Le appassionate lettere d’amore della maestra a Messina Denaro: “ha beffato gli investigatori”

Nomi in codice, lettere d'amore e gelosia, racconti di un terzetto, Messina Denaro, la Bonafede e Martina, che vivevano come fossero una famiglia: è questo il quadro che emerge dalle indagini degli inquirenti che hanno portato all'arresto della maestra

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Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Matteo Messina Denaro nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi familiare coinvolgente anche la figlia Martina Gentile, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando venne necessariamente interrotto a seguito di un importante ennesima operazione di polizia, per poi riprendere, appena ‘calmatesi le acque’ negli ultimi anni sino all’arresto del latitante il 16 gennaio 2023“. E’ quanto scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per Laura Bonafede. La donna, maestra, è figlia del boss di Campobello per anni la donna di Messina Denaro.

La donna, dunque, era legata a Matteo Messina Denaro “da un pluridecennale rapporto ed aveva, in molteplici occasioni, condiviso con lui spazi di intimità familiare, a volte in compagnia della figlia tanto che i tre si definivano ‘una famiglia’“. I due, secondo quanto scritto dalla stessa Bonafede in una lettera trovata dai carabinieri del Ros, si sono conosciuti nel 1997, quando Matteo Messina Denaro era già latitante insieme al padre Francesco. Entrambi erano protetti da Leonardo Bonafede, padre di lei, che aveva “concesso” alla figlia di far visita a Matteo Messina Denaro.

Ventisei anni fa ho chiesto di venirvi a trovare e mi è stato concesso – ricordava la donna in una lettera al boss scoperta dai carabinieri – Non c’era motivo di quella visita ma forse si doveva aprire un capitolo e così fu. La vita è strana, fa dei giri incredibili e poi ti porta dove vuole lei. Noi possiamo solo farci trascinare“.

Nelle lettere Laura Bonafede ricorda gli incontri con Messina Denaro

Si sono visti per anni in segreto Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro allora latitante. E’ emerso chiaramente da biglietti trovati dai carabinieri in cui la donna per indicare i luoghi degli incontri usa i termini cifrati “tugurio” e “limoneto“. La Bonafede, tra l’altro, è sposata con un killer ergastolano.

Laura Bonafede Messina Denaro

Il tugurio – scriveva la donna – stavamo bene in quel posto: sì ero felice di trascorrere quel tempo insieme“. “Una volta, al limoneto mi dicesti che al ritorno di Uomo (il padre della donna poi morto ndr) e, successivamente, di Bamby (il marito della donna detenuto ndr) la nostra Amicizia si interrompeva – scriveva in un altro biglietto in cui parla di sé al maschile –. Ricordo, che ti risposi che non ne vedevo il motivo. Mi ero quasi offeso per il tuo dire, come se la nostra Amicizia era per me una sorta di tappabuchi, un passatempo“.

Come se io avessi instaurato quell’Amicizia perché non sapevo stare da solo. Caro Amico Mio – concludeva – io da solo ci so stare benissimo, credo che lo hai capito che non mi interessa la compagnia di nessuno. Si, mi sono sentito un traditore però anomalo ma sempre traditore ed intruso. Ma è da tanto che non provo più questi sentimenti. Penso che ci apparteniamo, nel bene o nel male ci apparteniamo e questo è un dato di fatto“.

Le lettere d’amore della maestra innamorata del boss

Avevo pensato che avrei avuto un po’, anzi molto tempo per me e poter stare con te in modo ‘rilassato’ e invece tutto il contrario“. Lo scriveva in una lettera indirizzata a Matteo Messina Denaro, Laura Bonafede. La donna, nell’occasione, rimpiangeva di non averlo potuto incontrare. Era dicembre del 2022 e a impedire gli incontri tra i due, secondo gli inquirenti, era stata la malattia della figlia.

Nella lettera successiva, che risale al 2 gennaio, la Bonafede scrive: “in televisione c’è il Re Leone, mi sarebbe piaciuto vederlo con Depry (soprannome del boss al quale Bonafede scrive fingendo di parlare di un terzo) e ridere insieme alla frase: ‘io rido in faccia al pericolo e il pericolo è il mio mestiere’. Mi manca tutto, anche guardare un film assieme“.

Laura Bonafede

Durante le indagini, in uno dei dvd trovati nell’ultimo covo di Matteo Messina Denaro, gli inquirenti hanno trovato l’impronta digitale del pollice destro di Laura Bonafede. La donna scriveva: “Abbandonarti: ne abbiamo già parlato una volta. Volevo mentalmente allontanarmi perché ho sofferto troppo. Non puoi nemmeno immaginare quel che ho provato. E dire che qualche reazione l’hai vista. Il non vederci più e il non aver avuto notizie hanno fomentato la rabbia e la delusione. Vedi che io ti conosco e ti prego non ne voglio parlare, si risveglia il dolore“. In questa lettera emerge tutta la gelosia della donna per Lorena Lanceri, anche lei arrestata per favoreggiamento insieme al marito. I due la chiamano in codice “Tramite“. “Devo dirti allora che me lo hai chiesto tu se potevi fare un giro con Tramite? – aggiunge – Lasciamo stare il telo macchiato che poteva essere un’illazione. Ma il salire in auto nella piccola stradina. Te lo ripeto: io ti conosco. E’ vero sai recitare, ma capisco quanto sei coinvolto quando parli di qualcuno“.

