Il terremoto di ieri in Turchia ha causato migliaia di morti e danni incalcolabili. Sebbene le scene che abbiamo visto in video e foto sembrino quasi surreali, da film, un sisma di una magnitudo simile può colpire anche l’Italia. Come spiega il sismologo, prof. Giuliano Panza, dell’Accademia dei Lincei, “i valori di magnitudo (del terremoto in Turchia, ndr) sono prossimi a quelli possibili nell’area dello Stretto di Messina e auspico che tali valori siano contemplati nella progettazione finale del Ponte”.
L’area dello Stretto di Messina, quindi, è a rischio terremoti della medesima magnitudo del sisma occorso in Turchia. In passato Panza, insieme alla collega Antonella Peresan, sismologo dell’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale, ha messo a punto un metodo in grado di contribuire alla previsione dei terremoti stessi. Tutto ciò può fornire un importante contributo alla realizzazione del Ponte sullo Stretto.
E proprio del ponte, che è non più un’idea ma un’opera sempre più concreta, il Presidente dell’INGV, Carlo Doglioni ha spiegato in passato che “dal punto di vista geologico e sismologico ci sono evidenze sulla sismicità dello Stretto con terremoti che possono essere in questa zona anche di magnitudo superiore a 7. Se il Ponte può essere fatto o meno, dal punto di vista tecnico lo decidono gli ingegneri in base alle informazioni sismiche che noi gli diamo”. Ciò non significa che la realizzazione dell’Infrastruttura tanto attesa tra Calabria e Sicilia sia impossibile o addirittura non praticabile. Anzi. “Io penso – ha sottolineato Doglioni – che gli ingegneri siano in grado di fare un Ponte sicuro, l’importante è che tengano conto di quelli che sono i limiti superiori. Il Ponte deve stare in piedi in qualsiasi situazione, quindi devono utilizzare i parametri massimi e quindi una scelta di scenario basata su una valutazione deterministica di quella che è l’accelerazione massima e lo spettro che dovrebbe essere utilizzato per la progettazione del Ponte. Sono certo che i nostri ingegneri italiani, hanno la capacità di realizzare il Ponte utilizzando i parametri di maggiore sicurezza”.
D’altronde, basti pensare che in luoghi del mondo geologicamente simili allo Stretto di Messina sorgono ponti che stanno in piedi da anni nonostante i terremoti. Si pensi proprio alla Turchia, o al Giappone, dove ponti strutturalmente simili a quello che dovrebbe sorgere tra Messina e la costa reggina calabrese restano in piedi nonostante la forte sismicità.
Fino a qualche anno fa si pensava che nello Stretto di Messina non si potessero verificare terremoti superiori a magnitudo 7.0. Oggi, con l’evoluzione della ricerca, è accertato che lo Stretto può avere scosse molto più forti, almeno fino ad una magnitudo di 7.7. Dunque, è vero che un terremoto come quello avvenuto ieri in Turchia può verificarsi nell’area dello Stretto, ma è altrettanto vero che il progresso, e con esso le infrastrutture come il Ponte che dovrebbe collegare Sicilia e Calabria, non si possono fermare solo per timore. O peggio ancora per ignoranza. In questo momento infatti, visto che il Governo a giorni assegnerà il progetto definitivo a Webuild, i detrattori del ponte saltano fuori come funghi. Eppure è palese come un’infrastruttura simile possa fare da volano per l’economia di due regioni attualmente fanalino di coda a livello di sviluppo economico del Paese.
Il ponte si può e si deve fare. Basta farlo con criterio, come avviene nel resto del mondo. Basta applicare metodi, come ad esempio quello di Panza e Peresan, che sono tra i tanti da tenere in considerazione per la sicurezza sismica di un’infrastruttura che solo chi non guarda al futuro può non volere.