Meloni e le cavallette

L’ossessione dei Conservatori per le novità

StrettoWeb

Di Kirieleyson – Nei giorni scorsi l’Unione Europea ha autorizzato la commercializzazione per uso alimentare della farina di grillo – ché? Beppe Grillo si è aperto un mulino? –   ma no, stiamo parlando degli insetti.

L’argomento è stato ripreso su moltissimi media, facendo suscitare in alcuni anche qualche ilarità, anche se ciò, in verità, non rappresenta una novità assoluta, dato che era già possibile utilizzare larve e locuste per produrre cibi.

E poi, fermo restando che la cucina italiana è senza dubbio tra le migliori al mondo, grilli e insetti vari sono utilizzati da sempre nelle diete di tanti paesi asiatici, anche aventi un grado di “civilizzazione” elevato.

Peraltro, la FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) afferma che il consumo di insetti è una pratica alimentare seguita da circa 2 miliardi di persone e che probabilmente quelli diventeranno il cibo del futuro.

Infatti gli insetti sarebbero molto proteici (più della carne rossa), quindi molto nutrienti e pare anche abbastanza gustosi. Inoltre, per la loro produzione, si consumano molta meno energia e risorse naturali di quanto non se ne consumino nell’allevamento animale tradizionale.

Un amico, che è tornato recentemente dalla Tailandia, mi ha riferito di avere mangiato delle cavallette, non ricordo se fritte o arrostite, trovandole assolutamente buone, simili alle patatine fritte.

Dalle parti di Palazzo Chigi pare che invece non abbiano gradito la novità e, per ribadire la loro posizione tradizionalista, hanno proclamato che difenderanno le aziende da chi “vuol farci mangiare polvere di cavallette”.

La cosa in verità non deve sorprendere. Infatti, da che il mondo e mondo, i conservatori di ogni paese hanno sempre avversato le novità e la diversità, in nome della tradizione.

Si racconta che alcuni secoli fa, nello Stato delle Chiesa esisteva una congrega chiamata “Fratelli dello Stato Pontificio” i quali avevano la fissa della tradizione, della purezza della lingua e di qualcos’altro.

Quando cominciarono a diffondersi in Europa patate e pomodori, quei patrioti non la presero bene, giustamente preoccupati per l’inquinamento culturale che quei prodotti avrebbero potuto apportare nella società, precisando che nessuno li avrebbe potuto costringere mangiare quegli alimenti alieni, che solo dei selvaggi come i nativi delle Americhe avrebbero potuto ingerire e che pertanto essi avrebbero continuato a mangiare solo abbacchio, cicoria e le altre pietanze della tradizione romana.

Ma, ancor di più, cercarono di convincere il Papa a scomunicare chi avesse cucinato pomodori o patate.

Fortunatamente il Papa, della richiesta della congrega se ne infischiò, anzi parlando dal suo balcone in Piazza san Pietro, affermò che ognuno era libero di mangiare pomodori o patate, anche se questi non facevano parte della tradizione cristiana e romana.

E pensare che il Papa, a quei tempi, non poteva di certo passare per innovatore. Ma, evidentemente, sapeva guardare un po’ più lontano dei Fratelli. 

Come andò a finire è noto: il nostro Paese (scusate volevo dire la nostra Nazione) ha saputo utilizzare quei prodotti meglio di tanti altri, tanto che sono diventati un elemento imprescindibile della nostra cucina, con buona pace dei tradizionalisti.

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