Il fastidio di pensare – La vera dittatura, i veri antifascisti e la preside con le idee confuse

StrettoWeb

Questo paese ha di nuovo i suoi paladini morali. Dopo lungo travaglio l’opposizione ha infine ritrovato con gesto solenne l’unità e come primo gesto si è presentata chiedendo imperiosamente le dimissioni di un paio di ministri. E si può star sicuri che se c’è pretesa talmente seria allora dietro ci deve essere qualcosa di profondamente effimero: in questo paese nulla merita tanta attenzione come le sciocchezze, mentre i problemi davvero importanti possono tranquillamente essere lasciati in disparte.

Finora questa opposizione era stata l’asse portante dell’ultima dittatura che aveva immalinconito questo tristo paese, quella per cui si erano rimessi cartelli di bando sulle porte dei negozi e degli uffici pubblici, dove se non eri come ti volevano loro ti buttavano fuori dal lavoro, ti controllavano la borsa della spesa e ti trovavi d’un tratto segregato a fare l’escluso sociale. Quella dittatura che aveva dimostrato, nonostante quarant’anni di fanfare e di belle parole, come sia facile dissolvere in un paio di mesi la Costituzione, tra ricatti e censura: dietro lo spauracchio del bene comune, naturalmente, come in ogni tempo oscuro, secondo il canovaccio di ogni tragedia. E la storia si ripete sempre, ma non sempre, come diceva Marx, la seconda volta è una farsa: talvolta ha il sapore squallido dell’irrisione.

Adesso che un’altra pagina si è conclusa, in Italia come spesso accade si passa dai fasti del potere agli sputi e agli sberleffi di chi il potere lo ha subito: la politica qui raramente è prestigio personale, ma quasi sempre esercizio di dominio e intreccio di favori, e quando ci si ritrova nudi ci si scopre anche terribilmente piccoli. E così quando Di Maio è stato esautorato la gente è tornata a spernacchiarlo quasi che non avesse retto per mesi e mesi la politica estera nazionale, e le frasi di Letta che prima sembravano così autorevoli hanno cominciato a mostrarsi improvvisamente sciocche e balbettanti. E rimane sempre la cucina sporca che qualcuno deve pulire, come se fosse sempre colpa di qualcun altro. Finché, ecco, i principali partiti della scorsa dittatura, secondo il più radicato costume italico, dopo essersi velocemente lavati la faccia sono nuovamente tornati in piazza più battaglieri di prima in quella che è una vecchia consuetudine della politica nazionale: le grida e la retorica.

La prima occasione è stata occupare le piazze fiorentine uniti nel nome dell’antifascismo: come dire, se il nemico non c’è, ce lo inventiamo. A dire il vero se il fascismo è rappresentato da quei quattro folclorici che si rasano la testa e indossano abbigliamento d’occasione imbrattando qualche muro per far capire che ci sono anche loro, allora davvero siamo un paese tranquillo. Ma ecco che una preside idealista con le idee confuse sulla storia che invece di mandare avanti la sua scuola si mette a scrivere proclami viene innalzata ad eroina della sfilata. Sfilata, è bene sottolinearlo, perché in Italia come è radicato costume tutti fanno sfoggio di alto sentire e fermo coraggio fino a che il nemico non si manifesta. Ed infatti è proprio perché un fascismo o i suoi surrogati non ci sono che in Italia tutti fanno così alta manifestazione di antifascismo, ma se qualche tirannucolo anche di second’ordine, come ci meritiamo, si manifestasse all’orizzonte, di quegli impavidi che con striscioni e slogan sono andati a manifestare il loro alto sentire solo qualche striscione appunto resterebbe di quegli impavidi che si volatilizzerebbero subito.

Perché i veri antifascisti (intendendo, naturalmente, per fascismo ogni dittatura) si sono visti davvero recentemente, ed erano quelli che andavano a protestare contro quelle misure vergognose imposte da Draghi e la sua risma, ma quelli sono sempre stati lasciati soli: lì non si è vista nessuna piazza piena e nessuna solidarietà. Solo biasimo. Come non si è mai visto antifascismo in questo paese quando il fascismo, quello vero, c’era stato davvero durante il ventennio, ma se ne è visto spuntare da ogni angolo quando il fascismo era agonizzante. E crediamo che questo modo d’essere del costume nazionale, formatosi in così tanti secoli, non sia andato cambiando adesso. Per questo a noi queste sfilate non comunicano nulla, se non una ennesima manifestazione (che ci saremmo risparmiati) della retorica nazionale. Se l’opposizione, invece di affrontare i problemi che ci sono, che già sono tanti, comincia da quelli che non ci sono, allora il governo può affrontare sonni tranquilli.

Avrà, certo, inviti a dimissioni, biasimi vari e confronti morali in cui si sentirà dire che di fronte alla sua piccolezza dall’altra parte c’è la vera altezza morale, culturale, sociale, che rappresenta il meglio della nazione. È la solita opposizione di urla e di biasimo, ma senza nessuna concretezza. Ma, visto il tenore di questa opposizione, è anche bene così, visto il modo come poi, al momento giusto, sa difenderli davvero, i diritti. In un paese di problemi che non riescono a trovare una soluzione abbiamo almeno, per il momento, una soluzione senza un problema. È già un punto di partenza.

Condividi