Messina Denaro alle sorelle: “Martina per me è una figlia”

Un rapporto strettissimo legava Matteo Messina Denaro a Martina Gentile. La ragazza, attualmente indagata, è la nipote del boss di Campobello, figlia di Laura Bonafede. Messina Denaro parla della ragazza alla sorella Giovanna, in una lettera trovata dai carabinieri e datata 21 aprile 2022. “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia, e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile. Che voglio dire? Che non sono stato solo e che sciacqualattuga non significa più niente per me“.

Concetti ribaditi a un’altra sorella, Rosalia, il 25 gennaio 2022. “A me vedi che non è mancato l’amore di una figlia. Pur non essendo mia figlia è cresciuta con me – ribadiva il boss -. Per tanti anni siamo stati assieme tutti i giorni. Ha dato un senso alla mia vita solitaria, ha molto di me, forse anche troppo. Ha il mio carattere perché gliel’ho insegnato io, lei era predisposta. Oggi è una persona matura, non ci vediamo più perché il destino ha voluto così ma è rimasta molto attaccata a me. Quando si può mi scrive. Credo di essere stato fortunato ad averla avuta e ne sono orgoglioso di come cresciuta anche per merito mio“.

Per il capomafia la ragazza e la madre erano la sua famiglia. “Eravamo una famiglia – scriveva alla Bonafede -. Hai detto giusto. Blu (nome in codice della donna ndr) io non so quello che sarà di me, ma se avrò un ultimo attimo per pensare, in quel mio attimo il mio ultimo pensiero sarà per te. Grazie Blu sei stata l’unica cosa buona che mi sia capitata nella vita“.

Altro che latitante: ha vissuto da uomo normale per anni

Sono dunque, secondo il gip di Palermo, sconcertanti le scoperte fatte sulla latitanza di Messina Denaro. Dall’inchiesta del Ros risulta che la Laura Bonafede abbia frequentato il boss per anni durante la latitanza e abbia anche convissuto con lui in certi periodi. “Quel che disorienta è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro è stata affidata, non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili bensì ad un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a quel Leonardo Bonafede da sempre ben noto, oltre che come reggente della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione ed amicizia con i[ padre di Messina Denaro“.

matteo messina denaro

Lo sottolinea il gip chiedendosi come la Bonafede, intercettata dalla polizia almeno fino a due mesi prima della cattura del capomafia, abbia potuto beffare gli investigatori. Le indagini dei carabinieri del Ros seguite alla cattura del padrino, secondo il giudice, “mettono in luce l’incredibile ed inspiegabile insuccesso di anni ed anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (almeno ventisei), una ‘normale’ esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)“.

Come ciò sia potuto accadere, si ripete, appare al momento inspiegabile e non privo di conseguenze“, conclude il giudice.

Gip, segreti Messina Denaro in covi ancora da scoprire

La cura quasi maniacale del latitante nella annotazione di qualsiasi accadimento della sua vita, nella tenuta di diari e quaderni in cui trascriveva anche commenti, non può fare dubitare dell’esistenza di materiale di ben altra importanza sugli affari criminali di Messina Denaro custodito in altri covi non ancora individuati (e di cui, peraltro, v’è già traccia in alcune delle corrispondenze tra il latitante e Laura Bonafede che pure mostra di conoscerli)“. Lo scrive ancora il gip Alfredo Montalto nella ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per Laura Bonafede.

Blu, Macondo e Depry,il linguaggio segreto di Messina Denaro

Amico mio“, “Cugino“, “Blu“, “Venesia” erano i nomi coi quali Matteo Messina Denaro chiamava, nelle lettere, Laura Bonafede. Ma il linguaggio criptato, che piano piano i carabinieri del Ros e i pm stanno decifrando, è molto complesso. Ad esempio la figlia della Bonafede, Martina Gentile, indagata per favoreggiamento, è “Tany” o “Cromatina“. La sorella del boss, Rosalia, in gergo era “fragolone“. I due vivandieri Emanuele Bonafede e la moglie Lorena LanceriMaloverso” e “Diletta” o “Lest“. L’auto del boss “Margot“.

Rosalia Messina Denaro
Foto Ansa

Per Campobello di Mazara il capomafia aveva preso in prestito da Marquez il nome di “Macondo“, mentre la località di mare di Triscina era “Macondino“. Messina Denaro era “Depry“, la malattia di cui soffre “la romena“, la clinica dove faceva le terapie “lo squallido“, “Aragona” era Castelvetrano, “Donna” la madre della Bonafede, “Uomo” il padre, il boss Leonardo.

Tu sai che non piango facilmente ma è da un po’ di mesi che appena penso e parlo di Uomo piango e quando leggo e penso a Depry piango. E’ sinonimo di impotenza, non posso far niente per cambiare questa realtà“,ì. Lo scriveva la Bonafede a Messina Denaro fingendo di parlare di una terza persona (Depry). Restano decine i nomi in codice da interpretare.

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