Gentilezza e razzismo: quando un autobus di Reggio Calabria sembra la Germania del ’43

Nel 1955 in Alabama avevano Rosa Parks sugli autobus: nel 2023 a Reggio Calabria sui mezzi pubblici si rischia di incontrare Amon Göth

StrettoWeb

Mi stupiscono sempre i gesti gentili. Non dovrebbero stupirmi, lo so. Dovrebbe essere la normalità. Ma la verità è che non possiamo prenderci in giro: la gentilezza è cosa rara. Ed è per questo motivo che durante uno dei miei tanti spostamenti quasi quotidiani sugli autobus di linea di Reggio Calabria ho notato qualcosa che, dapprima, ha attirato la mia attenzione in positivo. Poi, invece, mi ha estorto un sorriso amareggiato e mi ha dato prova, per l’ennesima volta, che l’apparenza inganna davvero.

Salita sull’autobus ho preso posto nella parte posteriore del mezzo. Sul lato opposto al mio ho notato un signore distinto, brizzolato, con un paio di quegli occhiali con lenti fotocromatiche. Non so perché l’ho notato, ma l’ho osservato a lungo: giacca beige, jeans scuri, scarpe sportive. Poteva avere al massimo sessantacinque anni. Alla fermata successiva alla mia è salita una signora, anziana, che cercava posto a sedere sul bus strapieno. L’uomo l’ha invitata a sedersi nel posto accanto al suo e l’ha anche aiutata a sistemarsi. Ha detto, con forte accento tedesco: “Prego signora, si sieda. E stia attenta a non farsi male quando riparte il bus“. Mentre lei si sedeva lui si è alzato e le ha tenuto le buste della spesa. Poi ha ripreso posto.

Di fronte a lui, intanto, c’era una mamma di colore con il suo bambino. Il piccolo, riccioluto dagli occhi enormi, era nel passeggino. La mamma, giovanissima, prenota la fermata successiva e si appresta a scendere avvicinandosi con il passeggino verso la porta centrale. Ed è solo a quel punto che noto l’uomo di prima, il tedesco, fare strani gesti. Sembrava quasi che stesse scacciando delle mosche e inizialmente non capivo.

Poi lo sento pronunciare delle parole nella sua lingua: “Schnell! Raus! Geht weg!“. Reminiscenze di quel poco di tedesco che conoscono mi permettono di capire che il tizio stava letteralmente invitando con veemenza quella mamma con il suo bimbo ad andarsene. “Veloci! Fuori! Andate via!“, gli ha quasi urlato. E una volta che i due sono scesi, lui, accorgendosi che io lo stavo guardando allibita e che avevo capito cosa stesse dicendo, ha preso a parlare nel suo italiano-crucco: “Finalmente sono scesi! Quel bambino continuava a muoversi e a toccare mio ginocchio! Meglio che sono scesi!“.

Il bambino, che avevo notato ancora prima di salire sull’autobus perché eravamo alla medesima fermata, era così bello da sembrare un angioletto dai capelli corvini. Perché anche questo fatto che gli angeli siano solo biondi non l’ho mai capito.

Ad ogni modo, ho guardato quel tizio come guardavo Amon Göth in Schindler’s List di Spielberg. Gli mancava solo la divisa e il gel sui capelli. Dopo un minuto esatto dal momento in cui ha inveito contro i due, si è gentilmente offerto di lasciare il suo posto ad una signora appena salita sull’autobus. Ovviamente bianca. La signora, intendo.

Ed eravamo a Reggio Calabria nel 2023, non a Berlino nel 1943.

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