Giornata Mondiale del Parkinson: vivere all’aria aperta riduce i rischi di ospedalizzazione

Oggi, 11 aprile, è la Giornata Mondiale della malattia di Parkinson. Da Harvard, un grande passo in avanti: vivere accanto a zone verdi ha effetti benefici sulla sintomatologia del morbo

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Ricorre oggi 11 aprile la Giornata Mondiale della Malattia di Parkinson, un disturbo che, dagli anni 2000, affligge oltre 122mila persone di età compresa tra i 65 e i 74 anni. Il morbo del tremolio, come lo conosciamo comunemente, o la “malattia di Papa Giovanni Paolo II”, come ricorderanno alcuni. Ma dietro al morbo c’è ancora un mondo da scoprire e una ricerca scientifica che, incessantemente, continua ad andare avanti per capirne le cause e, soprattutto, per trovare una cura a questa dolorosa diagnosi. Innumerevoli infatti, sono gli studi scientifici che proseguono tuttora sul disturbo, alcuni dei quali tendono soprattutto a individuare situazioni e fenomeni che possano quantomeno alleviare i sintomi.

Secondo uno studio condotto dalla Harvard TH Chan School of Public Health, condiviso anche dalla Società Italiana di Neurologia, è stato dimostrato che condurre una vita all’aria aperta e vicino alle zone verdi abbia degli effetti benefici sui pazienti affetti dal morbo. Parchi, boschi, aiuole insomma, una natura che deve esserci amica e che ridurrebbe il rischio di ospedalizzazione. L’obiettivo della ricerca era quello di misurare l’effettiva influenza dell’impatto ambientale sui soggetti diagnosticati dal morbo, attraverso una scala di valori denominata Ndvi (Normalized Difference Vegetation Index). Gli studi hanno quindi evidenziato che coloro che vivono o vengono ospitati in aree con un’alta percentuale di vegetazione, corrono un minore rischio di ricovero proprio perché a contatto con la natura.

Stando a quanto emerge dai risultati dell’indagine ed evidenziato da Alfredo Berardelli, presidente della Società Italiana di Neurologia, è possibile affermare che: “da numerosi recenti studi è emerso che questi ambienti esercitano una vera e propria azione terapeutica. Una ragione in più per sensibilizzare i responsabili politici a prendere in seria considerazione interventi di protezione degli habitat naturali”. Una malattia quindi, che può cambiare sì il corso della vita, ma che non deve essere una sentenza definitiva per i pazienti i quali, come tutti, hanno pari diritto di vivere con dignità e di usufruire di tutti gli strumenti a disposizione, anche della natura.

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