Ponte sullo Stretto, esperti zittiscono i cavernicoli: basta con verità distorte

La lettera scritta da sei esperti italiani per confutare le tesi di chi il Ponte sullo Stretto non lo vuole e si giustifica a colpi di fake news

StrettoWeb

La strenua battaglia anacronistica dei cavernicoli, meglio noti come i ‘no ponte’, prosegue inesorabile. E altrettanto inesorabilmente le tesi di chi non vuole per pura ideologia il Ponte sullo Stretto vengono confutate dai massimi esperti del settore.

Oggi è la volta di un articolo apparso sul quotidiano “La Stampa”, dall’esilarante titolo “Il ponte sbagliato”, in data 3 aprile 2023. Per confutare quanto scritto dall’autore dell’articolo si sono scomodati sei professionisti. Parliamo dunque di sei massimi esperti nel panorama italiano, che di ponte possono parlare a pieno titolo. Non parliamo di certo degli ultimi arrivati. O peggio ancora politicizzati. Ma d’altronde, a quanto pare, la pandemia non ci ha insegnato nulla: non lo abbiamo ancora capito che la scienza influenzata dalla politica è quanto di più deleterio possa esserci. E’ una sorta di ‘suicidio’ morale programmato, un tunnel senza via d’uscita per il futuro stesso della società. E con il Ponte sullo Stretto stiamo facendo la stessa cosa: ascoltiamo le idee politiche e non la scienza.

Chi sono gli esperti pro ponte?

Claudio Borri, Professore Ingegnere, Ordinario di Scienza delle Costruzioni presso l’Università di Firenze, già Direttore del Centro/Laboratorio CRIACIV (Centro Interuniversitario di Aerodinamica delle Costruzioni e Ing. del Vento), già Direttore del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università di Firenze, membro del Comitato Scientifico di Stretto di Messina S.p.A.

Fabrizio Averardi Ripari, Ingegnere libero professionista, Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, Vicepresidente Associazione Italiana Calcestruzzo Armato e Precompresso, già Direttore Generale ANAS International, già Amministratore Delegato e Direttore Tecnico Tensacciai S.p.A. e Freyssinet Italia S.p.A.

Piero D’Asdia, Professore Ingegnere, già docente di Scienza delle Costruzioni e Dinamica delle Strutture all’Università di Roma La Sapienza di Roma, già Docente di Tecnica delle Costruzioni all’Università di Trieste e di Pescara, già membro Membro del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e del Comitato Scientifico di Stretto di Messina S.p.A.

Alberto Prestininzi, Professore Geologo, Docente di “Rischi Geologici” all’Università di Roma La Sapienza, già docente di Geologia Applicata, fondatore del Centro di Ricerca CERI “Previsione Prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici”, membro della Commissione per la Riclassificazione Sismica del Territorio Italiano e Presidente della Commissione Grandi Rischi del Dipartimento di Protezione Civile, membro del Comitato Scientifico di Stretto di Messina S.p.A.

Enzo Siviero, Professore Ingegnere, Rettore dell’Università eCampus, già docente di Tecnica delle Costruzioni presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Direttore della rivista Galileo, Architetto Honoris Causa.

Pietro Lunardi, Ingegnere libero professionista, già Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, 2001-2006, già Presidente della Società Italiana Gallerie, Professore docente di “Consolidamento del suolo e delle rocce” alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Firenze, docente di “Difesa e conservazione del suolo” alla facoltà di Ingegneria dell’Università di Parma.

La lettera

E allora, pubblichiamo di seguito, integralmente, la lettere scritta dai sei esperti al direttore de La Stampa per confutare, o per meglio dire ‘asfaltare’, l’articolo pubblicato contro il Ponte sullo Stretto.

“Caro Direttore,
Dopo aver letto l’articolo in oggetto, titolato “il ponte sbagliato”, ci chiediamo quale sarebbe il “ponte giusto” per il suo articolista Paolo Baroni, ma abbiamo l’impressione che per lui sarebbe il ponte inesistente.

In realtà, NON esiste alcun vero progetto dell’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, se non quello della soluzione a campata unica, derivato dagli studi del 1984/1986, poi sfociati nel progetto di massima del 1992 e quindi nel progetto preliminare a base di gara del 2005; quest’ultimo ha dato luogo, a cura del Contraente generale EUROLINK, alla redazione del progetto definitivo del 2009/10 che fu definitivamente approvato nel 2011 da tutti gli attori e le Autorità competenti (salvo la verifica di ottemperanza ambientale). Ci duole inoltre dover replicare a quanto riferito nell’articolo in oggetto e lo facciamo punto per punto, anche se le argomentazioni sono di per sé autosqualificanti in quanto contengono sempre delle semi-verità, o meglio delle verità distorte, cosa che riteniamo una vera e propria disinformazione verso il cittadinolettore del suo giornale.
Perché mai affermazioni simili vengono sempre da persone NON informate dei fatti e delle circostanze tecniche e mai esse vengano poste in contraddittorio con coloro che invece si sono occupati per anni, con specifica competenza, delle varie tematiche dell’opera?

