Reggina, la serenità perduta e gli alibi “tardivi”

E pensare che la Reggina oggi la serenità l'aveva ritrovata. Anzi, a ben guardare il primo tempo, sembrava non averla mai persa. Ma al primo episodio negativo la squadra si sfalda, ha paura, è insicura

StrettoWeb

La Reggina non è serena. Lo abbiamo evidenziato dopo il match col Pisa, ponendo la medesima domanda in sala stampa a Taibi, Inzaghi e Crisetig. Non è serena perché ha perso qualche partita di troppo. Partite che, quasi sempre, non avrebbe dovuto perdere. E così si perdono non solo partite, ma anche certezze. E serenità. La Reggina non è serena perché, quando se ne perdono troppe, si rischia di entrare in tunnel pericolosi, a prescindere da meriti, demeriti, arbitri, episodi. Ma l’unica ricetta per uscirne è la vittoria. Quando si vince, tutto finisce, tutto si sistema. Un lampo, una giocata, una deviazione fortunosa. Montalto lo scorso anno contro il Crotone, per intenderci. E pensare che la Reggina oggi la serenità l’aveva ritrovata. Anzi, a ben guardare il primo tempo, sembrava non averla mai persa. Aveva ritrovato l’episodio giusto: la zuccata di Fabbian da corner. L’approccio, infatti, non era stato eccelso, neanche negativo, diciamo normale. Ma è tornata a passare in vantaggio dopo tanti mesi. E, si sa, per caratteristiche, quando questa squadra va in vantaggio si diverte, perché gli spazi si aprono e… andate a rivedere l’azione dello 0-2.

E poi? E poi non c’è serenità, appunto. Non c’è perché al primo episodio negativo la squadra si sfalda, ha paura, è insicura. E questo non succedeva prima. A Brescia ad esempio, oltre due mesi fa (era inizio dicembre), copione di gara simile nel primo tempo. Doppio vantaggio immediato e gara in gestione. Nessun rischio, neanche uno. Oggi, però, le gambe non supportano più come prima. E la testa accompagna. Siamo abbastanza sicuri nel pensare che con la vittoria odierna si sarebbe scacciato via ogni brutto pensiero. E siamo abbastanza sicuri nel pensare che senza il rosso a Fabbian la squadra avrebbe portato a casa il successo. Il problema, però, non sta nell’inferiorità numerica in quanto tale. Le difficoltà, infatti, non nascono nell’uomo in meno, ma in come la squadra recepisce psicologicamente l’episodio. Basti guardare i rischi a fine primo tempo, il nervosismo con l’arbitro all’intervallo (con Inzaghi a calmare) e l’approccio alla ripresa, del tutto simile a quello di Palermo, contro Pisa, Spal e simili. Del resto, anche contro il Palermo all’andata ci fu il rosso a Cionek sul 2-0 per gli amaranto, ma lì i cambi portarono la squadra sul 3-0. Segno che con l’uomo in meno e col doppio vantaggio si può anche portare a casa la vittoria, se si è sereni. Ma ad oggi la serenità manca, come detto, e a nulla valgono i “richiami” all’arbitraggio, quantomeno non adesso.

Non è oggi il momento degli alibi. Oggi è il momento dei silenzi, delle assunzioni di responsabilità e della compattezza, attraverso il lavoro (che di certo non manca). C’è stato un momento in cui l’alibi dell’arbitro ci stava eccome (Modena e Benevento), ma si è deciso giustamente di non affondare, nonostante la squadra avesse poco da rimproverarsi. Nel post Cittadella, però, è forse un po’ tardivo e fuori luogo, va detto. Perché è vero sì che l’arbitro Di Bello è stato severo oltremodo, ma è anche vero che il suo metro di giudizio lo conoscevano tutti (usa i cartellini molto spesso), e per questo andavano forse evitate spintarelle ingenue (primo giallo Fabbian) o entrate dure in ritardo (secondo). Insomma, così come dopo Palermo, non ci sentiamo di addebitare all’arbitro la sconfitta odierna.

La serenità si ritrova vincendo e lavorando. E se si lavora come nel primo tempo di oggi, i risultati arrivano. Di certo, c’è da interrogarsi sul netto cambio di passo tra i due tempi. Sull’atteggiamento passivo di oggi dopo aver subito il gol. Eurogol, va detto, ma con la gentile complicità di una squadra in ritardo sulla seconda palla di Crociata e troppo “larga” su Carriero, a sua volta troppo libero di ricevere in mezzo, girare e tirare. E, va detto anche questo, in tutta serenità, sull’incapacità dei nuovi entrati di dare la sterzata. All’andata questo fattore veniva esaltato, ma era probabilmente enfatizzato dalle prestazioni, dall’entusiasmo, dalle gambe e dalla testa liberi e freschi. Bisogna riconoscere però che le seconde linee non sono all’altezza dei titolari e su questo non c’è nulla di male. Se non fosse stato per le limitazioni di cui tutti siamo a conoscenza, a gennaio si sarebbe probabilmente sopperito ad alcune lacune. Non è stato così. La squadra non si è rinforzata e di questo si è preso atto già da un po’, senza drammi. Stando così le cose, chiaramente, la squadra non è da primi due posti, ma a nessuno è stato mai chiesto di “mangiarsi” il campionato.

Non ci si attacchi, però, agli alibi, che ad oggi non sono certamente i motivi di questa crisi. Occorre ritrovare serenità e gestire bene i momenti chiave, quelli decisivi. Occorre assumersi responsabilità, rimanere in silenzio, compatti, e tutto passa. E’ la storia del calcio.

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