L’inchiesta coordinata dalla Dda di Catanzaro, e che ha portato all’arresto di 56 persone, ha evidenziato, secondo gli inquirenti, la “piena operatività delle articolazioni di ‘ndrangheta egemoni sulla ‘Costa degli Dei’, in provincia di Vibo Valentia, e federate alla cosca Mancuso, delineando strategie, aderenze ed “entrature” a vari livelli per acquisire posizioni nel settore turistico.
In particolare emerge l’operatività della ‘ndrina La Rosa, attiva prevalentemente nell’hinterland di Tropea con un “pervasivo controllo del territorio” e una “consolidata prassi estorsiva” a danno di strutture ricettive e di cantieri di edilizia pubblica e privata, con la consegna di “pizzini” e di denaro contante. Documentata anche la piena sinergia di azione con la cosca Mancuso e con esponenti di vertice della ‘ndrina Accorinti di Zungri nella fase di subentro di un tour operator estero nella gestione di un villaggio turistico di Pizzo.
Il tutto attraverso l’opera di infiltrazione negli asset imprenditoriali attraverso una clausola contrattuale ideata per dissimulare il versamento di tangenti e il progressivo subentro nella fornitura di beni e servizi. In questo contesto è emerso il ruolo di una serie di intermediari preposti a garantire l’accreditamento dell’investimento estero e l’attuazione del progetto grazie ad una serie di aderenze con soggetti vicini al management del Dipartimento Turismo della Regione Calabria, allo scopo di favorire l’aggiudicazione di fondi pubblici. Documentata, infine, anche l’esistenza di un sodalizio dedito al traffico internazionale di mezzi d’opera asportati in Italia e destinati all’estero (in particolare Malta e Romania).
“Una zona caratterizzata da sempre da un’altissima densità mafiosa e dalla presenza della massoneria deviata, un’organizzazione di ‘ndrangheta di Serie A che controllava tutta l’attività turistica di Tropea e paesi vicini e l’indotto di questi esercizi“, ha commentato il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso di una conferenza stampa.