Autonomia differenziata, quale futuro?

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L’impressione prevalente è che ormai l’autonomia differenziata proceda a grandi passi verso la sua approvazione. Lo si deduce dall’atteggiamento spavaldo, che specie negli ultimi giorni ha assunto Matteo Salvini, il suo principale promotore. Il segretario della Lega durante la conferenza-stampa tenuta dal governo Meloni a Cutro, non ha spiegato il motivo per cui la Guardia costiera, alle dipendenze del suo ministero, la notte di quella terribile domenica non si sia mossa per tentare di salvare i naufraghi. Salvini si è limitato a scegliere parole elusive rispetto alla tragedia che, ancora in quelle ore continuava a consumarsi nel braccio di mare di fronte a Cutro. Ha parlato di una caserma dei carabinieri che presto sarà costruita nel territorio, in coerenza con l’impegno assunto in campagna elettorale, ha favoleggiato intorno al ponte sullo Stretto, annunciando che presto, su tale divisivo argomento, sarebbe stato varato un decreto legge del Consiglio dei ministri. Un pugno nello stomaco per tanti calabresi emotivamente sconvolti da quelle bare bianche e dal dolore dei superstiti.

Per certe paradossali contraddizioni che talvolta si abbattono sulla politica del nostro Paese, l’autonomia differenziata verrà approvata mentre il vento popolare sembra soffiare in senso contrario. Vi si faccia caso. Alla guida del governo c’è oggi una donna, Giorgia Meloni, che parla da mesi della necessità di introdurre in Italia il semipresidenzialismo francese. Una forma di governo che accentra alcuni poteri istituzionali nelle mani del Presidente della Repubblica. Tale organizzazione statuale dovrebbe di conseguenza confliggere con l’accentuata autonomia dei territori, pretesa da Salvini e Zaia. Ma c’è un elemento in più che sembra dare ragione al convincimento della presidente del Consiglio. Alcuni recenti sondaggi, se per un verso mostrano il fortissimo legame che si è consolidato nel corso di questo secondo mandato tra gli italiani e l’attuale Presidente della Repubblica: due italiani su tre nutrono una grande fiducia in Mattarella, per un altro verso, contraddittoriamente, gli stessi sondaggi affermano che una maggioranza di italiani appare favorevole al presidenzialismo.

Ancora. Il partito di Salvini è reduce da una pesante sconfitta. Alle elezioni politiche di settembre ha conquistato l’8,8% dei consensi. Anche se alle successive elezioni regionali tenutesi in Lombardia, questi appaiono in leggera risalita, siamo lontanissimi da quel 34,3% raggiunto alle Europee del 2019. Se le cose stanno così la Lega non dovrebbe conseguentemente possedere la forza politica per imporre al resto della coalizione di governo la frantumazione dell‘Italia. Continuando, Il risultato delle recenti elezioni regionali ha consegnato al centrodestra una vittoria striminzita. I lombardi non si sono precipitati in massa alle urne per ottenere l’agognata autonomia differenziata. L’affluenza è stata del 41,6%. Modestissima. Una cifra inferiore a quella delle politiche di appena cinque mesi fa. E come ricorda acutamente sull’Espresso Virman Cusenza, “malgrado il governo Meloni abbia varato lo strumento federalista alla vigilia del voto regionale”. Si ricordi che a quell’irrituale referendum sull’autonomia, varato da Maroni nel 2017, i lombardi si recarono numerosi alle urne. Di più. La lega, come abbiamo scritto tante volte, è un movimento che porta nei suoi cromosomi, oltre che nel suo Statuto, la secessione dall’Italia. Una prospettiva che dovrebbe terrorizzare la maggior parte dei nostri connazionali. L’unità del nostro Paese, raggiunta nella seconda metà dell’Ottocento, ha rappresentato per secoli il traguardo più ambito dagli italiani colti. Poeti, scrittori, artisti hanno sempre vissuto l’unità come un miraggio. Ricordo, a tale proposito, il nome del precursore più grande: Dante Alighieri. Nel IX canto dell’Inferno, spinto dal suo sogno visionario, arriva a tracciare, dell’Italia (all’epoca ancora divisa in tante fette di territorio, ricche di storia e di arte, ma istituzionalmente irrilevanti) addirittura i confini. Un fatto sbalorditivo se si considera che siamo a cavallo tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo.

Se si vuole esibire la prova regina di quanto questo nostro Paese appaia oggi culturalmente malmesso, basta soffermarsi per un istante su queste due diverse idee dell’Italia. Quella di Dante e quella di Salvini.

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