillante primario ospedaliero annoiato dal lavoro, che si unisce alle allegre “zingarate” di un gruppo di amici fiorentini.

Sul piccolo schermo interpretò nel 1972 il ruolo di un medico nazista nel film “Il sospetto” diretto da Daniele D’Anza. Sempre nello stesso anno Adolfo Celi è protagonista nello sceneggiato “Joe Petrosino”, che andò in onda in 5 puntate e che venne diretto dal regista Daniele D’Anza. Successivamente, siamo nel 1975, sempre con lo stesso regista, Adolfo Celi interpreta il ruolo di Don Mariano D’Agrò ne “L’amaro caso della baronessa di Carini”, uno sceneggiato in 4 puntate. Grande popolarità aveva ottenuto anche con il personaggio di James Brooke, ennesimo cattivo, nel televisivo Sandokan (1976) di Sergio Sollima. Nel 1981 prese parte al kolossal storico televisivo inglese “I Borgia”, in cui interpretò (dopo avere impersonato vari prelati e cardinali) la parte di Rodrigo Borgia, salito al soglio pontificio come Papa Alessandro VI. Tornato al teatro negli anni ottanta, venne ricoverato per infarto la sera della rappresentazione teatrale dei Misteri di Pietroburgo di Dostoevskij al teatro di Siena. Vittorio Gassman prese il suo posto sul palcoscenico. Il 19 febbraio 1986 Celi morì, all’età di 63 anni, per un arresto cardiocircolatorio, esattamente 40 anni dopo la morte di suo padre, avvenuta il 19 febbraio 1946. È sepolto nel cimitero monumentale di Messina. Tenuto conto dei protocolli di sicurezza anti-contagio e dei risultati altalenanti della pandemia di COVID 19 e nel rispetto delle norme del DPCM del 24 ottobre 2020 la conversazione sarà disponibile, sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, a far data da venerdì 23 dicembre.

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