Giuseppe Scopelliti e quella frase prima della condanna: “il processo esiste perché ci sei tu”

L'ex Sindaco di Reggio e Governatore della Calabria ha presentato il suo libro "Io sono libero" al Parlamento Europeo, parlando della sua esperienza tra le sbarre e lanciando anche qualche frecciata allo Stato: "forse una parte non ha lavorato nella direzione giusta.

StrettoWeb

“E’ molto bello riprendere la parola dopo tanti anni, io dopo 9 anni sono stato in silenzio, ho deciso di non parlare più. Oggi provo una sensazione strana, una bella emozione”. Esordisce così, a Roma, un po’ emozionato, Giuseppe Scopelliti. L’ex Sindaco di Reggio e Governatore della Calabria ha presentato il suo libro “Io sono libero” al Parlamento Europeo, alla presenza di una folla numerosa e al fianco del suo grande amico Gianfranco Fini. La sala era stracolma, con circa 400 persone, e a causa delle lunghe code agli ingressi in tanti non sono riusciti ad entrare, andando via dispiaciuti.

Scopelliti ha ripercorso i primi momenti all’interno del carcere, successivamente alla condanna e alla dimissioni. “Si prova una condizione di impotenza – rivela parlando della sua vita tra le sbarre – si vede un’altra parte di comunità che vive una condizione diversa, neanche normale. Tante volte ho sottolineato che, ed è vero, lo Stato si lava la coscienza mettendo le persone in galera ma poi non fa nulla per reinserirle nel contesto sociale. Alcuni sono irrecuperabili ma altri, ve lo garantisco, possono essere recuperati. C’è chi ha commesso degli errori e si è pentito. Sembra un cimitero per persone che vivono”.

“La prima settimana – continua – dopo aver combattuto per tanti anni contro le ingiustizie, ho pensato a dormire. E’ la condizione in cui tu non pensi più a niente. Ho perso una battaglia, era la più difficile, però mi sono trovato in pace con me stesso. Ricordo le parole del responsabile degli educatori, che mi diceva: ‘lei ci ha sorpreso, perché è riuscito ad adattarsi a questo ambiente‘. Io ho risposto: ‘caro Presidente, io vengo dalla militanza, attaccavo i manifesti, facevo i volantini, ho dormito sui treni, nei campi, nei bungalow. Ho dormito anche negli Hotel a 4 e 5 Stelle quando questo era necessario, sia chiaro. Ma mi sono trovato così a dormire nella cella 16 della sezione Apollo. L’ho fatto con serenità, partecipando a tutte le attività, perché la mente e il corpo dovevano continuare a coltivare i sogni. Questa forza mi veniva anche dall’esterno, dalla famiglia, dalle tante lettere che ricevevo quotidianamente. Tutti questi elementi hanno costituito un motivo di forza, un elemento di stimolo per continuare a combattere, con la schiena dritta. Certo, ho vissuto momenti di grande perplessità, aggiunge.

E non mancano ancora le frecciate allo Stato e alla gestione di determinate situazioni: “sono uno che riesce a essere molto critico, che pensa che questo Stato non sia uno Stato né giusto, né forte, né libero. Trovarsi di fronte al proprio Avvocato in primo grado, quando sei stato eletto con circa il 58% dei consensi e hai fatto un po’ di cose in Calabria, ti fa provare una sensazione di debolezza, senti che qualcosa non funziona, che una parte di Stato forse non ha lavorato nella direzione giusta. Quando il tuo Avvocato la sera prima ti chiama e ti dice: ‘questo processo esiste perché ci sei tu‘, hai difficoltà a credere a queste parole. E così è stato il giorno dopo e io, forse uno dei pochi in Italia, il giorno dopo la condanna ho annunciato le dimissioni. E sapete perché? Perché, come dice il Presidente Fini, in Calabria le istituzioni sono già deboli perché c’è un sistema che le aggredisce costantemente, perché il sistema non ama i leader che possano cambiare realmente le sorti di un territorio. Se tu non sei tutelato e garantito da tutto il mondo istituzionale, sei debole e sei delegittimato. Per questo io ho detto che non potevo restare, anche sospeso, perché delegittimavo le istituzioni che rappresentavo. Ancora oggi tanti mi dicono: ‘ora tu avresti fatto il parlamentare europeo, non saresti stato arrestato’. Tutto vero, non c’è dubbio, ma è anche vero che io ho detto che non rinuncerò mai ai miei valori, agli insegnamenti ricevuti, perché fa parte della nostra storia, del nostro Dna”.

E poi chiude il suo intervento parlando di un altro episodio: “condannato in primo grado, scelgo insieme al mio Avvocato di individuare un secondo Avvocato per l’Appello. Mi reco a Milano e questo Avvocato mi dice: ‘Presidente, ma lei che c’entra in questa vicenda?’. Erano le 19.30 e rispondo: ‘vuole che ci incontriamo domani’. E lui dice: ‘perché, pensa io non sia lucido a quest’ora?’. E io: ‘no, però se lei mi fa questa domanda… io cerco in lei la risposta’. E lui conclude: “ma lei non c’entra nulla, in Diritto lei non è responsabile di nulla“.

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