Come tutti noi sappiamo, ogni anno il 19 marzo si festeggia la Festa del Papà. Non esiste un manuale dal quale è possibile apprendere, né ci sono corsi di insegnamento, e allora come si può essere un buon padre? Molto spesso pensiamo che essere padre voglia dire automaticamente essere un buon padre, ma non sempre accade. Infatti “genitori non si nasce, si diventa”; ma in che senso? Questa frase apparentemente può rappresentare il processo che la natura umana ha creato, ma in modo più profondo il detto antico vuole affermare che non si è padri solo perché si fa un figlio, ma si è padri perché ci si prende cura dei figli.
Come fa notare Ivana Risitano – insegnante e psicologa – ai microfoni di StrettoWeb, “ciò che noto negli ultimi anni è che, cambiando la società, è cambiata molto l’immagine di “padre”, e ciò che i figli chiedono – più o meno consciamente – ai padri. Mentre negli anni 70 il padre rappresentava l’autorità da abbattere, oggi – in una società da un lato liquida, dall’altro iper-performativa, con tempi di lavoro massacranti e incertezza sul futuro – il “padre” è spesso un’assenza da riempire: è l’assenza di un terreno solido su cui poggiare i piedi, di uno sfondo sicuro, di punti di riferimento… Allora ogni giorno incontro adolescenti che i padri li cercano, e ai padri chiedono cornici dentro cui inquadrare il senso delle loro esistenze, confini che li facciano sentire contenuti”.
“I padri, a loro volta, attraversano un’epoca difficile – prosegue l’esperta – da un lato è chiesto loro di esserci, di essere più presenti nella cura; dall’altro la società chiede loro di essere “sul pezzo”: performativi, forti, flessibili, promotori di sé stessi. Ci sono molti padri dilaniati tra il desiderio di essere pienamente presenti nella relazione coi figli e l’obbligo di essere “funzionanti” sul lavoro e nella società. Molti padri sono in crisi perché non si sentono all’altezza: credono di dover rispondere ad un modello di maschile efficiente ed energico, e non si rendono conto che per i figli sarebbe invece importante conoscerli nella loro umanità, che è fatta anche di vulnerabilità, paure, sconfitte, inadeguatezza. Oggi i figli non cercano padroni ma testimoni, genitori capaci di stare accanto dando loro sia il contenimento che li faccia sentire “abbracciati” che l’autenticità con cui ci si mette insieme in cammino dentro le contraddizioni della vita, con la consapevolezza che la vera forza non sta nel machismo performativo e competitivo ma nell’umiltà di attraversare mano nella mano le fragilità”.
Le figure genitoriali sono molto importanti per figli e come ci spiega il dott. Giuseppe Stroscio – psicologo e psicoterapeuta – “l’amore del padre, al pari di quello della madre, contribuisce sostanzialmente allo sviluppo cognitivo, emotivo e comportamentale del bambino. Lo stile relazionale e affettivo che si instaura col padre nei primi anni di vita, determina lo sviluppo dei cosiddetti modelli operativi interni, cioè modi di pensare, sentire e comportarsi che incideranno sullo sviluppo della personalità del giovane adulto. Recenti studi scientifici, in cui sono stati coinvolti più di 10.000 soggetti provenienti da tutto il mondo, hanno evidenziato come esperienze abbandoniche e di rifiuto da parte dei genitori, siano correlate allo sviluppo di ansia, insicurezza, ostilità e aggressività. Il dolore derivante da esperienze invalidanti e di rifiuto incide negativamente nell’età adulta, rendendo difficile la possibilità di instaurare relazioni sentimentali, sicure e fiduciose. Alcuni studi di neuro-imaging, dimostrano come il dolore del rifiuto da parte dei genitori, attivi parti del cervello che vengono attivate durante l’esperienza del dolore fisico. La figura del padre dovrebbe essere una “base sicura”, capace di accogliere i bisogni del figlio, validando i suoi vissuti emotivi e comportamentali, mantenendo allo stesso tempo uno stile educativo autorevole”.
“Domani che è la Festa del Papà non aspettatevi un gesto dai vostri figli, ma provate voi a rendere questo giorno indimenticabile per loro“.