“Con lui l’altro giorno abbiamo parlato, in modo lungimirante, di un progetto che in Europa ha dato dei risultati fantastici, che a me è piaciuto tanto. E’ il progetto che vede oggi l’Athletic Bilbao essere una delle squadre più importanti d’Europa. Il progetto di una società che ha fatto del territorio un karma importante e delle scelte importanti. Noi abbiamo dato al Dottor Geria delle indicazioni, però abbiamo dato anche la possibilità di guardare su tutto il territorio nazionale e anche internazionale”. Con queste parole, rivolgendosi a Giuseppe Geria, il Presidente della Reggina Marcello Cardona presentava il nuovo responsabile del settore giovanile e allo stesso tempo si sbilanciava, senza troppi giri di parole, su quello che per lui è un sogno: provare ad emulare il modello dell’Athletic Bilbao, o comunque avvicinarsi. E’ la prima volta che il numero uno amaranto chiama in causa la squadra spagnola, ma sin dal suo insediamento ha più volte fatto intendere come il suo grande desiderio sia quello di far diventare bandiera e capitano un calciatore reggino cresciuto nel settore giovanile. Da qui, appunto, l’esempio Bilbao. Ma cosa è, esattamente, il modello Athletic Bilbao, o più precisamente Athletic Club? Proviamo ad analizzarlo all’interno di un breve viaggio nel modello spagnolo.
Bilbao è una città a Nord della Spagna, la più grande dei paesi baschi e capoluogo della Provincia di Biscaglia. Come Reggio, clima mite, seppur di tipo oceanico umido, per via della sua presenza a ridosso del fiume Nervión e del golfo di Biscaglia, su cui si estende nella sua totalità. Importante porto marittimo, conta circa 350 mila abitanti. Il simbolo della città è il Guggenheim Museum, un mastodontico Museo che sin dalla sua costruzione ha cambiato volto alla città, come si spera possa fare per il Museo del Mare di Zaha Hadid a Reggio Calabria (a tal proposito, un po’ di tempo fa su StrettoWeb avevamo messo a confronto le due grandi opere, in questo articolo). Senza andare troppo fuori tema, però, torniamo all’Athletic e al calcio. La premessa sulla città, però, non è casuale. No, perché l’Athletic Club non è una squadra di calcio. E’ una filosofia, uno stile di vita, un’identità, un legame unico col territorio, una cultura, una storia che mai – per nessun motivo al mondo, perlomeno finora – potrà essere calpestata o sostituita dal Dio Denaro, dal calcio capitalistico, dal business galoppante, da sponsor, tv, ingaggi folli e sempre meno “magia”, quella magia per cui si tira fuori “il calcio dei tifosi” solo all’occorrenza.
Pur mutando negli anni, con qualche leggero strappo alla regola, la filosofia del club è chiara: avere in squadra solo giocatori baschi, nati e cresciuti nella regione basca, di origini o discendenze, anche familiari strette, basche. E questa filosofia va avanti da sempre ed è a stretto giro legata alla storia della città e del popolo, uno dei baluardi per l’indipendenza basca negli anni della dittatura franchista. Una vera e propria autarchia calcistica in cui l’Athletic si autosostenta da oltre 100 anni senza il bisogno di aiuti esterni. I giovani del territorio li cresce in casa, li scova, li coccola, li forma, anche come uomini, e poi li manda in campo nel momento opportuno, senza “bruciarli”, sapientemente accolti da una tifoseria che è essa stessa “una cosa sola”; una tifoseria a cui non importa la vittoria a prescindere; una tifoseria matura al punto giusto, e forgiata negli anni, in quei parametri patriottici e territoriali che da sempre l’accompagnano. E nonostante ciò, comunque, il Bilbao di risultati ne ha ottenuti, negli anni, e anche importanti. Insieme a Real Madrid e Barcellona è l’unica squadra mai retrocessa in Seconda Divisione e può contare su 8 Scudetti, 24 Coppe del Re, 3 Supercoppe di Spagna, 1 Coppa Eva Duarte e numerose partecipazioni alle competizioni europee più importanti. Sempre con la stessa filosofia. In casa Athletic sei tifoso della squadra per cui giochi, e per questo dai qualcosa in più. E’ il concetto più profondo di calcio inteso come “favola”, quella favola che però vediamo sempre meno.
Tornando alla Reggina, è chiaro ciò che ha voluto far intendere il Presidente Cardona. La nuova società si vuole innanzitutto accompagnare da figure il più territoriali possibili. Un Patron calabrese con un Presidente reggino e con, al suo interno, un Direttore Generale reggino e adesso anche un nuovo responsabile del settore giovanile reggino. Una squadra che, da sempre, è stato sinonimo di riscatto sociale, quel riscatto che storicamente non è mai riuscita ad ottenere appieno in altri settori. E quindi, anche qui, l’aspetto culturale assume un valore importante. L’esempio di Cardona è però soprattutto legato al settore giovanile. L’Athletic Bilbao è un modello unico nel mondo, sicuramente in Europa e probabilmente anche impossibile da emulare nella sua totalità specialmente nel calcio moderno e ad alti livelli. L’idea però di poter far crescere in casa i futuri capitani della Reggina, in un percorso che parta dal basso e che li porti a formarsi, ad emergere, ad esordire, a diventare calciatori e a fruttare eventualmente plusvalenze per auto-sostentarsi, è un’idea che stuzzica l’ex arbitro, posta anche all’attenzione di Geria. A lui, come ribadito in conferenza, sono state offerte delle direttive totalmente ampie, non ristrette all’ambito locale o regionale, ma anzi nazionale e internazionale. E’ chiaro, però, che l’obiettivo principale sia quello di intercettare i prospetti più interessanti del territorio, sognando una Reggina che sia interamente composta da calciatori nati a Reggio Calabria.