Eppure i componenti del Comitato Scientifico di Stretto di Messina e tutti coloro che ben conoscono il progetto (tra cui tutti i firmatari della presente), sono sempre stati disponibili al contraddittorio, ma mai nessuno ha ritenuto opportuno ascoltare la loro voce.
Forse perché siamo ritenuti dei pericolosi facinorosi pro-ponte, anziché tecnici qualificati, del tutto estranei alla politica di qualunque rango?

Citiamo punto per punto:

Risorge la società Ponte sullo Stretto e con questa il vecchio progetto del ponte a campata unica bloccato nel 2012 dal governo Monti…. Perché Baroni scrive solo che il progetto fu “bloccato” ? Non sarebbe stato meglio dire che il progetto ed i contratti in essere con il Contraente Generale (la società consortile internazionale Eurolink) e con il Project Management Consultant (l’americana Parsons), assegnati dopo regolari gare internazionali sulla base di un “approvatissimo” progetto preliminare, furono unilateralmente interrotti senza alcuna giustificazione e senza alcuna inadempienza da parte del contraenti? E perché Baroni tace circa le ingentissime penali, da stimate in oltre 900 MEuro e tutte a carico del contribuente italiano, innescate dal contenzioso che ne è derivato, senza peraltro che lo Stato italiano le abbia ancora saldate?

Il nuovo governo, infatti, col decreto appena entrato in vigore porta le lancette indietro di 11 anni e ripesca il progetto che porta la firma del consorzio Eurolink guidato all’epoca da Impregilo (oggi Webuild) che nel 2005 vinse la gara. Rispetto al 2012 però i costi di quest’opera sono aumentati di un buon 50% e risultano più che raddoppiati rispetto alla delibera del CIPE che attribuì al ponte di Messina il carattere di «rilevanza nazionale». Dai 4,9 miliardi di euro del 2001 si è infatti passati ai 6,3 certificati nel 2011 dalla Corte dei Conti, peraltro all’epoca già finanziati per il 40% (questo perché allora si pensava di reperire il restante 60% sul mercato), mentre oggi le stime del ministero delle Infrastrutture fissano l’asticella a quota 10 miliardi. Oggi come allora importo tutto compreso: non solo la realizzazione del ponte in se ma anche tutte le opere accessorie, tunnel, collegamenti, rampe sia stradali che ferroviarie”.

Come si deve interpretare questo passaggio? Dunque Baroni finisce qui per giudicare negativamente l’interruzione unilaterale del contratto, dato che era lapalissiano che in 10 anni i costi potessero aumentare? Comunque il costo dell’intera operazione era stimato dal CIPE nel 2012 (Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza 2012, Delibera n.13 del 21 dicembre 2012) in € 8.549.900.000.

Ma veniamo alle mezze verità o meglio alle verità distorte:

… Ma la campata unica è la soluzione migliore da adottare? Secondo la Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’alta sorveglianza del Mit che a metà 2021 aveva consegnato al ministero un robusto studio sulle cosiddette di «soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina», la risposta è «no» … Come ha potuto valutare il giornalista Baroni la “robustezza” dello studio della Struttura Tecnica del MIT? Sono forse stati esaminati due o più progetti, tutti sviluppati allo stesso livello di definizione e di studio, in modo che “il robusto studio” fosse in qualche modo ben fondato e giustificato? Niente di tutto questo: ed infatti NON esiste alcun robusto studio, perché NON sono state seriamente studiate soluzioni alternative alla campata unica, l’unica soluzione che, dagli anni ’80, è stata studiata, verificata, ottimizzata e poi approvata in tutte le istanze (da gruppi di esperti anche internazionali) fino al progetto definitivo del 2009/10 è la soluzione a campata unica.

E non si tratta di un parere di poco conto perché è stato formulato da un gruppo di 16 esperti, dirigenti del ministero delle Infrastrutture, gli ad dell’epoca di Rete ferroviaria Italiana, Italferr e Anas Gentile, Isi e Simonini), il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta e una pattuglia di docenti di ingegneria, idraulica, geotecnica e trasporti.

