di Andreana Illiano – Una condanna prevista, una sentenza già annunciata dai giornali, per mesi, poi il primo grado, il secondo, infine la condanna definitiva per un reato di cui in Italia si riempiono fascicoli su fascicoli: falso ideologico, per la firma apposta sotto al documento di bilancio di un Comune che si amministra da primo cittadino. E’ quello che è accaduto a Reggio Calabria a Peppe Scopelliti che, portando il suo libro in giro per l’Italia apre dibattiti sulla riforma della giustizia (ieri a Bari col viceministro, Sisto e con Gianfranco Fini). Tanti i dubbi, poche le certezze: il primo interrogativo è come sia possibile che, in un ipotizzato reato di falso ideologico legato alla firma su un testo di previsione e bilancio di un ente pubblico, il primo e quasi unico responsabile sia un sindaco. Il secondo interrogativo, forse ancor più grande, è come chi ha investigato per una ipotesi di reato diventi, nelle fasi dell’analogo processo nella vicina Messina, chi giudica e addirittura assolve (!!!), e terzo interrogativo, ma non ultimo per importanza, perché una vicenda giudiziaria tanto comune (centinaia i sindaci accusati di falso ideologico in ambito di bilancio) porta ad una condanna così aspra solo a Reggio Calabria.
Tutti queste domande non hanno risposta. E sono così forti da aprire un dibattito sulla riforma della giustizia e inondano così tanto i pensieri che a Bari, in un parterre di centro destra, arriva il governatore di centrosinistra Michele Emiliano che è pure un ex magistrato e confessa: “Anche io ho firmato da sindaco di Bari, tanti documenti di bilancio, fidandomi del dirigente del settore“. Accade ovunque. E se c’è un errore anche da parte della politica è un errore di mancato controllo, ma in realtà quello tecnico è assolutamente dei dirigenti.
Quello di Bari per Giuseppe Scopelliti è un grande segnale, un segnale autentico, il segnale di chi nonostante l’enormità di ciò che gli è accaduto è riuscito a resistere e oggi, per tutto ciò che è stato (non un uomo di potere, come ama definirsi, ma delle istituzioni) riesce a mettere insieme un viceministro in carica, l’ordine degli avvocati, docenti universitari e soprattutto un avversario politico che gli riconosce onore.