Il perso polo

Calenda rompe l'accordo con Renzi e segna la fine del Terzo Polo

StrettoWeb

Lo scorso autunno, in tanti si erano infatuati di Carlo Calenda. Alla fine in 2 milioni e 200 mila lo hanno persino votato, tanto che ha preso il 7,8% alle elezioni. Il buon Carlo andava in TV, piaceva all’Italia più popolare, alle vecchiette di famiglia e ai giovani snob dei centri storici, grazie a una buona retorica e una pungente ironia. Calenda ha costruito il suo consenso contro l’incompetenza della sinistra, prendendo di mira il Movimento 5 Stelle e presentandosi come alternativo alla destra, con cui però nei fatti condivide tutto. In parlamento sta votando ogni provvedimento dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni: dallo stop a reddito di cittadinanza a superbonus, al via libera al Ponte sullo Stretto.

Il problema di Carlo Calenda è di personalità. Eccessivamente presuntuoso e pieno di sé, è in realtà molto più rozzo, ignorante e sciatto rispetto a quanto appaia. Dopo quel risultato elettorale, infatti, il buon Carlo ne ha combinate di tutti i colori. Il 28 settembre si avventurava nella famosa profezia sul Governo: “questa è una destra che non sarà capace di governare e che, secondo me, dura 4, massimo 6 mesi al governo”. Il 4 dicembre pubblicava l’esilarante selfie con una strana corona dorata in testa lamentandosi della moglie che lo aveva trascinato ad una festa. Il 3 febbraio tre clamorose gaffe di geografia collezionate in pochi secondi su La7. Il 6 aprile la peggior caduta di stile, nel giorno del ricovero in terapia intensiva di Berlusconi ha il coraggio di dire: “Berlusconi non avrà successori, questa è la fine della seconda Repubblica“.

Adesso, è chiaro che i problemi del fu Terzo Polo sono (anche) altri. E’ chiaro che Renzi è quello che è, che le democrazie moderne sono bipolari, che l’area di centro è tradizionalmente moderata e cattolica mentre Calenda voleva costruire qualcosa di più vicino agli ultra laici Radicali; è anche chiaro che non essere “né di destra né di sinistra” significa scimmiottare l’antipolitica dei cinque stelle e non è certo un riferimento virtuoso. Ma il vero problema del fu Terzo Polo è proprio Carlo Calenda. Renzi ne ha soltanto sfruttato il consenso per riuscire a rimanere in parlamento, con la sua solita astuzia. Calenda, invece, non ha una strategia. Non sa cosa fare, si fa trainare dall’istinto, lo stesso con cui ha strappato l’accordo con Letta due giorni dopo averlo fatto prima delle scorse elezioni politiche.

Oggi Calenda ha unilateralmente deciso che il Terzo Polo non c’è più. Sta frignando perché non vuole che Renzi diriga un quotidiano, non vuole che Renzi continui a fare la Leopolda, non vuole che Renzi si tenga i soldi del suo partito. Avrà anche le sue ragioni il buon Carlo, ma cosa si aspettava da mister “stai sereno” e “se perdo il referendum mi ritiro dalla politica”? Davvero si era illuso che l’accordo con Renzi potesse essere strutturale e duraturo? Davvero non aveva capito che Renzi aveva soltanto bisogno del suo consenso per mantenere qualche seggio in parlamento? No, perché se non è stato neanche in grado di avere questa consapevolezza sin dal primo momento, pur conoscendo bene Renzi, con quale faccia può pensare di essere presentabile anche solo per proporsi come leader politico agli occhi degli italiani?

Da oggi Calenda è il Perso Polo. E i rivali della sinistra hanno poco da ridacchiare: va tutto a beneficio di Giorgia Meloni e del suo governo, sempre più forte e solido in parlamento e nel Paese. Alla faccia delle profezie di chi vedeva quest’esecutivo sciogliersi in fretta e invece si è sciolto prima lui. Sapete chi era? Lo abbiamo scritto poche righe più su: sempre lui, il nostro eroico buon Carlo.

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