L’autorevolezza manageriale di tali personalità non è messa in dubbio, ma si scontra però con un’evidente mancanza di competenza specifica nell’ingegneria strutturale e costruzione di ponti, dell’ingegneria sismica e del vento, della modellazione strutturale computazionale, nelle costruzioni ed infrastrutture civili in acciaio e della sicurezza stradale. Baroni non si perita di verificarle e di confrontarle con le competenze del Comitato Scientifico 2009/11 che invece aveva approvato il progetto definitivo a Maggio 2011, né con quella di tutti gli esperti, anche internazionali, coinvolti nel progetto

Il sistema col ponte a più campate, «ipotizzabile, ad esempio, a tre campate con due pile in mare», invece veniva definita «una soluzione tecnicamente fattibile, anche grazie agli avanzamenti delle tecnologie di indagine e realizzazione per fondazioni di opere civili marittime a notevoli profondità». Questa mezza verità (avanzamenti delle tecnologie) nasconde però almeno altri aspetti per i quali, circa 30 anni fa, la soluzione a più campate fu scartata in modo inesorabile da autorevoli esperti internazionali (Withman, Steinmann ed altri).

Non si citano infatti studi ed esperienze che hanno evidenziato:

– L’immenso flusso di correnti marine contrapposte (da sud verso nord in profondità, da nord verso sud in superficie) dovuto principalmente alla diversa salinità delle acquee di Jonio e Tirreno, che origina un regime vorticoso che rende pressoché impossibile operare nello stretto con strutture gigantesche che andrebbero posate a 100-130m di profondità; le sole prove geologiche hanno avuto gravissimi ritardi proprio per le difficoltà di operabilità nelle acque dello stretto.
– Un enorme impatto/disastro ambientale nella preparazione del fondo marino per impostare i due piloni (preparazione di due aree delle dimensioni di un campo di calcio a 130m di profondità!);
– La presenza di rotture co-sismiche presenti sul potenziale piano di fondazione (a -100 metri) con rigetto di 0,8-1,5 metri rilevate anche da misure effettuate dopo il terremoto del 1908.
– I gravissimi ostacoli alla già difficile navigazione nello stretto, canalizzata e regolamentata, dovuti alla costruzione delle pile in mare ed alla loro definitiva presenza, con i conseguenti pericoli di impatti e collisioni.
– le incognite sulle modificazioni al regime delle correnti legate alla presenza dei giganteschi piloni immersi ed il loro impatto sull’ambiente marino.

Conclusione: per il gruppo di esperti (della Commissione De Micheli/Giovannini, ndr) la soluzione a più campate sarebbe «potenzialmente più conveniente di quella a campata unica». Questa è in assoluto l’affermazione più grave e mistificante derivante del “robusto studio” della Commissione, ripresa ahimè in modo acritico e senza approfondimenti dal giornalista Baroni! In primis: “potenzialmente più conveniente” non è certo una valutazione scientificamente accettabile, né misurabile se non sulla base di dati, fattibilità, stime, prezzi, piani di cantiere, etc.. La gravità sta proprio nell’assoluta mancanza di documentazione a supporto, in quanto NON esistono progetti alternativi, né studi, né stime di costi, né pianificazioni di cantiere. Pertanto non la si può dare “in pasto” ai lettori come una verità assoluta, perché gravemente fuorviante nel giudizio.

«Un aspetto sfavorevole di questa soluzione – scritto nella relazione – è sicuramente il vincolo della sua ubicazione nel punto di minima distanza fra Sicilia e Calabria (circa 3 Km), che allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria…»… «La maggiore lunghezza complessiva consentirebbe poi di localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria, con conseguente minore estensione dei raccordi stradali e ferroviari a terra,…»

Il giornalista, che riprende il giudizio della Commissione come oro colato, non si rende conto che si tratta di una vera e propria eresia trasportistica, considerato che il Ponte viene realizzato per unire una grande isola (con circa cinque milioni di abitanti, senza contare il flusso turistico) al Continente e non per unire e servire solo le due aree urbane di Reggio Calabria e Messina. Peraltro “localizzare il collegamento in posizione più prossima ai centri abitati”, a fronte di una irrilevante minore estensione dei raccordi stradali e ferroviari a terra, aumenterebbe l’impatto sull’area urbanizzata e le problematiche di esproprio.

Caro Direttore Giannini, la conosciamo come persona competente e di grande autorevolezza ed indipendenza di giudizio, voglia su questo tema (molto divisivo e, purtroppo, ideologizzato) ripristinare il dialogo e la dialettica del contraddittorio, invitando anche gli esperti in materia, e soprattutto coloro che hanno di persona contributo a tutti gli studi, ricerche e progetti fino al 2012, ad esprimere la propria opinione. Noi siamo fin d’ora disponibili per contribuire a fornire un’informazione obiettiva, trasparente ed efficace su questo tema specifico.

Con viva cordialità
Roma, 4.4.2023″

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