Avviare un dibattito su uno degli interventi principali e maggiormente discussi della revisione della riforma della giustizia italiana: l’estensione del regime di procedibilità a querela di figure di reato centrali. E’ il filo conduttore del convegno ‘Riforma Cartabia, obiettivi del Pnrr e sicurezza. Tra obbligatorietà dell’azione penale e deflazione processuale, che si è tenuto questa mattina nella Sala Zuccari del Senato su iniziativa di Formiche.net. Un’occasione per stimolare una riflessione tra esperti e stakeholder politico-istituzionali tale da poter rappresentare una sintesi tra i tanti interessi in gioco: da una parte il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr per l’ottenimento dei fondi europei, dall’altra l’aumento della percezione di pericolo da parte dei cittadini.
“La riforma Cartabia- dice Ciro Maschio (Fdi), presidente della commissione Giustizia della Camera– è stata varata secondo l’agenda dell’Unione Europea e del Pnrr, con l’obiettivo di ridurre l’arretrato e velocizzare i processi. Il governo e la maggioranza parlamentare stanno lavorando per delle proposte correttive volte a migliorare lacune e contraddizioni, sia in materia civile che penale”.
Per Gian Luigi Gatta, professore ordinario di Diritto penale dell’università degli Studi di Milano, “il Pnrr offre al Paese una straordinaria occasione per migliorare la qualità e l’efficienza della giustizia. Si tratta di un servizio pubblico che non può essere riformato a costo zero. Grazie ai finanziamenti del Pnrr abbiamo l’occasione di investire sulla giustizia, a partire dalle infrastrutture informatiche e telematiche necessarie per ridurre i tempi dei processi. Proprio la lentezza dei processi rappresenta il principale problema del nostro sistema-giustizia. Nell’area del Consiglio d’Europa, l’Italia ha la maglia nera quanto a durata dei procedimenti. È proprio per questo che la Commissione Europea ci chiede di intervenire con riforme strutturali”.
Bartolomeo Romano, professore ordinario di Diritto penale dell’Università di Palermo e responsabile Giustizia della Fondazione Luigi Einaudi: “La riforma Cartabia, anche in ragione dell’urgenza e della complessità dell’intervento, presenta alcune criticità. In particolare, l’estensione del regime di procedibilità a querela realizzato dal d.lgs. n. 150/2022 da un lato probabilmente estende troppo i casi di procedibilità a querela e dall’altro non disciplina coerentemente cosa avvenga in caso di arresto in flagranza, rischiando di aprire vuoti di tutela per le vittime. Sul punto, interviene opportunamente il disegno di legge A.C. n. 831, recante ‘Norme in materia di procedibilità d’ufficio e di arresto in flagranza’, già approvato dalla Camera il 14 marzo 2023 e attualmente all’esame del Senato”.
Secondo Ida Teresi, sostituto procuratore del Tribunale di Napoli, “il complessivo disegno posto a fondamento della riforma Cartabia in materia penale, tenuto conto delle sfide imposte dagli obiettivi del Pnrr e delle esigenze proprie della giurisdizione, contiene aspetti positivi sotto il profilo della sollecitazione verso una definizione dei procedimenti entro tempi più celeri, ma si scontra con la realtà di risorse umane e materiali deficitarie. Introduce, inoltre, alcune disposizioni, sia di diritto sostanziale che processuale, non del tutto prive di criticità e aporie ‘sistemiche’. L’implementazione del processo penale telematico e le procedure di digitalizzazione, ad esempio, sono destinate a restare in parte sulla carta o a produrre inefficienze e stalli operativi, in presenza di una attuale struttura informatica inadeguata, e delle carenze di personale amministrativo e tecnico. Inoltre, l’ulteriore spinta impressa alla ‘procedimentalizzazione’ delle indagini preliminari ha introdotto numerosi nuovi adempimenti che rischiano di comprimere l’attività investigativa. Questi sono solo alcuni dei tantissimi temi critici. Non ci si vuole certamente sottrarre alle sfide della modernità, in un’ottica di efficienza. Tuttavia, occorre ricordare che la collettività merita, in uno Stato democratico, adeguata e seria tutela giudiziaria”.
Secondo Manfredi Landi di Chiavenna, avvocato dello studio legale Daria Pesce, “il Pnrr, la riforma della giustizia e la percezione di sicurezza dei cittadini sono legati da un filo conduttore: se l’Italia sarà in grado di allocare accortamente i fondi europei stanziati per il raggiungimento degli obiettivi richiesti, in particolare l’efficientamento del processo penale, allora la Riforma della Giustizia potrà avere concretamente effetto e, conseguentemente, determinare una rinnovata fiducia dei cittadini nella imprescindibile repressione dei crimini quotidianamente perpetrati”.
Guido Carlo Alleva, fondatiore dello studio legale Alleva & Associati, ha osservato: “ogni riforma della giustizia, e nello specifico della giustizia penale, solleva critiche e contrapposizioni, non solo tecniche ma anche ideologiche. Ciò è inevitabile poiché la Giustizia Penale ha immediatamente a che fare con la morale e con l’etica. La riforma Cartabia si inquadra in un contesto storico-sociale-economico in cui l’Italia è stata chiamata ad affrontare riforme strutturali importanti, tra le quali quella dell’efficientamento del sistema giustizia, mediante un radicale decongestionamento dei carichi processuali”.
Per Andrea Cangini, segretario generale della Fondazione Luigi Einaudi, “se i numeri fossero attendibili e se l’uomo fosse un animale razionale staremmo tutto sommato tranquilli. L’ultimo rapporto Censis, infatti, ci dice che negli ultimi dieci anni reati come rapine, omicidi e furti sono calati di oltre il 40%. Ma i dati non sono attendibili, sempre meno cittadini denunciano i reati subiti, e la percezione del pericolo è egualmente diffusa. La soluzione passa attraverso il controllo capillare del territorio e politiche dell’integrazione degne di questo nome”.
Secondo Giorgio Altieri, avvocato e partner dello studio legale Tonucci & Partners, “la riforma Cartabia ha avuto certamente tra i suoi obiettivi quello di ridurre il sovraccarico giudiziario e ricondurre l’intervento penale a extrema ratio, anche se non tutti gli interventi sembrano risolversi in questa direzione. Alcuni fatti di cronaca hanno fatto emergere fin da subito delle problematiche, ad esempio, il mancato arresto in flagranza per i furti per l’impossibilità immediata di querela da parte della persona offesa. Su questa criticità si sta intervenendo con un nuovo disegno di legge, che tuttavia anch’esso apre il dibattito laddove consente per 48 ore l’arresto in mancanza di querela. Se è senz’altro opportuno ricondurre l’intervento penale ad extrema ratio, è anche vero che occorre, da un lato, non forzare oltre modo i principi cardine del sistema penale e, dall’altro, vanno probabilmente meglio verificati i correttivi”.