“Non ci sono misteri ne’ segreti inconfessabili. Abbiamo lavorato per anni e anni e gli abbiamo fatto terra bruciata intorno. Fino a questo risultato straordinario che deve essere dedicato a tutte le vittime di mafia“. Così, in un’intervista al Corriere della Sera, Teo Luzi, comandante generale dei Carabinieri, in merito alle indagini che hanno portato alla cattura di Matteo Messina Denaro.
“Nell’ultimo mese avevamo capito che il cerchio si stava stringendo e sapevamo che ogni momento poteva essere quello buono. Negli ultimi giorni eravamo più consapevoli, ma la storia ci ha insegnato che nulla è scontato soprattutto quando si tratta di un capomafia“, ha raccontato il comandate spiegando: “Le nostre ricerche si sono sempre concentrate in Sicilia, eravamo pienamente consapevoli di dover trovare un buco nella rete di protezione del capo. Ma è bene sapere che si tratta di una rete stretta e non facilmente penetrabile, dopo la cattura tutto sembra semplice. Avevamo un pool di investigatori dedicati esclusivamente a questa indagine e con un gioco di squadra – che evidentemente comprende la polizia di Stato e gli altri apparati di sicurezza – siamo riusciti ad afferrare il filo giusto. Il metodo – ha voluto sottolineare Luzi – del generale Carlo Alberto dalla Chiesa è quello tuttora applicato dai colleghi del Ros che prevede la perseveranza e soprattutto la scelta di utilizzare le tecniche investigative tradizionali”. “Questa è una battaglia vinta – ha ribadito – non è certamente la fine della mafia. Noi continueremo la lotta contro Cosa Nostra perché il cerchio non è chiuso e anzi le indagini devono andare avanti nella consapevolezza che il nemico è tuttora forte e capace di infiltrarsi nelle istituzioni. Quando la mafia non spara non vuole dire che non sia attiva, anzi”. “C’è un’altra rete, quella degli affari e delle infiltrazioni, che va smantellata“, è il monito del comandante.