L’ormai famigerata scena in cui Matteo Salvini citofonava ad una famiglia tunisina chiedendo se spacciassero, è diventata virale. Ora, si scopre che l’attuale vicepremier aveva ragione. Si è concluso con 21 condanne (la più alta a 14 anni e sette mesi di reclusione, la più bassa a tre mesi e 10 giorni di carcere) il processo di primo grado all’organizzazione che gestiva lo spaccio di droga in zona Pilastro, a Bologna.
Tra gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato ci sono anche i membri della famiglia di origine tunisina a cui Salvini citofonò tre anni fa. Era accaduto nel corso della campagna elettorale per le regionali del 2020 in Emilia-Romagna. Il gesto del leader della Lega aveva suscitato non poche polemiche. Ora, con la sentenza, si è arrivati alla verità.
Di quella famiglia individuata da Salvini, il marito è stato condannato a due anni e sei mesi, la moglie a un anno. Condanne anche per i figli. Al più grande dei due sono stati comminati quattro anni e sei mesi; per il più piccolo, minorenne all’epoca dei fatti, “si procede separatamente“. Condannata per spaccio anche una parente, che dovrà scontare tre mesi e dieci giorni.