La tragedia di Steccato

Il naufragio dei migranti di domenica scorsa a Steccato di Cutro, il cuore grande dei calabresi e il non-senso di ogni muro

StrettoWeb

Sarebbe bello poter vedere in un tempo assai breve l’esito delle indagini sul naufragio dei migranti avvenuto in questi giorni a Steccato di Cutro. Una tragedia che comunque lascerà una traccia profonda nella memoria degli italiani. Quei corpi senza vita raccolti tra le onde dai soccorritori, quei giocattoli, i biberon, i peluche riversati dal mare sulla battigia, oltre a provocare un’emozione profonda, hanno alimentato sulla stampa, come spesso accade, interrogativi e sospetti. Non mi stupirei affatto se, dopo questo doloroso evento, anche il governo fosse indotto a ripensare il delicato tema della convivenza tra i diversi popoli della terra. Accennavo ai sospetti dell’opinione pubblica presenti sui media. Essi hanno origine nell’avversione storica della Destra (e della Lega in particolare) nei confronti dei migranti.

La guardia di finanza, che ha preso il largo dal porto di Crotone, per farvi in fretta ritorno a causa del mare forza quattro, è alle dirette dipendenze del ministro dell’economia, Giorgetti, un importante esponente della Lega. La guardia costiera, che in passato, in casi come questi scioglieva gli ormeggi con entusiasmo, perché salvare vite umane rappresenta un godimento dell’anima tra i più intensi che si conoscano, questa volta non ha lasciato il porto. Forse perché – ipotizza la stampa – è alle dirette dipendenze del ministro delle infrastrutture e dei trasporti Salvini. Il loquace ministro dell’Interno – apparso sulla scena così diverso dal profilo del Presidente della Repubblica, Mattarella, del tutto silenzioso di fronte a quelle bare, in buona parte bianche – ha assunto il suo incarico istituzionale con il pieno consenso del segretario della Lega. Esiste infatti un’intesa forte tra i due, nata nella stagione in cui Salvini ricopriva l’incarico di ministro dell’Interno ai tempi del primo esecutivo di Conte. Continuando è una decisione della Destra (e della Lega in particolare) quella d’imporre alle navi delle Ong con il loro carico dolente di naufraghi lo sbarco in un porto italiano il più lontano possibile dal luogo di salvataggio. Un atteggiamento incomprensibilmente punitivo nei confronti di uomini che per giorni e notti hanno vissuto il mare come un’ossessione.

Dello slancio dei calabresi che spesso si prodigano nel tentativo di salvare chi brancola tra le onde, ho già scritto altre volte. Quello che è avvenuto a Steccato di Cutro è già avvenuto altre volte. Solo che in questa occasione la televisione ha fissato nella nostra memoria immagini incancellabili. Qualche tempo fa un poco più a nord di Crotone, gli abitanti del paesino di Torre di Melissa sono stati svegliati nel cuore della notte dal loro sindaco, Gino Murgi, per soccorrere una barca a vela con a bordo 51 curdi che fuggivano dall’orrore dei territori in mano alla Jihad. Anche in questa occasione si è svolta una gara di generosità per salvare tanta gente disperata e per rifocillarla con cibi e indumenti. Ancora. Più a sud, in alcuni paesini della Locride si pratica l’accoglienza come una tacita regola comunitaria a cui nessuno si sottrae. A Riace un sindaco intrepido, Mimmo Lucano, ha fatto dell’ospitalità agli “zero del mondo” una condotta permanente di vita. L’altruismo che, quando è sincero, cancella prima di tutto i confini, affonda le sue radici per un verso nella storia millenaria della Calabria, nella quale l’ospite, specie se inatteso, viene vestito di un’aurea sacralità. Per un altro verso le affonda nella storia dell’emigrazione del secolo scorso, che quasi sempre ha divelto dal proprio territorio le famiglie a pezzi. Partiva infatti prima il capofamiglia, successivamente, dopo anni di attesa e di sofferenza, la moglie e i figli. E’ vero che Lucano è stato pesantemente condannato nel primo grado di un processo, ma resta difficile trovare una persona, non solo in Calabria, che pensi a Lucano come a un malfattore.

Concludo con una riflessione particolare. Spesso a noi calabresi vengono inflitti stereotipi pesanti. Alcuni meritati, altri meno. Molto spesso è la nostra storia di emigrazione che ci spinge a gesti di coraggio e di solidarietà ed è sempre la nostra storia di emigrazione a non farci dimenticare che solo un destino favorevole, quindi privo di merito, ci ha fatto nascere in un’area privilegiata del mondo. Come ha di recente ricordato Alberto Brambilla sul Corriere della Sera: “Noi italiani siamo tra i più fortunati. Su otto miliardi di abitanti della terra siamo nel ristretto novero dei 700 milioni che hanno tutto: democrazia, libertà, stato sociale, assistenza, oltre a tutti i servizi, quali acqua potabile, energia elettrica, servizi sociali e sanitari di cui manca la maggioranza delle popolazioni mondiali”.

Alla luce di questa realtà i muri non hanno senso.

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